Capitolo 7

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Tutto è cominciato stamattina, mi sono svegliata con un senso di insicurezza e di insoddisfazione. Qualcosa dentro di me ha iniziato spezzarsi.
Un sogno aveva turbato la mia notte, c'era di nuovo Simone. Inizialmente sembrava lo stesso incubo di sempre in cui lui moriva e mi lasciava sola, ma poi qualcosa cambiava: il nero compatto e flessuoso della notte ci avvolgeva e insieme volavamo verso l'alto, lui guardava il cielo piangendo e diceva: "Per favore amo questa creatura più di ogni altra cosa, amo questa ragazza più di me stesso, più della mia vita, fatemi restare con lei, sarò il custode della sua felicità, sarò la sua guida nell'oscurità, sarò colui che le terrà la mano nei momenti difficili e le asciugherò le lacrime ogni volta che piangerà. Solo lasciatemi restare con lei.". A quel punto sulla sua schiena comparivano due stupende ali da angelo, belle come quelle delle statue neoclassiche e lui mi sorrideva abbracciandomi.

Stanotte Deliah ha sognato il mio ultimo desiderio, stanotte Deliah ha visto come sono diventato un angelo. Lo so perché sono stato io a mandargli quel sogno, sono stato io a volere che vedesse ciò che è successo. Non so il motivo esatto per cui l'ho fatto o forse semplicemente non voglio ammetterlo, né con me stesso né con nessun altro. È un motivo così egoista che mi sento in colpa e non posso non pensare di stare spezzando la precaria felicità di una ragazza che in teoria dovrei proteggere.

Chiamo Federico per parlare con qualcuno, stare da sola mi distrugge. Quando gli racconto del sogno è comprensivo e dolce come sempre, ma qualcosa dentro di me si incrina: ascoltando le sue parole ripenso ad ogni cosa che abbiamo fatto insieme e all'improvviso dentro di me qualcosa scatta, come una molla sotto pressione da troppo tempo. Tutto ciò che ho fatto con lui, tutto ciò che ho detto, tutto ciò che ho provato non è altro che il riflesso di ciò che facevo con Simone, ho semplicemente provato a ripetere dei gesti sperando di stare meglio, ma in realtà ogni volta che ci baciavamo o abbracciavamo non era lui che volevo accanto, non era lui che volevo abbracciare o baciare. Mentre ancora la sua voce calda cerca di rassicurarmi posò il cellulare e il dubbio e la paura si infiltrano dentro di me e diventa difficile perfino respirare. Vorrei poter scappare, correre fino a cadere per terra, correre fino a rimanere senza fiato. Voglio scappare dal mio dolore e dai dubbi che la mia testa si ostina a ripropormi.

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Sì, la colpa è stata mia. Come negarlo? Nel mio egoismo non mi sono nemmeno reso conto che la mia ragazza così era felice senza di me. Sono stato solamente uno stupido. Vorrei poter tornare indietro, vorrei non averlo fatto, vorrei non aver gettato in terra i fragili desideri di Deliah per il mio egoismo ed egocentrismo. Ora che si sono lasciati sono soddisfatto? No, non lo sono affatto. Ora che per lei anche questa storia è finita è distrutta più che mai.
Ed ora non posso fare altro che guardarla mentre piange e si dispera.
Le lacrime cadono su un foglio di uno dei miei diari che sta rileggendo, le rigano le guance. Piange in silenzio senza singhiozzi.

La colpa è solo mia. Solo e soltanto mia.
Sono io il mostro.
Sono solo un peso per tutti quelli che mi stanno accanto. Sono un errore, un aborto mancato.
Perché vivere fa così male?
Perché non sono morta?

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