Capitolo 4

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Lo guardo di nuovo, ma questa volta in modo accigliato perché non riesco bene a capire quello che ha in mente. Conoscendolo, non sarà nulla di innocuo.
Mi sento tirare per un polso, così lo seguo ed usciamo insieme dalla mia stanza per entrare nella sua; mi sbatte di peso sul suo letto e in quel momento i miei dubbi crescono invece che alleviarsi. Si avvicina all'armadio e spalanca le ante, poi inizia a cercare qualcosa in fretta e furia e quando trova i vestiti adatti, me li lancia in pieno petto e sussulto per il dolore provocato dalla gruccia in ferro.
《Vestiti, ora usciamo》.
Quando Giulio pronuncia quelle parole, non vuole dire "usciamo a prenderci un amichevole caffè" o "Andiamo al cinema a spaccarci di Coca Cola e pop corn", quindi so che ha in mente qualcos'altro, di meglio o peggio, dipende dai punti di vista.

Mi sono messo i suoi vestiti e devo dire che mi cadono a pennello, ma quando mi guardo allo specchio quasi mi metto a ridere per ciò che vedo. Un metro e novanta di ragazzo che veste come il proprio coinquilino, ma che al suo contrario sembra un pagliaccio. Però sono figo, devo ammetterlo. Mi ha fatto indossare uno dei suoi maglioni neri che mi viene decisamente attilato e mette in risalto i miei pettorali, o almeno, quella parte del corpo che dovrebbe essere definita così, ma nel mio caso vedo solamente una sterminata distesa di morbidezza e ciccia. Però mi sta bene, mi rende più magro. Gli skinny jeans mi stringono sul davanti, ma mi guardo il culo dallo specchio e mi dico "wow, ragazzo, gran bel culo!", quindi Giulio ha fatto la scelta giusta.
Mi si avvicina con uno sguardo un po' perplesso ed io lo guardo per cercare di leggere i suoi pensieri e capire cos'abbia di nuovo in mente, ma non lascia trasparire nulla fino a quando non mette le mani tra i miei capelli e li pettina in modo che il ciuffo nero mi cada proprio davanti ad una parte della faccia. Fa un sorriso e prende uno dei suoi cappelli; me lo infila con la visiera di dietro e si mordicchia il labbro soddisfatto del suo capolavoro.
Dice che sono pronto, mi presta un paio di scarpe, le più belle che ha e mi dà il permesso di mettere la sua giacca di pelle perché è convinto che con questa farò conquiste. Conquiste? No, Giulio non ha affatto capito. Sono terribilmente stanco di tentare ogni volta di apparire bello agli occhi delle altre; sono stanco di voler attirare a me le persone giuste, perché sono consapevole di non riuscirci mai. Mi sento come l'insetto della società, quello che tutti vogliono schiacciare e mi passa la voglia di essere anche motivato. Poi mi do un'altra veloce occhiata allo specchio e vedo una persona che non sono io.
Non sono io, questo è un travestimento e credo di sentirmi più sicuro in quei panni. Forse è così che Giulio si sente ogni giorno, sicuro di sé e soprattutto bello, incantevole. Non sarò mai come lui, ma questa sera...questa sera ci voglio provare. Non è detto che ci riuscirò, magari mi stancherò dopo pochissimo tempo, ma almeno voglio provarci.

Ci troviamo davanti ad una grande casa e Giulio si dirige verso la porta per suonare il campanello, mi guarda, mi sorride ed allunga un braccio verso di me per accarezzarmi la nuca. Forse ha capito che sono nervoso e soprattutto che sto morendo dall'ansia di sapere cosa mi aspetta questa sera.
《Stasera facciamo ciò che faccio io quasi ogni sera per divertirmi》.
Mi dice e capisco che intende, ma spero vivamente di sbagliarmi.
Poco dopo la porta si spalanca ed esce un ragazzo biondo che senza badare troppo alla mia presenza, sorride con dolcezza a Giulio che senza perdere tempo ci presenta. Allungo una mano e stringo la sua come se fossi davvero contento di conoscerlo, poi ci lascia entrare e subito rimango meravigliato dalla sua immensa abitazione, moderna ma con un tocco di antico che rende tutto più delizioso. Ci porta verso il salotto da cui si sentono già delle voci e quando arriviamo davanti a tre ragazze sedute comodamente e in modo composto sul divano, non posso che sentire un forte peso sul petto. Sono tre: le conto più e più volte per essere sicuro di non essermi sbagliato, di non aver frainteso, ma poi tutto si collega. Noi siamo tre e loro anche.
"Perfetto" penso tra me. Questa me la pagherà, sa che non amo questo tipo di serate. Ma ormai ci sono dentro; mi hanno proposto di giocare ed io giochero, anche se so che me ne pentirò.

