Capitolo 3

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Finalmente mi sono deciso ad andarmene a casa, vedo delle nuvole grigie che quasi incutono timore: andrà a piovere da un momento all'altro e non ho la minima intenzione di bagnarmi e ammalarmi per l'ennesima volta. Quindi raccolgo l'umore, che ho calpestato già fin troppo, da sotto le scarpe e alzo il culo dalla panchina su cui sono stato seduto circa per un'ora. Inizio a pensare che Dio non me la stia mandando troppo buona in queste ore, ma non so il perché; forse ho scelto di uscire proprio nel giorno in cui lui è particolarmente incazzato con alcuni elementi, ovvero coloro che ogni giorno ce l'hanno pressantemente e costantemente con l'intera umanità...io sono uno di quelli e ora qualcuno lassù mi sta punendo come si deve. Non voglio altre sviste, controllo di avere entrambe le scarpe allacciate per evitare di cadere e inciampare e proprio sul più bello, mi accorgo di aver messo il piede sinistro proprio su una merda di cane. Ora, vorrei credere alle dicerie sulla merda, che porti bene nel momento in cui la pesti e quant'altro, ma per ora non sono proprio dell'umore giusto, quindi stringo i pugni ed inizio ad imprecare nella mia mente cercando di non farmi prendere dal panico. Ne ho davvero abbastanza e non vedo l'ora che questa giornata si concluda.

Sono sul treno, seduto in solitudine accanto al finestrino e quasi non riesco a credere di aver fatto la prima cosa giusta di tutta la mattinata; non l'ho perso di nuovo. Mi scappa un sorriso che reprimo subito dopo aver capito che forse sono fin troppo ridicolo.
Partiamo e provo di nuovo ad indossare gli auricolari; ascolto una canzone, ne ascolto due e mi si rivolta completamente lo stomaco come se dovessi vomitare da un momento all'altro. Porto una mano davanti alla bocca e tossisco senza fare troppo rumore, poi scorro il dito sullo schermo e scarto una ventina di canzoni prima di trovare quella che penso faccia per me, ma è davvero solamente un pensiero.
Penso che non riesco più a perdermi. Cioè, riesco a perdermi nella mia città, in quello sono davvero un campione, ma non riesco più a perdermi nella musica.

La pelle d'oca, le lacrime agli occhi,
l'adrenalina che cresce in me
mentre il cuore prende a battere
a ritmo della canzone che sto ascoltando.

Questo è l'esatto contrario di quello che provo in questo momento. È strano, c'è tanta indifferenza tra di noi. Mi sembra di essere chiuso in una stanza munita di un maxi stereo, con il volume a palla, ma ho i tappi nelle orecchie che non mi permettono di avere un reale contatto con lei. L'ho baciata a lungo, con passione, ma ora le ho voltato le spalle senza alcun riguardo e lei continua a sfiorare la mia schiena per chiedermi una spiegazione, per domandarmi se un giorno tornerò a darle retta. Lei non ha fretta, rimane lì e mi aspetta. Mi dice che per me ci sarà sempre, nei momenti tristi o allegri, ma sto smettendo di crederle e questo fa male, non a lei, a me.
Sono giunto ad una conclusione tutt'altro che affrettata: io la odio.
Odio la musica e odio la parte della mia vita che comprende tutte le delusioni, ma soprattutto le persone da cui sono stato deluso.

Ad un tratto il treno si ferma e qualcuno annuncia agli altoparlanti che il mezzo ha subito un guasto. Sto per mettermi ad urlare, così apro il finestrino per prendere un po' d'aria e lo chiudo immediatamente perché ha iniziato a diluviare. Come se non bastasse, davanti a me si è seduta una giovane coppietta di fidanzatini e mi ribolle il sangue come non mai. Li vedo baciarsi, la ragazza dice cose carine a lui e lui ricambia con sorrisi forzati; forse anche il ragazzo è stanco di ricevere tutte quelle attenzioni opprimenti. Li odio e decido di cambiare posto perché non sopporto l'idea di essere nuovamente solo come un cane. Poi penso a lei e rabbrividisco se solo provo ad immaginarmi di nuovo le sue dita sfiorare il mio braccio; so che la amo e dovrei provare a fare qualcosa per riconquistarla, ma so anche che sono un totale fallimento in questo campo: quindi decido di essere indifferente.

Sono trascorse due lunghissime e stancanti ore che ho passato principalmente a guardare fuori dal finestrino e ad immaginare una vita tutte rose e fiori in cui sono un uomo perfetto, un ragazzo impeccabile in amore e magari anche un genio in musica. Ripeto, questo è quello che immagino.
Il treno riparte ed io appoggio la testa sullo schienale chiudendo gli occhi e tentando di rilassarmi un poco, ma è al quanto difficile riposare quando nel posto accanto a te ci sono due piccoli bambini che urlano e piangono, litiganto per qualche sciocchezza. Sono tentato di ascoltare la musica, ma sono certo che non riuscirei a tenere le cuffiette nelle orecchie per più di cinque minuti. Quindi aspetto e aspetto.

[...]

Sono arrivato finalmente a casa e ormai si sono fatte le quattro del pomeriggio; ancora piove a secchiate ed ho quasi paura di uscire dalla macchina che intrappola così bene il rumore da renderlo minimamente piacevole. Prendo un respiro profondo, sono pronto ad affrontare questo tempaccio, quindi apro lo sportello dell'auto ed esco raggiungendo in fretta e furia il portone. Quando infilo la mano nella tasca, il battito del mio cuore accelera insieme alla frequenza del mio respiro. Non riesco a crederci: ho perso le chiavi di casa, devono essermi cadute mentre ero al parco. Provo a bussare e a suonare il campanello svariate volte, ma mi ricordo solamente ora che Giulio è fuori per lavoro e non ho la minima idea di quando tornerà. Faccio il punto della situazione: ho perso le chiavi di casa, dovremo cambiare le serrature per sicurezza; sono fradicio e sicuramente mi prenderò l'influenza, se sarò fortunato; sono stato mollato dalla mia ragazza e mi rimane ancora circa tutto il pomeriggio e tutta la serata prima che questa giornataccia finisca per davvero. E in più, nemmeno la merda di cane mi ha portato fortuna...nemmeno questa volta.

Sono seduto davanti al portone mentre la pioggia continua a picchiare con insistenza sulla mia testa; ormai mi ci sono abituato ed è come se fossi diventato parte di lei e non mi desse più molto fastidio. Ogni tanto alzo la testa per controllare l'orologio e ora che mi sono deciso a tirare fuori il telefono dalla tasca, noto che ha la batteria scarica; ecco che succede a non caricarlo di notte.
Sento un rumore, il mio rumore preferito, il rumore che aspettavo da ore, prima che si facessero le otto della sera: è tornato Giulio. Dopo aver messo apposto la macchina mi viene incontro e mi squadra dalla testa ai piedi con uno sguardo perso e confuso. Storpio un piccolo sorriso che sta a dire che non voglio che mi faccia domande su questo, gli avrei raccontato tutto dopo.

《Vorresti dirmi che sei stato quattro ore sotto la pioggia perché hai perso le chiavi di casa?》
Mi chiede dalla camera da letto, mentre in bagno tento di asciugarmi per non prendere ulteriore freddo. Asciugo anche i capelli, poi lo raggiungo e prendo dalla cassettiera un paio di boxer che mi infilo al volo. C'è silenzio, lui si aspetta una risposta, ma tutto quello che riesco a fare è sospirare e tentare di mettere a posto quegli stupidi e orribili capelli. Mi tira qualcosa sulla schiena, è il mio peluche di Stitch; sa che ci tengo molto e non voglio che lui lo tocchi, così lo raccolgo molto premurosamente e lo appoggio delicatamente sulla scrivania.
《Giulio, voglio morire》.
E forse non sono del tutto serio, ma nel dirlo riesco a stento a trattenere un piccolo singhiozzo. Lui mi si avvicina e si alza leggermente sulle punte per poter avvolgere le mie spalle scoperte con un braccio; mi pizzica una guancia e mi guarda attraverso lo specchio con un sorriso dolce, ma furbo. Si sporge di poco per raggiungere il mio orecchio ed inizia a sussurrare, facendomi rabbrividire.
《So di cos'hai bisogno, Michele》.

I Hate MusicWhere stories live. Discover now