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Sono sempre stato uno sfigato, uno di quei soliti nerd che alle interrogazioni vengono venerati come divinità, che permettono ai compagno di copiare alle verifiche, ma che una volta usciti vengono sbattuti contro gli sportelli degli armadietti o bagnati con i gavettoni di quelli del quinto anno. O quelli ai quali vengono versati in testa i frullati a panna e fragola, uno di quelle persone che piangono in bagno sopra la tavoletta del water.
Ma lei no.
Lei era April Madsen.
La sola e unica April Madsen.
Mi ricordo tutt'ora il suo profumo di abbraccio, il suo profumo di carezza, il suo profumo di amore e gratitudine.
Il suo però era un sapore di lacrima, il sapore di una lacrima che scende giù per la guancia.
Una lacrima che feriva, graffiava le sue rosee gote paffute.
Una lacrima che raccogli con la punta della lingua una volta sull'orlo del labbro.
Lei era una risata, una risata vuota, una risata non ricambiata, una risata che avrebbe potuto viaggiare il mondo ma invece l'unico viaggio che riusciva a compiere era andare a comprare il latte sotto casa.
Era degli occhi, occhi color castagna, occhi che lei odiava, forse era per questo che li riempiva di colori, linee e sfumature.
Ma le uniche sfumature che le appartenevano erano quelle della tristezza, un nero la colmava, un grigio la riempiva , un marrone la rendeva fragile e insicura.
Credo che meterci del giallo e del rosso siano state le uniche cose buone che sono riuscito a fare per lei... Lei mi ringraziò... Lei mi amò... Lei mi diede la forza di continuare, di voltare pagina, di mettere un piede davanti all'altro e camminare, è lei che mi ha dato la prima spinta ed è sempre lei che ha tolto le rotelle dalla mia bicicletta.
LEI!

La Ragazza Col Nome D'aprileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora