Capitolo I: Inizio e Fine

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Inizio 

'Qual è il senso di tutto questo? Presto o tardi non esisterò più, non rimarrà che l'anonima impronta del mio effimero passaggio da ques... sempre i soliti pensieri, non riesco a non pensare ad altro, non ho paura, sono semplicemente delusa dalle possibilità che quest'esistenza offre. Eppure sono fortunata, ho una vita modesta, enormi gradi di libertà, e poi... poi c'è lui, lui è incredibile. Mi ama come nessuno può amare un altro essere umano, e io l'amo come nessuna può farlo. Ho ancora una vita davanti, sono bella e affascinante, me lo ripetono in continuazione, sono brava negli sport, mi manca poco per concludere il praticantato per diventare avvocato e ho già un'offerta di lavoro in ambito criminologo, ciò che ho sempre desiderato. Serena me lo dice sempre, solo un "genio" come me può soffrire di depressione con una vita così. A che serve però tutto questo se neanche a rendermene conto domani mi guarderò indietro e 60 anni della mia vita non sembreranno che un istante, il quale, mi passerà proprio dietro gli occhi senza che abbia l'accortezza di gustarmelo a pieno. E il giorno dopo niente, il nulla. Per quanto possa provare a credere, non ho fede, non ho la vera fede, di chi, vuoi per reale convinzione o per patetica necessità d'illusione, riesce a vivere la sua vita con la sicurezza che una volta sprofondati qualche metro sotto il terreno si approda su un mare di soffici nuvole nel quale tutto ciò che è stato sembrerà solo l'ombra di ciò che gli aspetta, per sempre... Sarà forse la mia mente bassamente umana, ad ancorarmi i piedi per terra, ma se la fede mi ha lasciato è perché di in un'esistenza senza fine sento, forse, ancor più angoscia di questa vita con le braccia corte. Ed eccomi di nuovo a ricaderci, ritorno ai pensieri che mi accompagnano fino a salutare il giorno che viene, con tutta la sua luce, e poi, si, ci riesco, l'alba arriva in tempo per darmi la sua sarcastica buona notte, e finalmente due tre ore di sonno mi rifocilleranno a sufficienza per affrontare le mie piene giornate. Devo andare a vivere con Pietro, forse è l'unica soluzione. Se guadagnassi, sarebbe già così. Anche lui sta finendo, e potremmo andare a vivere insieme non appena i nostri primi stipendi entreranno nelle nostre tasche.' Vista dall'alto Nevia appariva estremamente tranquilla, i suoi occhi semichiusi, quasi di indifferente apatia, non davano l'impressione di essere i custodi di quanto finora sentito, e questo non era altro che gli spruzzi sul terreno adiacente ad una cascata di annacquati pensieri. I suoi occhi grigi, una scala di grigio molto chiaro, erano affini a queste notti, ne erano temprati; fortunosamente le profonde occhiaie sulle quali si poggiavano faticosamente le palpebre, davano l'impressione di un trucco non perfetto, ma neanche inguardabile. L'effetto era facilitato dai residui diurni di un trucco compensatorio. Cambiava spesso posizione, ogni 5 minuti, con cadenza regolare, non a caso. Era l'espressione di quell'ordine compulsivo che era riuscita parzialmente ad eliminare dalla sua quotidianità. 'La morte mi attende, non mi fa paura il morire, sono semplicemente delusa, perché tutto ciò che sto creando le appartiene già, sono delusa di vivere per morire, è deprimente... Fare tutto per nulla. Perché farlo? Oggi, domani o dopo domani mi annullerò, non so quando, non ne ho il controllo... e non lo voglio. Forse non sono tanto fortunata come penso, forse che io sia caduta in questa tremenda trappola di pensieri... forse questa è la mia sfortuna... Tutti ci passano, ok, ma io sono caduta in questo buco nero... Chissà cosa penserò l'istante prima di chiudere gli occhi per sempre? Mi darò ragione di tutto questo? Potrò ritenermi soddisfatta? Sempre che io sappia cosa significhi soddisfazione..." \TRTRTRTR\ Nel silenzio della notte, la vibrazione del cellulare interruppe bruscamente l'ultimo o forse il penultimo sonno. Era sicuramente insolito che in quel momento in cui non sai se è troppo tardi o troppo presto, qualcuno fosse ancora sveglio, oltre lei ovviamente, qualcuno che lei conoscesse. Era un messaggio di Serena <Vien sbutn!