Mum.

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Dopo 4 ore in ospedale, tornai a casa con le stampelle.
Olivier mi aveva accompagnata con l'ambulanza perché mia madre stava seguendo un caso di spaccio a Lione, che distava circa 200 chilometri.
Non sarebbe tornata a casa stanotte, ma c'ero abituata.
Mia madre aveva sempre lavorato tanto e spesso fuori città, facendo parte della guardia di finanza.
Di solito veniva mia nonna a dormire da noi, per non farmi restare sola. Ma non sarebbe arrivata prima delle 19.00 di sera.

Rientrati in casa, Olivier mi aiutò a sedermi e a stendere la gamba.
Era così premuroso e gentile. Mi sfiorava appena, per paura di farmi male.
Ed era bellissimo.
Ad un certo punto decisi di rompere quel silenzio, che mi stava letteralmente assordando.
-"Non hai parlato per tutto il tempo.. Che succede?"- era strano, non ero mai stata così tanto vicina ad un ragazzo, ed evidentemente l'aveva notato.
Si avvicinò a me e mi disse: -"Mi fai uno strano effetto, non ti avevo mai notata, eppure sei così particolare. Parlami di te."- rispose, guardandomi negli occhi.
Mi prese un po' alla sprovvista, cosa avrei dovuto dirgli?
Non avevo amici, avevo una situazione famigliare assurda, e le uniche cose come mi facevano stare bene erano la musica e i libri.
Mi rifugiavo nelle parole degli altri, rendendole mie.
-"Non c'è molto da dire. La mia vita non ha nulla di speciale. Sono una ragazza qualunque, con sogni nel cassetto e passioni banali, che cerca di non cadere di fronte a tutto il male che le cresce accanto."- ammisi, abbassando lo sguardo.
Lui fece una risatina, e mi disse: -"Raccontami delle tue banalità."-
A quel punto, mi veniva quasi da piangere. Ammettere le mie debolezze e le mie illuse speranze era difficile. Ma mi feci forza, e provai a parlargli, essendo semplicemente me stessa. 
-"La mia vita è sempre stata un qualcosa di oscuro ai miei occhi. Non mi è mai interessato più di tanto vivere, l'avventura non fa per me. Quindi sono sempre stata immersa in quella monotonia che va bene, finché non realizzi che muori piano piano. Io me ne sono accorta quando le cose stavano effettivamente cambiando. Mio padre lasciò mia madre perché non l'amava più. In quel preciso istante capii cosa volesse dire la parola 'dolore'. La perfezione non esiste, Olivier. Quando un pezzo del puzzle non coincide più con gli altri, qualcosa si stravolge. Manca una parte, che nel suo piccolo è fondamentale. E mio padre lo era."- ripresi fiato, accorgendomi di avere gli occhi umidi. -"Si è trasferito in una nuova casa con la compagna, il suo vero amore. Io l'ho accettato, sul serio. Lei è una donna graziosa, e mi vuole bene. Andiamo d'accordo ogni tanto nonostante i suoi particolari gusti nel vestire e quel profumo troppo dolce per chiunque."- rise un po', ma non parlò, così proseguii. -"Iniziarono le medie. Un grande passo. L'adolescenza, la nuova classe, lo sviluppo. Si, è stato tutto un grande trauma. Non sono mai stata una ragazza socievole. Vivevo nella mia bolla, isolandomi da tutto e da tutti. Un giorno mia madre tornò a casa con un il libro 'Il Piccolo Principe'. Lo amai, lo amai immensamente. Da quel giorno la mia vita era fatta di quello: pagine e pagine riempite da perfetti sconosciuti che sapevano capirmi e farmi vivere nuove avventure. 'Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua.' Adoro questa frase. Fa pensare molto. Olivier, troverò mai la mia stella? Il mio vero posto nel mondo?"- lo guardai. Lui esitò, ma poi mi rispose: -"A volte siamo noi a doverci mettere in gioco, e rischiare. Perché hai così tanta paura delle persone?"-
Non capii cosa intendesse fino a quando non mi fermai a pensare. Avevo paura?
Cosa significava paura?

***

Olivier era tornato a casa, e la nonna arrivò.
Aveva preparato il pasticcio.
Dio, quanto amavo quella donna.
Mangiammo due porzioni a testa, e a tavola le raccontai della mia giornata. Mi guardava e rideva, con quell'amore che solo le nonne sanno dare.
Ci sedemmo sul divano a guardare un film, e poi mi accompagnò in camera.
Mi addormentai subito.

La mattina dopo andai in bagno, mi lavai i denti, mi vestii e feci colazione.
Quel giorno indossai una maglietta  della Vans nera, con il logo bianco, dei leggins neri, per stare comoda e le mie all star bianche.
La caviglia mi faceva piuttosto male, ma ancora un mese e avrei tolto il gesso.
Mia nonna mi accompagnò a scuola, e appena scesa dalla macchina, mi raggiunse Olivier, che gentilmente mi prese la cartella e mi aiutò.
Ci stavano fissando tutti, ma lui fece finta di nulla.
-"Allora, come va la caviglia?"- mi domandò.
-"Dolorante, ma nulla di che."-
Mi restò accanto tutto il giorno, come un vero amico.
Avevo trovato un motivo per sorridere, per davvero.

