- 7- Devo avvisare Caleb (parte 2)

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Eccomi davanti la maestosa Paradise Rose High School: un enorme edificio di cemento di quattro piani che accoglie più di seicento studenti. Molti arrivano anche dalle città limitrofe.

Il complesso scolastico ricalca perfettamente lo stile della città, trovi una fitta vegetazione di rose selvatiche ovunque ti giri, nonostante ciò tutto è ordinato e pulito, ci sono più giardinieri che rassettano che professori in questa scuola.

Individuo l'auto di Caleb nel parcheggio degli studenti, un vecchio maggiolino giallo del 1990, spicca tra le altre auto di lusso tirate a lucido. Oltre a essere quella più vecchia è anche la più infangata. Mio fratello la usa un paio di volte a settimana per raggiungere i campi di rose quando il furgone non è disponibile. Proprio ieri l'ha usata per andare a innaffiare i roseti.

Un giorno dissi a Caleb, scherzando, che se voleva fare l'investigatore privato non poteva andarsene in giro con quel catorcio così rumoroso e appariscente. Gli consigliai di accettare l'offerta di Trevor, il nostro vicino di casa, un fanatico delle vecchie auto. Trevor gli ha proposto di scambiare il vivace maggiolino con la sua monovolume grigia, una macchina vecchia, triste e anonima. Per mio fratello si tratta ancora oggi di una proposta allettante, perché non ha i soldi per un auto nuova e con la monovolume di Trevor potrebbe passare inosservato. Non so quale tra le due carrette sia la più vecchia e chi tra i due ci perderà di più, ma credo che prima o poi lo scambio si farà.

Aumento la velocità della falcata lungo i marciapiedi deserti e mi dirigo di gran carriera verso la mensa che a quest'ora brulica di studenti affamati.

Raggiunta la mensa cerco Caleb al nostro solito posto, : in un angolo in fondo alla sala enorme, dove io e lui consumiamo il nostro pasto in totale solitudine. Stranamente non è seduto lì. Sembrerebbe un presagio, come se la nostra quotidianità stesse mutando. In una parete della mensa c'è un enorme specchio che fa sembrare la stanza ancora più grande di quanto non sia già. Non posso fare a meno di specchiarmi, vengo attratta dalla mia immagine riflessa: ho come la sensazione che sia più distorta del solito.

Sta accadendo adesso.

La cosa non mi piace. Perché la verità è che quella routine che tanto detesto, è l'unica certezza che ho. È come se la realtà si stesse deformando. Non voglio che quello che ho visto stanotte accada davvero. Spero si sia trattato solo di un incubo. Un terribile incubo.


Caleb dove sei? Ho un disperato bisogno di parlare con te! Sei l'unico a cui posso raccontare quello che ho visto. L'unico che mi crederebbe.

Dopo che passo in carrellata tutta la stanza, finalmente individuo Caleb in un tavolo al centro della mensa.

 «Caleb!» urlo. 

Tutti i presenti si girano a guardarmi. Devo avere un'aria stravolta. Come sempre.

Lo so, sembro paranoica. Ma le cose stanno così. Non li biasimo. Non è solo un problema di occhiaie. Il mio sguardo è quello di una ragazza di sedici anni che, da quando ne aveva cinque, la notte non dorme perché ha delle terribili visioni. Se raccontassi ai miei compagni di scuola, quello che vedo e che sento, mi metterebbero al rogo. Sono abituata ai loro sguardi pietosi. Dovrei sentirmi lusingata, perché nonostante ci conosciamo tutti da quando eravamo bambini, la ragazza gracile, dai lunghi capelli castani e gli occhi scuri a mandorla, rimane al centro dei loro pettegolezzi.

La loro ossessione su di me, esprime piattume e completa mancanza di fantasia.

  La pazza, la visionaria.

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