Almeno una volta

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Penombra.
Una luce sottile si ostina a penetrare le tende, negli ultimi e confusi bagliori del crepuscolo. Nella stanza c'è un odore pesante, di chiuso.


Io però non ho nessuna voglia di alzarmi da questo letto. I pensieri che mi fanno compagnia non hanno bisogno né di una luce chiara né tantomeno di aria fresca. È qui, sola, in mezzo all'oscurità, che io posso affogare con ancora più piacevolezza nell'ossessione che mi consuma. E non posso farne a meno.

Dal caldo centro del mio corpo si diramano fiamme inestinguibili, e dagli occhi scendono colate di lava insieme alle lacrime. Adesso piango pure... e sì che non ricordavo nemmeno l'ultima volta che è successo. Solo Lui ci riesce.

Resterei qui per sempre. Ma un rumore mi riscuote e mi alzo improvvisamente a sedere.


Pochi, decisi passi verso la mia stanza. Passi che ormai conosco a memoria. Il suono metallico di una serratura che scatta. "Bella, che stai facendo qui sola? Ancora a letto?" E' mio marito, Rod.

"Possibile che tu debba comportarti così? Torno a casa, ti cerco per parlarti e gli elfi mi dicono che per tutto il pomeriggio non hai fatto altro che stare chiusa qua? Ma che ti succede?" continua imperterrito, scostando le tende.

"Guarda, Bella. Guarda che splendida serata. Perché non osservi più nemmeno quello che ti circonda? Neanche me?"

Mi limito a scuotere la testa.
"Sei il solito vittimista" gli dico con una punta di cattiveria.
Rod, ma come posso dirtelo? Più che mio marito, a volte mi sembri quasi mio fratello. Se mai c'è stato qualcosa tra noi che non fosse la folle condivisione di un'ambizione comune, beh, l'abbiamo perso. Irrimediabilmente.

"Ti ricordi, prima di Azkaban? Mi aspettavi. Passavamo la notte insieme. Fuggivamo a cavallo delle scope sotto la luna, ridendo insieme. Condividevamo tutto, noi due..." e la sua voce si spegne in un soffio. Ormai sta parlando più a se stesso che a me, lo so.
Sa che sono sempre più lontana. Distante. Inafferrabile, quasi.


Mi ricordo quei tempi, benissimo. Era il periodo in cui credevo che la mia vita sarebbe stata un'eterna, continua corsa verso un nuovo limite da distruggere e oltrepassare. In cui io, io sola ero al centro del mio universo, e non sarei stata disposta a cedere nulla a nessuno. E, in quest'ottica, il mio matrimonio con Rod era semplicemente perfetto.

Non l'ho mai amato. Mai davvero. Nemmeno concepivo che si potesse amare, a quel tempo.

Tuttavia, l'avevo scelto. Le affinità caratteriali, i progetti che condividevamo, tutto aveva contribuito perché io lo eleggessi, lucidamente, come il compagno che avevo sempre desiderato. E lui, beh, mi sembrava perfetto. Era appassionato, audace, ma anche spregiudicato e crudele. Come me.

Quante volte, ai tempi della scuola, abbiamo passato la notte presso il Lago Nero, a guardare l'enormità di quegli abissi nei quali si celano creature misteriose. Sognavo di perdermi dentro a quell'immensa oscurità. Ed ora, lo so, l'ho fatto. E mi piace come non mai, e non vorrei fermarmi e tornare indietro, neanche se mi offrissero tutto il potere del mondo, perché lo donerei a qualcun altro.


"Ti stavo aspettando anche adesso, Rod" rispondo con un sorriso malizioso. Ma non ho neanche finito di parlare che tu già mi sei addosso. E siamo entrambi su quel letto dal quale mi volevi tirare giù.
Ancora una volta, mi segui. Ancora una volta, non puoi fare a meno di me.
"So che non è vero" mi dici in un sussurro "ma mi piace ugualmente pensarlo." E mi sento ancora peggio.

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