Un incontro casuale

60 15 0
                                    

17 novembre 2011, ore 7.30 a.m.

Una fioca luce si intravvede da dietro le altissime montagne che circondano il paese. La prima luce del giorno fa apparire delle macchioline rosse sul firmamento; sembra che anche in questa fredda mattinata, il sole abbia deciso di accompagnare i ragazzi verso un'intensa giornata di studio e gli adulti ad una dura giornata lavorativa, mostrando loro uno spettacolo naturale indimenticabile che, poco alla volta, li solleverà dalla stanchezza che per ora li possiede. Dolcemente la natura si risveglia, seguita dal cinguettio degli uccelli che si alzano in volo dando spettacolo della loro infinita grazia. Sulle foglie degli alberi si possono intravvedere le piccole gocce di rugiada che, tramite un gioco di luce, crea un arcobaleno talmente debole che solo i più attenti osservatori saranno in grado di cogliere la sua bellezza. Finalmente i primi raggi del sole brillano sopra le cime delle alte vette e il cielo risplende in un rosso fuoco che ricorda un grande rubino luminoso, finché il sole sovrasta tutto il paese accogliendolo nella sua calda luce dorate. Non importa quante volte avrai l'onore di osservare questa meravigliosa scena: l'alba in montagna sarà sempre in grado di farti provare la stessa eccitazione e la stessa stretta allo stomaco della prima volta in cui l'hai vista.
Io, come ogni studente, posso assistere a questo spettacolo tutte le mattine, osservandolo attraverso un piccolo finestrino del bus che ci porta a scuola.
<<Joseph! Nathan! Veloci, per di qua! Ho visto dei posti liberi dove possiamo sederci!>> <<Eri, rallenta, sono ancora troppo stanco per correrti dietro! E poi dimmi: come mai, proprio te che odi il mondo intero pure mentre dormi, hai quel sorriso ebete - e alquanto raccapricciante - stampato in faccia?>>. Senza mai fermarmi, mi volto verso Joseph inchiodandolo sul posto con l'occhiataccia più crudele e gelida che sono in grado di fare, ottenendo in cambio uno sguardo terrorizzato e imbarazzato da parte sua; mi fissa come se di fronte a sé avesse la regina degli Inferi e che sia stato appena minacciato di essere incenerito se avesse anche solo osato fiatare. Odio quando mi guarda così, mi fa sentir come se fossi veramente cattiva. "Com'è possibile che un omone grande e grosso come lui, dopo tutti questi anni, abbia ancora paura del mio sguardo?".

Joseph Aggray è il mio migliore amico fin dall'infanzia, ha due anni in più di me e frequentiamo la stessa scuola; è l'unico che mi conosce per come sono realmente, l'unico che conosce la mia vera fragile natura. La prima volta che lo vidi avevo solo 5 anni, frequentavamo lo stesso asilo. Delle mie compagne di classe mi stavano prendendo in giro a causa del mio peso, dicendomi che se mia madre mi avesse voluto veramente bene non mi avrebbe mai permesso di mangiare così tanto. A quell'età la mia rabbia si trasformava in lacrime, le quali uscivano a causa di quegli esseri crudeli con cui avevo a che fare ogni giorno e delle maestre che mi osservavo mentre venivo pubblicamente umiliata senza intervenire. Piangevo perché quelle bestie travestite da bambine mi seguivano anche quando andavo a rifugiarmi nel mio angolino nascosto pur di continuare a prendermi in giro. Tutto è cambiato dal giorno in cui lui prese le mie difese per la prima volta. Si mise tra me e loro spalancando le braccia, nascondendomi dietro di lui e urlando "Voi siete solo gelose perché Erienne è molto più bella e gentile di tutte voi. E gelose anche della sua mamma, perché le vuole tanto bene, mentre le vostre no.". La sua schiena, dietro la quale mi rifugiavo aggrappandomi, mi faceva sentire al sicuro, come se gli occhi di tutte quelle persone cattive che mi stavano fissando fossero scomparsi e al mondo fossimo rimasti solo io e lui. Appena le mandò via, ruotò verso di me accogliendomi tra le sue confortevoli braccia; non so per quanto tempo piansi in quel abbraccio, ricordo solo che tornai nel mondo reale solo quando mi sussurrò "Eri, ora basta piangere. Promettimi che da oggi, se quelle brutte bambine ti diranno ancora qualcosa, tu non piangerai più, ma risponderai che sono solo gelose e cattive. Io sarò sempre vicino a te, per proteggerti nel caso ti facessero ancora piangere.". Da quel momento io e lui diventammo inseparabili. Giorno dopo giorno diventai sempre più forte, volevo mostrargli che ero in grado di mantenere la promessa, ma non mi rendevo conto che il mio cuore stava diventando sempre più freddo, che il mio unico scopo era quello di rendere Jijo-chan fiero di me. I bambini ci guardavano impauriti, per loro noi eravamo "la coppia strana": io ero la "bambina ghiaccio" e lui veniva chiamato il "bambino cioccolato". Non ci dispiacevano quei soprannomi, anzi, ero quasi gelosa di quello del mio amico: io adoravo il cioccolato. Lo chiamavano così per la sua carnagione scura che ricordava l'amatissimo cioccolato al latte, caratteristica trasmessa dal padre di origini africane. Non aveva ereditato solo quella, ma anche dei stupendi ricci neri come la pece e un fisico slanciato e asciutto da corridore.
Ed ora eccoci qui, dopo undici anni ci ritroviamo a spingere e correre su un bus affollato per riuscire a prendere dei posti miracolosamente vuoti.
Con il passare degli anni è diventato proprio un bel ragazzo, alto quasi due metri e con lunghi rasta raccolti in una coda. Con l'aiuto di una serie di intensi allenamenti di nuoto, atletica leggera e tiro con l'arco, ha ottenuto una muscolatura perfetta resa ancora più perfetta dalle numerose cicatrici rosee, ricordi delle mille risse affrontate per me. La sottile camicia bianca dell'uniforme scolastica sembra che ogni giorno si debba sforzare a contenere questo fisico atletico, intraprendendo così una lunga battaglia; non mi stupirei se un giorno si staccassero e questa si aprisse di colpo dando sfoggio a tutto quel ben di Dio, avverando i sogni delle ragazze che, appena lo vedono solo, si avvinghiano a lui facendo le oche immaginando chissà quale futuro assieme al mal capitato. Fortunatamente ora indossa ancora il giubbotto grigio che gli ho regalato un paio di settimane fa al suo compleanno, così non dovrò innervosirmi a causa delle occhiatacce di invidia fino all'intervallo.

In un giorno qualunqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora