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Luke Hemmings era quel tipo di ragazzo 'invisibile'. Uno di quelli di cui non ti accorgi della presenza perché semplicemente non hanno contatti con altre persone, uno di quei tipi che cercano di isolarsi il più possibile dal mondo che li circonda, che hanno costruito un muro intorno a loro stessi e non provano nemmeno a cercare qualcuno che possa capirli.

Non si può dire che Luke Hemmings fosse un tipo strano a primo impatto, però. Anzi sarebbe potuto sembrare uno di quei ragazzi popolari che tutti adorano, ma era decisamente il contrario e, infatti, cercava di nascondersi il più possibile.

Lui viveva in un mondo tutto suo, sempre con le cuffie nelle orecchie ad ascoltare qualche strana canzone o con lo sguardo basso su un libro che fosse di lettura o per studiare. Insomma, non era uno di quelli che provavano a mettersi sempre in mostra, come la maggior parte dei ragazzi della sua scuola, e forse era anche per questo che non si sentiva a proprio agio con nessuno.

Luke amava scrivere, era una cosa che riusciva a rilassarlo e a farlo evadere dal mondo reale quanto leggere ed ascoltare musica.

La sua era una vita monotona, e lui se ne rendeva conto eppure non faceva grandi sforzi per cambiarla.

Luke, semplicemente, aspettava qualcosa che gli stravolgesse la vita come un uragano ma non sapeva esattamente cosa, o meglio non fino a poco tempo prima.

Quel grande 'uragano' arrivò proprio nel posto in cui Luke non avrebbe mai pensato di incontrare.

La scuola.

Era una semplice mattina di dicembre quando Luke, il ragazzo biondo dagli occhi azzurri, sfiorò per sbaglio la mano di un altro ragazzo dai capelli neri e gli occhi da un colore indefinibile tra il verde e il grigio. E non fu il contatto tra le due mani a far incantare Luke, ma lo sguardo di quel ragazzo che sembrava un mistero fatto per essere risolto proprio da lui stesso. E durò un attimo, ma bastò per riuscire ad incuriosire Luke a tal punto da voler sapere di più su quella persona.

Anche quando scoprì il nome, Luke non riuscì a parlargli. Quel ragazzo, Michael Clifford, sembrava cosi scontroso quasi da fargli paura, ma lui sapeva che in realtà non era cosi. Lo aveva capito da quel semplice sguardo e voleva andare fino in fondo a tutti i costi.

Arrivò addirittura a seguire Michael dopo scuola, gesto che definiva lui stesso un po' disperato.

Però facendo cosi, Luke riuscì a scoprire il posto in cui il ragazzo si dirigeva sempre: un tunnel che si affacciava sul mare. Aveva anche visto che ogni volta scriveva una citazione di una canzone e allora pensò di fare qualcosa.

Un giorno di gennaio, quando Michael lasciò il tunnel dopo aver scritto la sua solita frase, Luke corse lì dentro e scrisse il continuo della canzone con un pennarello rosso.

E quella fu la cosa migliore fatta nella sua vita.

Passò un giorno dall'accaduto e Luke si svegliò ansioso di tornare al tunnel per vedere se Michael lo avesse notato. Poi, però, si ricordò della scuola e maledisse mentalmente tutto ciò che la riguardava.

Le ore non passavano mai, tra insegnanti che parlavano svogliatamente della propria materia e ragazzi che non seguivano assorti a pensare altre cose, come del resto stava facendo Luke.

Quando finalmente suonò l'ultima campanella, corse fuori dalla classe esausto. Rallentò i passi quando, nel corridoio, pensò che potesse essere lì e quindi vederlo. Tra tutta l'agitazione di quella mattina, però, il biondo non aveva notato che Michael non era presente a scuola. Probabilmente era al tunnel e non sarebbe potuto andare anche lui.

Sbuffò annoiato e decise di andare a casa ed aspettare almeno un altro po'.

Come sempre, la sfortuna era dalla sua parte, cosi appena uscì da scuola iniziò a piovere e si ritrovò a camminare tutto bagnato per aver dimenticato l'ombrello.

Appena arrivò a casa, la voce della madre gli risuonò nei timpani.

-Luke! Sei tutto bagnato, perché dimentichi sempre l'ombrello? Sei cosi distratto.- disse velocemente la donna.

Il ragazzo roteò gli occhi.

-Sei tornata prima da lavoro oggi.- notò togliendosi le scarpe bagnate.

-Si, com'è andata a scuola?-

Luke scrollò le spalle e si limitò a dire –Come sempre, comunque non ho fame.-

Non aspettò nemmeno la risposta della madre che salì le scale di corsa e si asciugò il corpo per poi stendersi sul letto a guardare la pioggia. Non riusciva a smettere di pensare a Michael, aveva bisogno di andare in quel tunnel. Mentre pensava però, la stanchezza della giornata prese il sopravvento e si addormentò all'improvviso.

Quando si svegliò era già sera, e, dopo aver messo le scarpe, si precipitò giù uscendo dalla porta mentre si sistemava i capelli, ricordandosi di prendere l'ombrello.

Camminò spedito verso il tunnel senza preoccuparsi delle pozzanghere lasciate dalla pioggia.

Si morse il labbro prima di entrare e vedere che sotto alla sua scritta non c'era assolutamente niente.

Abbassò lo sguardo deluso, forse Michael non era ancora andato lì quel giorno...

Poi notò una scritta nuova:

"They say those teenagers scare the living shit out of me.

They could care less as long as someone'll bleed."

E sorrise. Forse qualche speranza c'era. Allora decise di continuare anche quella citazione e scrisse:

"So darken your clothes or strike a violent pose

Maybe they'll leave you alone, but not me."

Uscì fuori soddisfatto.

Forse un giorno avrebbe conosciuto davvero Michael, forse era solo questione di tempo. Doveva solo aspettare, proprio come aveva sempre fatto.

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oooook faccio schifo, lo so. Quasi due mesi, scusatemi davvero. Ho provato a fare un capitolo più lungo ma boh non mi piace tanto. Fatemi sapere, vi adoro, alla prossima (non tra due mesi, promesso)

Silvia xx 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 21, 2016 ⏰

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