> l'errore di digitazione mostrava fretta o distrazione. Nevia spaventata dall'insolito, non perse tempo e vestita di tuta per come era a letto, indossò le scarpe, prese le chiavi del motore e scese saltando gli scaloni 5 per volta. Dalla sua potente agilità si evinceva che era in forma e molto atletica. Stava percorrendo i pochi chilometri che distanziavano casa sua da quella dell'amica ad una velocità che forse non aveva mai raggiunto, nemmeno in autostrada nei più lunghi rettilinei. La via era molto buia, un po' per la crisi, forse, un po' per l'utilità di qualche politico cittadino, le luci erano spente da qualche settimana in quelle vie. Correva, correva. Schivò d'un tratto quella che sembrava essere una carcassa di qualche animale, che gli apparve all'improvviso dal buio sotto il faro della sua moto. Con fretta forsennata, senza farci caso, arrivò a destinazione e posteggiò così velocemente che quello che con la coda dell'occhio le era sembrato il cadavere di un animale, una volta poggiato il motore per terra, le apparve nella mente come la possibilità che fosse qualcosa d'altro. Il duepiùdue fu istantaneo e con quattro balzi saltò la scalinata che aveva appena salito, divorandola nel tempo in cui ancora stava metabolizzando questa consapevolezza; con uno scatto degno di un running back professionista frenò ai piedi dello sgomento. Non era un animale e non era ancora una carcassa, era Serena. Tutta la velocità con cui si era fiondata fin lì stava per essere bruciata dall'accelerazione dei suoi battiti cardiaci. Fuori per pochi secondi sembrava come se stesse partecipando con estrema maestria a unduetre stella, dove il conduttore del gioco era quell'immagine raccapricciante che aveva appena fatto \Stella!\, con nessunissima intenzione di rivoltarsi a contare. Gli occhi però erano ancora in moto, in pochi istanti, con frenetiche saccadi qui e lì sul ritratto di quella disgrazia, avevano sondato, autolesionisticamente, tutti i dettagli: il braccio ripiegato su stesso, poco sopra la testa, lo sguardo perso, eloquente sullo stato di coscienza, la chiazza di sangue che sembrava provenire dal ventre il quale scomodamente stava poggiato sul pavimento e una gamba che, nonostante la gonna, dava l'impressione di aver assunto una posizione decisamente innaturale. Forse l'amore per l'amica, forse la sua capacità di affrontare qualsiasi situazione, ma pochi secondi dopo i suoi occhi, che avevano raggiunto la massima dilatazione, si contrassero in uno sguardo preoccupato e fermo al contempo, magicamente le palpitazioni in cui stava nuotando divennero poco meno di una pozzanghera sulla quale poggiò il primo passo verso la sua amica. 'Devo fare tutto ciò che è possibile, non c'è tempo per l'idiozia'. Aveva ragione. La sua amica era ancora viva, ma respirava evidentemente male. Come prima cosa la mise pancia su, accorgendosi immediatamente ì accoltellata, il braccio rotto insieme ad alcuni ematomi sembravano, adesso più chiaramente, l'esito di una colluttazione, idea confermata dai segni di percosse in volto e in altre parti del corpo. \Me ne sto andando? Guoh.. ghh!\ Una volta girata Serena stava riprendendo conoscenza \Non parlare, non muoverti, non fare niente! Ora chiamo immediatamente aiuto, andrà tutto bene, non muoverti\ Nevia era molto decisa e di conseguenza rassicurante, ma Serena era in uno stato tale di incoscienza da non poterne giovare molto. 'Diavolo ho dimenticato il cellulare per la fretta' Si guardò un attimo intorno 'Ottimo c'è una cabina telefonica.. Cazzo! Perde ancora sangue, non c'è tempo , devo portarla io, ci starò 5 minuti' Strinse la mano dell'amica \Tesoro, prendo la moto e andiamo subito all'ospedale, faremo subito e starai meglio\ Serena non aveva sentito niente di quello che le era stato detto \Ti voglio bene Nevia\ L'istante successivo recuperò improvvisamente la consapevolezza, era consapevole di quanto le stava accadendo, spalancò gli occhi e le sopracciglia le incorniciarono un'espressione di autentica disperazione. \Sto morendo! Non voglio!\ La voce si affievolì \Perchè io, non è gius..\ Chiuse gli occhi, aveva perso nuovamente i sensi. Nevia si agghiaccio nuovamente, per una frazione di secondo 'Devo fare in fretta, devo sbrigarmi' Divenne il mantra che l'avrebbe accompagnata per tutto il tragitto fino alla moto <TUM!> Un forte dolore alla testa, ebbe il tempo di dire \Serena!\ e anch'ella si accasciò sull'asfalto.

La Gravità Del VuotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora