Il suono rindondante e aspro della campanella segnava l'inizio della meravigliosa distruzione del suo essere. Si sentiva morire. Non avrebbe voluto compiere un passo in più, in pochi secondi rivisse tutta la sua esistenza. Pensò a un piano per evadere da quella prigione che per altro, inconsapevole, si era scelto da solo, ma non poté fare assolutamente nulla. Così, cercando di riprendere possesso delle sue ossa e delle sue articolazioni, passò davanti al ragazzo seduto sulla triste panchina. Provò a non guardarlo e a non arrossire per l'imbarazzo e per la paura: tremava e non si girò nemmeno sententolo gridare orgogliosamente frasi vendicative e minacciose nei suoi confronti. <<Hey Penniman, anche tu qui? Haha ci sarà da divertirsi!>> - urlò buttando a terra la sigaretta che aveva in bocca con un gesto veloce della mano. Poi si alzò divertito e sorpassando Michael gli tirò un pugno sulla schiena esile che lo fece barcollare e per poco non cadde.
Entrambi i ragazzi si avviarono verso l'entrata. Mika cercò di scostarsi e di rimanere leggermente più indietro. Salirono l'ultimo scalino dell'infinita scala che portava a una porta di vetro elegante e per niente trasandata, una porta tipica londinese; tutto il contrario di quelle che si trovavano nelle scuole di Parigi. La sorpassarono e dinanzi a loro trovarono una donnetta bassa e magrolina, con i capelli bianchi: era la bidella della scuola, Francisca. Lei, con molta gentilezza, chiese a ognuno dei due ragazzi quale fosse la loro classe, il più piccolo rispose prima M, mentre il maggiore terza H. <<Almeno non siamo in classe insieme>> - pensò speranzoso il minore e gli venne naturale accennare un sorriso che per poco il più grande non notò. Poi la donna li accompagnò ed entrarono in classe.
All'interno dell'aula, seduta su una sedia vicino alla cattedra, si trovava una signora dai tratti somatici duri e aggressivi. Stava facendo l'appello, segno che la lezione era giá iniziata. Quando Michael varcò la porta si sentì scrutato dalla testa ai piedi e dalle rughe cupe che la donna aveva in volto non traspariva alcuna intenzione di perdonare il suo lieve ridardo. <<Le pare questa l'ora di arrivare? Sono passati cinque minuti. Quella in cui si trova è una scuola con regole molto severe. Se non ha intenzione di rispettarle può accomodarsi fuori dalla porta.>> - borbottò infine. Era una donna alta e snella, sulla cinquantina. Portava i capelli corti e neri che le incorniciavano il viso e un vestito altrettato scuro e scollato, che le arrivava alle ginocchia. Insegnava inglese.
E così appena varcata la soglia dell'aula fu sgridato e probabilmente preso di mira dalla professoressa della materia principale, per altro. A inizio lezione si presentarono uno alla volta; dovettero alzarsi, avvicinarsi alla lavagna, scrivere cinque parole chiave della loro vita e raccontarle ai compagni. Mika fu chiamato tra i primi, così ebbe modo di notare, forse un po' amaramente, che nella stessa stanza si trovava anche il ragazzo del pullman, a cui finalmente collocò un nome: Christian. Inoltre fu colpito anche da una ragazza molto particolare. Si chiamava Luna e sin dal primo momento seppe che avrebbe potuto fidarsi di lei. Vestiva una maglia molto lunga strappata che le scendeva sulle gambe impeccabili alle quali portava dei pantaloni verdi poco attillati, strappati anch'essi. Le scarpe erano basse e marroni, simili alle vans, ma non di marca. Ciò che però attirò l'attenzione del ragazzo su di lei fu la collana che portava al collo, a cui era allegato un ciondolo con un simbolo quasi indecifrabile, che Mika avrebbe voluto tradurre ad ogni costo. Probabilmente aveva già visto quella saetta da qualche parte.
A fine lezione la professoressa Cooper assegnò i compiti da eseguire per il giorno seguente e abbandonò l'aula. Per l'indomani avrebbero dovuto leggere una pagina del libro e svolgere le attività riguardanti la lettura. Alla seconda ora ebbero francese, a seguire canto lirico, pianoforte e per finire due ore di educazione fisica. In quasi tutte le lezione dovettero o presentarsi o fare test d'ingresso. Finalmente alle 14.00 lasciarono la classe e poterono dirigersi o in mensa o ai dormitoi. Mika preferì andare in quest'ultimo luogo per sistemarsi e scoprire con chi avrebbe condiviso la camera. Posò le valigie, si fece una doccia e dopo essersi cambiato i vestiti si accinse alla mensa: un luogo affollato e chiassoso. I tavoli disposti sparsi per la stanza erano rotondi e per non più di cinque persone. Era talmente popolata all'ora di punta che l'unico posto libero che trovò fu quello vicino a Christian. Pensò che probabilmente era una maledizione il fatto di trovarselo vicino ovunque, ma doveva pur mangiare, così esitò un po' e infine si sedette. C'era anche Luna nello stesso tavolo.
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L'amour fait ce qu'il veut
FanfictionL'amour fait ce qu'il veut, ovvero "l'amore fa quello che vuole". Forse è proprio questo il fabula docet della storia. Come dal titolo si può intuire è una fanfiction su Mika. Su Mika e Andy. Due ragazzi cosí diversi uniti dalla sola voglia di amar...