«Vieni qui, principessa.»
Afferro le sue piccole braccia e la sollevo da terra, per poi portarla a sedersi sulle mie spalle.
É così leggera che quasi non la sento.
La ascolto ridere mentre poggia il suo mento sulla mia testa e le sue manine mi si affondano tra i boccoli.
Stiamo tornando a casa, ed il sole sta lentamente tramontando all'orizzonte.
Il braccio di Gwen sfiora il mio ad ogni passo.
Mi guarda, sorridendo.
Da quando sono tornato, a settembre dell'anno scorso, la colgo spesso ad osservarmi. Ed io mi scopro altrettante volte con gli occhi fissi su di lei.
Le cingo le spalle con un braccio, per poi poggiare le labbra sulle sue.
Rabbrividisco a quel contatto. Sono così morbide.
Un verso di disgusto ci interrompe.
«Che schifo.» ridacchio, notando Will davanti a noi osservarci dal basso con espressione scioccata.
Continuo a sorridere anche una volta che si è voltato.
Will ha iniziato a parlare un mese dopo il mio arrivo. Gwen mi ha confessato che prima aveva spiccicato a malapena qualche parola.
«Vieni fuori a giocare, papà?» è stata la prima frase di senso compiuto pronunciata dalla sua bocca.
Quella volta mi sono a piangere.
É stato incredibile, perché credevo di aver ormai consumato tutte le lacrime, dopo il giorno del mio arrivo.
Torno a concentrare lo sguardo sul viso di Gwen, per poi farlo scendere sul fagotto che tiene stretto al petto.
Deve aver notato il modo in cui lo sto guardando, perché due secondi dopo fa per porgermelo.
Sollevo le braccia e faccio scendere Daisy dalle mie spalle, nonostante le sue proteste e il suo sguardo contrariato.
Un minuto dopo sta di nuovo sorridendo mentre osserva con sguardo contemplativo tutto ciò che la circonda.
Ora il fagotto si trova tra le mie, di braccia.
É così piccolo che ho quasi paura di romperlo.
Scosto lentamente con un dito il lembo di coperta che ne tiene nascosto il volto.
Ha gli occhi chiusi, ma non mi serve vederli per ricordarmi che le sue iridi sono dell'esatto colore di quelle di Gwen.
Verde scuro.
Faccio scorrere il dorso della mano sulla sua guancia, sempre facendo attenzione a non svegliarlo.
«Ciao, piccolo Noah.» mormoro, guardando mio figlio.
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23rd June
Short Story«Andrà tutto bene.» mormoro sui suoi capelli. Abbandona le braccia lungo i fianchi, e percepisco i suoi singhiozzi sommessi contro il mio petto, dapprima appena udibili, poi sempre più forti e frequenti. Un sapore salato mi punge la lingua e capisco...