[...]

Ormai sto iniziando a sentirmi più a mio agio e tento di rilassarmi, di lasciarmi andare e non pensare a nulla se non a ciò che stiamo facendo. Ho fatto conoscenza delle tre ragazze; sono simpatiche e sono davvero tanto diverse tra di loro, sia come aspetto che come carattere. Sono bellissime e ce le siamo spartite: alla mia sinistra c'è la più bella, la ragazza dai capelli corvini di cui già ho scordato il nome e per mia fortuna sono stato io il primo ad attirare la sua attenzione, quindi è toccata a me. Ha gli occhi verdi, quasi come i miei ed una bocca bellissima a cui cerco di non essere interessato.

Giulio ha proposto un gioco, quindi siamo andati insieme in cantina ed abbiamo portato su diverse bottiglie di liquore ed alcolici per disporle al centro della nostra postazione in salotto, assieme ai bicchierini.
Non sono molto pro a questi giochi pericolosi, forse perché sopporto davvero poco l'alcool, ma ho alzato le spalle disinteressato e mi sono fatto avanti per partecipare. In fondo che sarà mai? Passerà tutto, comunque.

Siamo in cerchio,
butto giù l'ennesimo bicchiere tutto d'un fiato e sento mille voci gridare il mio nome e fare il tifo per me.
Mi gira la testa, non mollo.
Ne bevo un altro.
Sto per vomitare, ma resisto.
Sto sudando e non è il caldo, sento gli organi interni prendere fuoco mentre finisco l'ultimo bicchierino e lo scaravento per terra.
Stringo la stoffa dei pantaloni mentre rido insieme agli altri e non m'importa della vista appannata: sono indifferente.

Ci sono bottiglie ovunque e naturalmente sono tutte vuote. I bicchierini sono sparsi qua e là per il salotto e noi sei siamo sdraiati per terra; la ragazza dai capelli neri ha la testa sul mio petto e respiro lentamente. Siamo ubriachi fradici e in quella stanza c'è un silenzio terribile, se non per qualche risata che ogni tanto ci scappa dalla bocca.
Giulio si alza e prende per mano la ragazza bionda; ci saluta ed annuncia che loro si ritirano in camera, così l'altro ragazzo fa lo stesso con la rossa. Quindi sono rimasto solo, e per giunta con una ragazza che conosco da meno di due ore. In questo momento riesco a sentire solamente i nostri respiri affannati e il silenzio sta rendendo tutto più imbarazzante, come se già non lo fosse. Lei alza piano il viso per incastrare lo sguardo nel mio e mi accarezza piano la zona degli addominali da sotto il maglione. Le sorrido allegramente, ma senza emettere alcun suono.
《Che si fa?》
Mi chiede ed io, stupidamente ci sto a pensare, mentre lei infila in modo cauto la mano nei miei pantaloni facendomi irrigidire. La guardo per chiederle spiegazioni di quel gesto, ma quando l'occhio mi cade sulle sue labbra rosee e carnose, cedo completamente. Mi avvicino piano e le do qualche bacio sulla bocca che come la mia sa di alcolici, abbandonandomi poi completamente senza accorgermi che ormai la sua mano è "accidentalmente" entrata nelle mie mutande e quasi non mi dispiace.
Lei ricambia il bacio ed io divento sempre più caldo, quindi sudo ancora di più, ma non smetto di fare ciò che sto facendo. Mi sto eccitando terribilmente tanto e sono quasi tentato di staccarmi, togliere la sua mano dai miei boxer e scappare via, tornare a casa e vomitare tutto, la rabbia, la tensione, la tristezza e tutte quelle cose che in questo momento mi stanno rendendo così debole da cedere sotto il tocco di quella ragazza.
S

olo ora mi accorgo che mi sta spogliando e davvero, non volevo arrivare fino a questo punto. Mi slaccia la cerniera dei pantaloni e sta per togliermi il maglione, ma la blocco e glielo impedisco. Mi stacco da quel bacio pieno di foga e mi lecco le labbra che ormai si sono gonfiate e probabilmente sono rosse; la guardo ancora e respiro velocemente. So che devo affrettarmi a prendere una decisione, quindi ascolto quello che il cervello ha da dirmi e mi riallaccio la zip, alzandomi con velocità.
《Mi...mi dispiace》.
Borbotto con la bocca impastata da quel sapore nauseabondo ed esco di casa dopo aver recuperato la giacca.
Me ne torno a casa correndo, ubriaco e storto, ma ci torno sano e salvo e con la coscienza a posto.

I Hate MusicWhere stories live. Discover now