IV

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Persone. Vociare . Folla. Confusione.
È tutto fin troppo familiare, come questo senso di disagio che mi accompagna. Inseguo il mio sguardo tra le vetrine, voglio memorizzare i tratti del mio viso , voglio conoscermi, definirmi in poche parole voglio scoprire che tipo di persona di merda sono. Cammino lungo il viale, percorrendo una strada assai familiare,mi ritrovo in schiera di villette, le sirene della polizia suonano. Il classico nastro giallo adorna la quinta villetta. Un corpo è coperto dal telo bianco. E tra i vari veicoli pubblici il macchinone  con il logo del manicomio attira la mia attenzione. Sento rumori di zuffa così mi sposto per vedere che succede. Due infermieri trattengono una ragazza dai lunghi capelli biondi.
- Papà verranno !! Verranno anche da te! Papà ti prego, non fare la stessa fine di Mamma!! Io l'avevo avvertita! Dí loro di lasciarmi-
Mentre il padre guarda distrutto la scena. L' ufficiale di polizia si avvicina e sussurra- La lasci andare, quella non è sua figlia, la sua mente è sparita- Il padre rotea gli occhi lucidi  per guardare l'ufficiale
- Forse non sarà lei, ma ha la sua faccia e la sua voce e ci assomiglia dannatamente. Non sarà in lei, ma mi chiama ancora Papà-
- Non facendola andare rischia di andare incontro alla stessa fine di sua moglie. Sua figlia è un pericolo per gli altri e per se stessa e si ricordi che ormai non c'è più. Sa che è la cosa giusta da fare-
Da spettatrice mi avvicino per guardare la ragazza.
È me. Più nutrita, con più capelli, con meno ossa in evidenza . Ha il mio viso ma non è me. Sento il ritmo del cuore rimbombarmi nelle orecchie. Non sono io. Mi rannicchio si me stessa ripetendomi più volte che non sono io, mentre la mia copia viene trascinata dagli infermieri, le sue grida si confondono con la mia litania, fino a sembrare un unico lamento.
Cado da divano facendo un gran trambusto, mi sento accaldata, in casa c'è odore di caffè. Striscio verso la cucina, dove Harry,ancora in pigiama, si sta preparando la colazione. Con allegria gli auguro buongiorno e lo bacio sulla guancia. Ormai è passata un settimana nella quale Harry è stato molto impegnato. Questo sogno mi perseguita da un po' ma al momento non mi preoccupa. Harry si affretta a mangiare, buttando tutti gli avanzi. Non lascia mai niente. Non che la cosa mi dia fastidio, in ogni caso la vista del cibo mi fa vomitare. Mi saluta e si allontana veloce. In poco tempo sento la porta chiudersi.
Mi siedo davanti alla finestra. aprendola il freddo mi investe il naso. Amo il vento in faccia, mi fa sentire più bella, come se mi modellasse i tratti del viso, come se mi rendesse le guance incavate che ho sempre ammirato e quel nasino all'insù che è sempre stato tra i canoni di bellezza. Il paesaggio davanti a me è così grigio, il cielo scuro rese tutto molto tetro. Il vento ulula mentre mi accorgo di una piccola figura, sarebbe molto bella, ha i capelli biondo platino raccolti, una figura esile e i tratti del viso delicati e freschi, con due diamanti al posto degli occhi. Come ho già detto sarebbe molto bella se non fosse per il sangue che le imbratta i vestiti e per quel pugnale conficcato nel cuore. Sarebbe molto bella se non fosse morta. Si accorge di me e si avvicina, avanza decisa vicino alla finestra.
- non può- mi ripeto- Harry ha detto che non può farmi niente- Ugualmente chiudo la finestra. Ma ella da dietro il vetro mi guarda con occhi tristi e scuote la testa.
Spaventata e confusa, con un senso di inquietudine mi appunto mentalmente di fare delle domande ad Harry riguardo l'argomento.

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