CAPITOLO III - CONSIGLI DI GUERRA

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– Miei generali e fidati consiglieri – esordì il Sultano, puntando il suo frustino di cuoio intrecciato su una gigantesca mappa, appesa ad una parete del padiglione reale. Quest'ultima riportava perfettamente e in ogni minimo dettaglio la città di Costantinopoli e soprattutto quelle mura che erano finora costate tanto sangue turco – Questo è il nostro obbiettivo. Siamo qui da oltre un mese, con una totale superiorità di mezzi, di uomini e di vettovagliamenti. La nostra artiglieria ha quotidianamente bombardato le mura, seminando morte e distruzione. Le nostre navi dominano il mare e bloccano la città. Nonostante tutto ciò sulle mura sventola ancora la bandiera dell'Imperatore Romano, e questo è intollerabile. Secondo le nostre previsioni la città sarebbe caduta al primo assalto, mentre ora, alla vigilia dell'estate, ci troviamo ancora qua, mentre si stanno verificando i primi casi di malattia, che potrebbero trasformarsi con il caldo estivo in una terrificante epidemia. Dobbiamo attaccare per salvare l'onore e per portare maggior gloria ad Allah! –

– Maestà – intervenne un generale basso e tarchiato, comandante dei reggimenti di fanteria anatolici dopo che Ishāq Paşa aveva perso la vita nel precedente attacco – Le truppe sono stanche e hanno bisogno di un minimo di riposo, almeno per riorganizzare le compagnie e i reggimenti che sono stati decimati durante l'ultimo assalto –

– Lo avranno, Mahamut Paşa, lo avranno. Ho fissato la data dell'attacco generale per il sei giugno, all'alba, in modo che i nemici vedano la morte in faccia –

– Volete attaccare all'alba? Ma avremo la luce del sole in faccia ed in più saremo più visibili e rischieremo di subire un immensità di perdite – obiettò un capitano dei bashi-bazouk, un transilvano sulla trentina. Questi era stato catturato dai turchi dieci anni prima a Varna, ma da schiavo era riuscito ad ottenere la libertà, si era convertito all'Islam e aveva creato una compagnia di rinnegati cristiani come lui, che molto spesso erano più feroci dei turchi verso i loro vecchi compatrioti.

– Certo! All'alba! In modo che tutti vedano la caduta della più famosa città cristiana e che inizino a capire quale sarà il loro destino, se non s'inchineranno sotto l'ombra protettrice del Profeta. Voglio che tutti siano pronti. Il sei giugno del ottocento e trentunesimo anno dall'Hijra. Questo sarà l'anno della rinascita della potenza delle armate dell'Islam! –

Un coro di urla di guerra e di gioia riecheggiò nella tenda, mentre quasi due dozzine di spade venivano sguainate insieme a quella del Sultano, Mehmet II, il terrore dei cristiani e il difensore della Vera Fede.

I preparativi per l'assalto finale iniziarono il 4 giugno. Dall'alto delle mura ormai in pezzi, annerite dal fuoco e flagellate dal tiro dei cannoni, i difensori guardarono impotenti e con apprensione crescente i turchi che preparavano centinaia di scale e rampini.

I genieri, sterminati durante i tentativi di minare le mura, poterono costruire solo due grandi torri d'assedio, dall'aspetto tutt'altro che robusto. Erano state infatti realizzate troppo velocemente, con pezzi presi da altre torri danneggiate o da navi da trasporto inutilizzate. No, il pericolo non sarebbe arrivato da lì. Tutto quel lavoro era fatto solo per creare dei diversivi mentre l'attacco principale, come quasi tutti i precedenti, si sarebbe certamente basato sui massicci assalti alle brecce che sarebbero state aperte dalle duecento bombarde che il sultano si era fatto costruire da ingegneri europei.

Il cannone più potente era chiamato il Mostro di Urban, dal nome dell'artigliere ungherese che lo aveva progettato. Era la più avanzata e terrificante creazione bellica che ci fosse il mondo civilizzato aveva mai visto: lungo nove metri, completamente in bronzo e rinforzato da ampie fasce di ferro, aveva uno spessore di venti centimetri e una bocca da fuoco da settantacinque, in grado di lanciare proiettili del peso di sei quintali a una distanza di oltre millecinquecento metri. Per trasportarlo fino alla città c'era voluto il lavoro di duecento uomini e trenta paia di buoi, il tutto sorvegliato da centinaia di soldati.

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