***

Erano passate due settimane dall'incidente. Non ne potevo più.
Non potersi muovere era snervante.
Avevo la nausea di ascoltare musica, leggere libri e guardare la televisione.
Volevo uscire, correre, magari anche andare in piscina a farmi un tuffo.
Potendo solo fantasticare sulla mia libertà, andai in giardino sulla sdraio, col mio album da disegno, e lasciai libero sfogo alla mia mano, che andò per conto suo.
Avevo un bel giardinetto, pieno di alberi in fiore, di api che si posavano su di essi per assaporarne il nettare, l'erba verde, di un verde accesso, e il mio gatto Pepe che si divertiva ad arrampicarsi ovunque, facendo l'agguato agli uccellini cinguettanti.
Amavo la primavera, era la stagione in cui tutto rinasceva e aveva la possibilità di essere ogni volta migliore dell'anno precedente. Ma nonostante questo, l'inverno restava il periodo più bello ai miei occhi. Tutto si fermava, e rimaneva lì, candido come la neve e immobile come il freddo ghiacciato, che faceva tacere tutto. L'inverno portava vecchie tradizioni, come la prima cioccolata calda coi biscotti speziati alla cannella, l'albero di Natale, i maglioncini caldi, rossi e verdi, i calzettoni, e il caminetto.
Quel caminetto che aveva costruito mio padre appena ci trasferimmo lì.

Il passato è l'arma più letale che abbatte anche i più forti d'animo.

Erano le quattro del pomeriggio, il sole era ancora caldo, l'estate si faceva sempre più vicina.
Ragionavo su quello che mi disse Olivier quella sera, a casa mia.
Di cosa avevo realmente paura? Cosa mi bloccava?
Divagando tra i miei mille pensieri, mi venne un'idea: era folle, era rischioso, e avrei comunque dovuto aspettare di guarire totalmente, ma dovevo farlo.
Volevo scappare di casa.
Volevo fare esperienze, volevo fare ciò che per tutti questi anni mi sono privata di fare, volevo vivere un'avventura.
Avrei usato quelle ultime due settimane di guarigione per progettare tutto.
Ero così entusiasta e felice.
Ma.. Olivier?
Olivier..
Cosa gli avrei detto? Sarei scomparsa così, nel nulla?
Probabilmente non gli sarebbe importato, ma ci tenevo a pensare il contrario.
E se anche lui prendesse parte a questo nuovo orizzonte, per un tramonto insieme?

Lo chiamai al cellulare.
"Segreteria telefonica, il numero chiamato potrebbe essere occupato o non ragg.."

Avevo bisogno di chiamarlo e parlargliene.
Ne sentivo la necessità.
Il cuore mi batteva forte, ma onestamente non sapevo quale fosse il reale motivo.
Una nuova avventura o Olivier?
E se avessi provato qualcosa per quel ragazzo?
Ero capace di amare?
Cosa significava realmente amore?
Qualcosa dentro di me stava accadendo, come una reazione chimica.
Smisi di pensare.

Nel frattempo era arrivata ora di cena. Mia madre non c'era nemmeno quella sera, ma sarebbe tornata durante la notte.
Mia nonna era a casa per una forte allergia, così mi arrangiai.
Cucinai una piadina, e la misi su un piatto con i fiorellini, che adoravo tanto.
Accesi la televisione, ed in quell'istante iniziò il telegiornale.
Decisi di guardarlo, giusto per capire cosa stesse accadendo nel mondo attorno a me.
"Donna della guardia di finanza picchiata da un gruppo di ragazzi durante uno spaccio. Ricoverata ad Arles in gravi condizioni.

Nuova legge sulla scuola.."

Dopo aver sentito la prima notizia, rimasi paralizzata. Non poteva essere vero. Mia madre era ad Arles per quel caso.
Sentii il respiro mancare, e il cuore battere forte, senza controllo.
La testa stava per esplodere ed io non sapevo che fare.
Mia madre sarebbe potuta morire, ed io stavo smettendo di vivere.







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Ciao a tutte/i!!
Come state? Io molto bene.
Volevo ringraziare tutte/i coloro che mi hanno sostenuta e hanno avuto la pazienza di iniziare la mia storia. Significa molto per me.
Scusate se questi capitoli saranno un po' noiosi, ma sono di passaggio!
La vera storia inizierà fra qualche capitolo, non disperate!
Beh, che dire, io ci sto provando.
Spero che vi piaccia, e che non sia troppo scontata.
Proverò a fare capitoli più lunghi, promesso.
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, e una stellina!✨
Buonanotte, con affetto, Matilde. ✨

L'unica salvezza. -SOSPESA-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora