Prologo.

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Non sono mai stato al comando della mia vita. É come guardarla con dei popcorn in mano dietro un cancello.

Alcune persone pensano che il futuro sia già scritto, secondo loro facciamo le nostre scelte semplicemente perchè qualcuno, magari Dio, ha deciso che quella è la strada giusta; altre invece pensano che siamo noi stessi a scrivere, giorno per giorno, il libro della nostra esistenza.

Personalmente non faccio parte di nessuna delle due categorie. Non sono mai stato io a decidere cosa è giusto per me, e neanche Dio l'ha fatto. Sul palcoscenico della mia vita mio padre è il solo protagonista e il solo spettatore, mentre io sono una stupida comparsa. Mi sento come un insignificante pedina su una scacchiera dove lui è l'unico giocatore: sembro un oggetto privo di senso che non si sa gestire da solo. É una sensazione straziante, che ti lacera l'anima; ma per fortuna con il passare del tempo mi sono abituato.

Fin da piccolo mio padre mi ha insegnato a non oppormi e a stare zitto anche se la sua idea non mi andava a genio. Non ho mai condiviso appieno questo insegnamento; insomma sì, sono i miei genitori e devo portare rispetto nei loro confronti ma stiamo in un paese democratico dove ognuno ha la libertà di parola: cosa che mi è stata negata.

Mia madre non si è mai schierata dalla mia parte. Approvava e approva tutt'oggi le strane idee di mio padre, anche se sapeva che quand'ero bambino esse non andavano bene.

Un bambino normale all'età di 10 anni gioca, si diverte, litiga e scherza con gli amici; ma per me questi erano solo sogni lontani. A differenza degli altri stavo chiuso in casa a studire privatamente per essere in grado di dirigere l'azienda di famigia: dovevo essere perfetto in tutto e per tutto.

Non era giusto.

E mia madre lo sapeva, ma preferiva restare immobile a guardare la mia infelicità invece di intervenire.

Vorrei tanto tornare indietro nel tempo per commettere una cazzata per poi sentire l'andrenalina scorrermi nel corpo - una senazione a me sconosciuta per ovvie ragioni - e il cuore battare all'impazzata. Alla fine avrei sicuramente subito una sfuriata e una punizione dai miei ma almeno potevo dire di aver vissuto una vita degna di essere vissuta.

Per quanto riguarda mia sorella Gemma posso dire che ha vissuto una vita più facile della mia e sicuramente meno noiosa. É più piccola di me di 2 anni ed ha sempre avuto un intelletto abbastanza elevato rispetto quelli della sua età fin da piccola, infatti è stata l'unica a laurearsi prima del previsto e con il massimo dei voti in psicologia.

Mentre i suoi coetani a 8 anni giocavano lei già leggeva libri che in maniera indiretta trattavano della mente contorta che noi umani ci ritroviamo e che spesso non usiamo come dovremmo.

Non ho mai capito i suoi ragionamenti. Aveva la possibilità di fare quello che voleva ma sprecava il tempo leggendo. Okay leggere è importante, ma non faceva altro; e questa cosa mi dava sui nervi perchè se solo fossi stato al suo posto mi sarei divertito insieme ai miei amici - anche se non ne avevo. Per me è come se avesse saltato una parte essenziale della sua vita, una fase in cui non importava chi eri o com'eri perchè i bambini ti avrebbero scelto comunque per giocare.

La vita è una sola e viverla al meglio è la cosa più rara al mondo.

Grazie a lei non mi sentivo completamente solo e cercava sempre di consolarmi quando stavo male per colpa di mio padre. Sono io il fratello maggiore e dovevo essere io a consolarla, non il contrario. Dovevo resistere, ma l'ho capito solo ora.

Al contrario di mia sorella in ambito scolastico non eccellevo, infatti i miei maestri privati si stressavano cosi tanto da rinunciare a seguirmi nonostante la paga fosse alta. Non mi importa di imparare tutte quelle formule incomprensibili, volevo solo che la mia vita fosse come quella degli altri. Mio padre non accettando questa mia opposizione allo studio decise di partecipare alle lezioni per controllarmi.

Insomma essendo il primo genito e il figlio maschio mi devo subire tutto questo solo perchè lui voleva che lavorassi nell'azienda di famiglia.

In tutti i miei 26 anni la situazione è sempre stata la stessa: lui mi comanda a bacchetta e io eseguo i suoi ordini - perlomeno sul piano lavorativo dato che raggiunta la maggiore età sono diventato indipendente. E così adesso mi ritrovo - senza volerlo - ad essere il suo braccio destro nell'agenzia 'Styles'. Avrei voluto frequentare l'università per laurearmi in lingue e magari trovare lavoro all'estero, ma per mio padre quest'idea non mi doveva passare neanche per l'anticamera del cervello.

Sono consapevole del fatto che altre persone, più brave di me, meriterrebbero il mio posto, che sinceramente cederei volentieri, ma nè io e nè loro possiamo fare qualcosa per far avvenire questo. Far ragionare mio padre è come chiedere ad un leone affamato di non mangiarti: è tempo perso perchè alla fine - che tu lo voglia oppure no - il leone ti mangierà senza scrupoli, fingendo di non sentire le tue suppliche.















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