La casa si chinò sulle sue enormi zampe di gallina, fino a quando la porta d'ingresso non ebbe raggiunto il livello del suolo. Un vento gelido sferzava il bizzarro edificio, tentando di aprirsi un varco attraverso le vecchie assi che lo costituivano, ululando e gemendo.
La porta si aprì con un tonfo. Yadviga, l'ultima Baba Yaga di Kholod, una donna ormai anziana, piegata dal tempo e dalla fatica, trascinò il cadavere attraverso l'ingresso della capanna, lasciando una scia di sangue dietro di sé sul pavimento di legno scheggiato.
« Jasha! », chiamò. La voce gracchiante della donna venne amplificata e raggiunse il suo servitore, seduto in un angolo della soffitta. Si trattava di un ragazzino giovane, esile, dal viso smunto e pallido, i capelli rossi e sporchi. Quando udì la sua padrona chiamarlo a gran voce, Jasha scattò in piedi e scese le scale che dalla soffitta conducevano all'ingresso. Si bloccò prima di superare l'ultimo gradino, osservando con occhi sgranati la scena che gli si parò davanti. « È...? »
« Morto ». Yadviga diede un calcio al corpo esanime riverso ai suoi piedi: si trattava di un uomo molto magro, vestito di stracci sporchi che emanavano odore di alcool, sudore e sangue. « Cosa stai aspettando, che marcisca sul mio pavimento? Dammi una mano! », intimò Yadviga al servitore. Gli fece cenno di tirar su il cadavere per i piedi, mentre lei lo afferrava per le braccia. Jasha fece ciò che gli era stato ordinato, serrando le labbra per trattenere i conati di vomito. Lui e Yadviga poggiarono il corpo sul grande tavolaccio di legno che dominava la sala principale della casa.
« Chi è quest'uomo, Baba Yaga? », chiese Jasha. La sua voce era un flebile sussurro. Nonostante fosse ricoperto di abiti e pellicce pesanti, tremava: quella appena trascorsa era stata forse la giornata più fredda dell'anno.
« Non fare domande, tu, ché chiedere troppo non porta a niente di buono ». La Baba Yaga sputò sul pavimento. « Chi chiede troppo invecchia prima ».
Jasha abbassò lo sguardo. « Lo so. Scusatemi, Baba Yaga ».
« Non mi servono le tue scuse! » Yadviga strappò gli abiti dell'uomo che aveva adagiato sul tavolo, rivelandone il torace scarno e cereo. Le ossa in rilievo spingevano contro la pelle. « Mi serve il coltellaccio di ossidiana. Portamelo! »
Jasha impallidì. Corse nella piccola cucina laterale, sulla cui parete facevano mostra di sé armi di dimensioni e fogge differenti, per lo più pugnali, coltelli e altre armi da taglio. Jasha afferrò un rozzo coltellaccio nero e lucido. Nonostante la sua lama fosse rovinata, il ragazzo fece molta attenzione a non sfiorarla neppure. Consegnò l'oggetto alla vecchia donna, che senza alcuna esitazione lo conficcò nel petto del cadavere. Nell'aria si diffuse il rumore umido della carne che veniva lacerata, lì dove il coltellaccio affondava con violenza. Jasha arretrò, serrando la mascella. Non si sarebbe mai abituato a spettacoli simili.
« So che cosa pensi, Jasha », disse la Baba Yaga senza guardarlo. Teneva gli occhi fissi sulla salma, mentre le sue mani ne tastavano ed esploravano le viscere.
« Non penso a nulla, Baba Yaga », mentì il ragazzo. Gli tremava la voce, come tutto il resto.
Yadviga lo guardò di sottecchi. « Gli spiriti mi hanno parlato, stanotte », gracchiò, continuando a trafficare con le interiora, le mani ormai viscide di umori miasmatici. Jasha si morse l'interno della guancia; non voleva lasciarsi sfuggire il gemito di disgusto che premeva per lasciare le sue labbra.
« È da tre notti che non mi lasciano riposare », riprese la donna. « Tre volte il Cavaliere Nero, la mia notte oscura, ha attraversato i boschi di Kholod. Tre volte le voci dell'oblio mi hanno sibilato all'orecchio. Nefaste sono le parole che sussurrano. Mi parlano di morte, Jasha, e di destini avversi ». La Baba Yaga abbandonò il cadavere sul tavolaccio di legno. Lo sguardo di Jasha indugiò per un istante sullo squarcio sanguinolento che gli si apriva sul torace, offrendo alla vista le sue ossa e gli organi interni. « È per questo che lo avete ucciso? »
Yadviga annuì, greve. « Le voci degli spiriti sono sibili nella notte. Vaghe, confuse, raggiungono il mio orecchio e non vanno oltre ». Yadviga volse lo sguardo alla finestra. « Va' a prendermi un catino con dell'acqua, muoviti », ordinò. « Il Cavaliere Nero è sulla via del ritorno, ormai. E non è solo ».
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L'ultima Baba Yaga
FantasyPrima classificata al Concorso Fantasy indetto da AShootingStarISee. Yadviga è una donna anziana, piegata dalla stanchezza e dal tempo. Abita nel bosco, nella sua bizzarra capanna di legno, circondata da un'alta palizzata perlacea. Ma Yadviga non è...