CAPITOLO UNO

180 15 47
                                    

Non so ben dirvi come è cominciato, a che ora, a che giorno. Mi ci sono ritrovata dentro prima di accorgermi che cosa stesse succedendo.

Non ho mai preso l'aereo. Mi bastava stare all'interno di Londra, anche se amo viaggiare. Ma Londra è Londra, con i turisti che vanno e vengono, con il freddo di una città nel nord dell'Europa. Insomma, è la più bella città del mondo. Per il resto dei comuni mortali. Ma non per i miei genitori.
<<Tesoro, ci trasferiremo nella più bella città del mondo: San Francisco!>> aveva detto mia madre, seguita da una mia faccia strana: "stai scherzando, vero?" No. Non scherzava.

Così, di punto in bianco, saremo nella "più bella città del mondo". Dopo le dodici ore di aereo.

Ho scoperto di non soffrire il mal d'aereo. Non è lo stesso per la mia fastidiosa sorellina Evelyn, che per fortuna è un paio di posti lontano da me, vicino a papà, che non sembra molto felice. Continua a respirare agitata nell'inutile sacchetto per il vomito, e io sono indecisa tra il tirarle un pugno o ignorarla.

Intanto mia madre, che è difianco a me, prova a calmarmi.

La verità è che andremo in America per stare un po' più vicini a Los Angeles, dove lavora mio padre. Fa il regista, quindi passa la sua vita a creare film di successo. Ma questi sono dettagli.

Mi rigiro nel "comodo" sedile di prima classe dell'aereo, provando a dormire per le successive dodici ore. Ma non riesco a dormire, così prendo il cellulare, faccio partire la mia canzone preferita e chiudo gli occhi.

Mi viene subito in mente la mia partenza, quando ho dovuto lasciare i miei migliori amici.

Ehi, riccioli d'oro, ora chiamo Bruco, ci incontriamo al The Elephant House, okay? Vi devo parlare...
Vabene?

Subito dopo aver scritto a Bruco e Riccioli D'Oro, mi diressi al The Elephant House, un popolare bar/tavola calda di Londra. In realtà non mi sono mai spiegata perché è così popolare, c'è sempre odore di fritto e i bagni sono pieni di scritte strane, ma non importa. Ci andavo comunque, perché fanno dei panini buonissimi e anche perché c'è sempre la possibilità di trovare qualche ragazzo carino.
Dunque, qel giorno il bar era pieno come al solito, ma io entrai senza problemi e mi sedetti in un tavolino ad aspettare Bruco e Riccioli D'Oro. Bruco arrivò subito, puntuale e con il solito sorriso in faccia, anche se morì vedendo la mia espressione, mentre Riccioli D'Oro ritardò di dieci minuti e si presentò con un asma finto, come per farci credere di aver almeno provato ad arrivare nell'orario prestabilito.
<<Io mi trasferisco>> dissi. In realtà usai un giro di parole assurdo in cui parlai della volta in cui Lucy Adminson scrisse a tutti dicendo che Riccioli D'Oro mangiava cibo raccolto dalla spazzatura e che suo padre si alcolizzava, ma questi sono dettagli. Il succo era quello.
Bruco aveva smesso di mangiare il suo panino e Riccioli D'Oro si era bloccata lasciando una patatine sospesa in aria che era caduta sul pavimento.

<<Quando?>>  chiese Riccioli D'Oro deglutendo.

<<Questo Martedì>> risposi io.

<<Ma è domani Mavtedì!>> notò Bruco, la solita R moscia, mentre una lacrima iniziava a rigare il volto di Riccioli D'Oro. Ben presto noi tre scoppiammo a piangere, fregandocene del fatto che ci stava guardando tutto il bar, popolato soprattutto da pazzoidi con felpe strane e ridicoli occhiali rotondi. Io sapevo da un mese che saremmo partiti, ma non avevo avuto il coraggio di dirlo ai miei amici. L'addio è stato una cosa crudele, dire addio a quelle persone che conosco da quando erano dei feti. Mi mancavano già, da quel giorno al bar, quando li salutai per tornare a casa. Anche se dentro di me speravo che non fosse un addio, ma un arrivederci."

DISASTER #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora