capitolo 2

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I miei occhi si spalancarono alla vista delle mie iridi.

La cucina in subbuglio, piatti frantumati per terra e il tavolino in cristallo rotto in piccoli pezzettini e rovesciato al contrario.

I cuscini lacerati e i mobili sotto sopra.

Vidi mio padre con le mani sul capo in preda alla disperazione, i gomiti sule ginocchia e la testa china verso il basso.

«Che diavolo è successo si può sapere?» domandai alzando troppo la voce

«Nulla Sam» mi rispose calmo, alzando il viso verso di me e guardandomi negli occhi, i suoi occhi erano contornati di nero ed erano rossi e gonfi, segno che era ubriaco e ha passato una notte bianca

«a me non sembra nulla! Dov'è la mamma!!?» chiesi, i suoi occhi mi squadrarono per poi soffermarsi al mio viso, non mi dette nessuna risposta, solo un'irritante silenzio

Non come quelli di cui hai bisogno e ti bei della tranquillità, per niente, questo è un'irritante silenzio che ti fa fare mille domande e sei consapevole che non ci saranno risposte.

Corro verso le scale salendo le a due a due, quasi a rompermi l'osso del collo.
Arrivo nella camera che condividono i miei genitori, è vuota.

No, non vuota, ma ci sono solo le cose di mio padre, nessuna traccia delle cose di mia madre.

Una parte della stanza vuota, una parte della casa vuota.

Una lacrima mi solca la guancia e man mano ne scendono altre, come un fiume in piena che sta per sgorgare dalle sue sponde.

Le lacrime scendono senza sosta lungo le mie guancia imperterrite a continuare,

Sento passi sbattere sul pavimento e farsi più gravi e piú vicini, fin quando la porta viene spalancata totalmente rivelando l'uomo che mi crebbe.

«Mi dispiace» mi sussurra a fil di voce affiancandomi nel letto.

«Non volevo finisse cosí» sussurra con un pizzico di amarezza in voce

«invece è finita cosí» gli risposi irritata, so che la colpa non è del tutti sua, ma in gran parte lo è.

«Senti mi dispiace okay? Meglio sorridere distanti che soffrire vicini»

Boom, colpita ed affondata.

Queste parole sono maledettamente vere da farti venire i brividi sulla pelle.

Un singhiozzo scappa dalla mia bocca e ne susseguono altri, mi copro la bocca con il palmo della mano correndo il camera mia.

Chiudo la porta a chiave strisciando sul legno color ciliegio.

Arrivo alla fine della porta sedendomi a terra con le ginocchia al petto e la testa in mezzo ad esse i capelli davanti a gli occhi e le braccia a tenermi le gamba protese in avanti.

«Samantha Heisel Smith apri questa maledetta porta» urla mio padre da dietro la porta sbattendo un palmo.

«A che scopo? Così puoi ancora dirmi "mi dispiace, mi dispiace tanto"» urlai imitando la sua voce, tanto so, che solo quello doveva dire,doveva scusarsi Tatò ciò che fatto è fatto.

«senti.» prende un grande sospiro, iniziando il suo lungo discorso.

«non so perché l'hai con me. Ma con tua madre non andava d'accordo fattene una ragione, sei grande abbastanza per capire e, adesso, apri questa fottuta porta.!» mi faceva male il cuore a sapere che sono rimasta sola, l'unica donna in casa, la donna che mi ha creato, la donna che perse la verginità per me.

Mi misi a guardare fuori la finestra dove un sottile strato di pioggia scendeva fino a diventare fitto fitto.
Le case diventavano sfocate, si sentiva l'odore di terra bagnata che tanto amo.

La pioggia picchiettava sull'asfalto e produceva un suono delicato ma nello stesso tempo duro, fastidioso.

Gli alberi verdi si colorano di tanti colori, le foglie cadono ricoprendo come un tappeto di foglie, abbastanza colorato da dare vita a il cielo cupo, grigio.

Gli edifici antichi di ricopriscono d'edera quella pianta che è diversa dalle altre, essa cammina esamindo il marmo, la pietra dura, non come le solite piante che crescono dal suolo, per poi crescere, appassire, e morire.

Abbassi poco la finestra lasciando poca luce nella stanza dove trascorsi tutta la mia infanza , delle vecchie foto di me e la mia famiglia, tutta riunita inseparatemente.

I vecchi peluche che prima adoravo che mi hanno sostenuta anche loro, anche essendo cose, che non respirano, ma aiutano di più delle persone. E non scappano via, non ti sparlano alle spalle, non ti deludono.

Il mio letto dove ho trascorso tutti i pianti, i piumone scolorito dal tempo, i cuscini bagnati dai pianti, il poggiatesta pieno di piccoli adesivi che attacavo delle winx, di whinnie the poo, con dei disegni che portavo dalla scuola per la festa della mamma, dei disegni che feci all'età di undici anni.

Quando li tocco mi sembra quasi di rivivere quel l'emozione, di ricordarmi ancora , ancora l'espressione della mamma quando lo diedi. Quando gli ripetevo le filastrocche che tanto gli piacevano. Quando tornavo a casa con il ginocchio sbucciato, quando mi curava, quando avevo paura dei mostri sotto il letto e andavo da lei, quando papà non c'era io e lei vedevamo dei film, quelli che più gli piacevano.

Quando oggi scoprii che se n'era andata mi cadde il mondo addosso, una parte di me che andò via senza che me accorgessi. Con lei anche i ricordi più cari, le feste di compleanno, quando dissi la mia prima parola, quando iniziai a camminare,quando per la prima volta volta voltai pagina fregandomene di tutto e di tutti.

Le bambole che bramavo anch'esse, quando le ruppi e mio papà me le aggiustava con la colla, perché tanto amavo.

La casa delle bambole che giocavo ancora con le codine nei capelli, quando mi faceva le treccine per la scuola che quando ci andavo facevo si che le mie compagnette erano invidiose della mia casetta.

Ricordo ancora il mio primo amore, era un ragazzo gentile , carino, e sopratutto che piaceva a mio padre, tutte quelle volte al parco, al mare, al cinema,era il solito ragazzo capelli biondi occhi azzurri, che molte invidiavano, però un giorno, mi setii di lasciarlo, infatti dopo nemmeno due ore era giá con la sua ex.

Da piccola ero una peste, combinavo guai su guai,una volta feci cadere la professoressa di storia ero in punizione quattro giorni sensa Tv,
Oppure quando rovesciai un bicchiere intero di frullato alla frutta addosso una vecchietta che mi tiró la borsetta, oppure quando ruppi la lambada preferita di mamma non ci vide piú.

Mi mise in castigo e non mi fece vedere più nulla, era tutto sparito dalla mia stanza.

Eppure lo fece per insegnarmi a vivere civilmente, a vivere con le giuste maniere e comportarmi come si deve.

Mi insegnò tante cose, m'insegnò cosa e giusto e sbagliato.

Ma non ma insegnò a saper vivere senza di lei.

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