Capitolo II: Il Piacere della scelta

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Arrivata lì che faceva buio, l'aeroporto era ancora vivo, erano le sette di sera, orario di punta per partenze e arrivi. L'idea di Nova era quella di arrivare in città a piedi; aveva stimato che ci volessero una decina di ore a passo mediamente veloce per arrivare alle porte del centro abitato. Il lungo viaggio che l'aveva portata per ben otto fusi in avanti fu lungo quindi aveva pensato bene di dormire per affrontare una giornata di circa trenta ore prima di riaddormentarsi nuovamente. L'intenzione era quella di imbarcarsi esattamente alla terza sera dal suo arrivo, avendo così tutto il tempo per "iniziare".

Fu mattino, partì. Una cosa non poteva mancare durante le sue camminate, musica Jazz in cuffie abbastanza grandi e costose da permettere un ascolto degno di un concerto dal vivo. La qualità della musica live concentrata in mp3 ad alta definizione contribuiva a questa sensazione. Era opinione della ragazza che sebbene fosse intrappolato in un file, il jazz andava ascoltato in esibizioni dal vivo e mai due volte lo stessa esibizione; non voleva che la freddezza della registrazione e la sua ripetizione annullasse la spontaneità e la virtù sperimentale di questo genere; sembrerà da pazzi ossessivi, ma lo faceva davvero; a fine di ogni giornata eliminava tutti i brani ascoltati; prima di partire era stata patologicamente meticolosa nel creare un hard disk pieno di brani che l'avrebbero impegnata per almeno un migliaio di ore. Questa musica le creava un angolino di alienazione dal mondo, in cui le era possibile annichilire ogni pensiero o, allo stesso modo, si poneva come il terreno fertile delle migliori idee che potesse partorire. Passo dopo passo, brano dopo brano e ogni tanto pensiero dopo pensiero, la strada si perse alle sue spalle ed era, adesso, davanti ad un centro commerciale. Erano le 7 dal mattino, i rianimatori di questa enorme bestia commerciale stavano per attaccare la spina alla giornata lavorativa. 'E' ancora presto, riposerò un po' i piedi.' Alla prima panchina che vide, abbassò la cuffia dalle orecchie al collo e spense il lettore, nel mentre si sedeva. Ammazzò l'ora successiva a cercare di rievocare i brani che aveva ascoltato dai titoli che andava cancellando dal lettore, associandoli alla sensazione che le avevano provocato, ai paesaggi che di volta in volta aveva attraversato; sicuramente non le era mai capitato di cancellare così tanti brani tutti in una volta. Aveva appena finito quando iniziarono ad apparire nel parcheggio le macchine dei primi clienti e di lì a poco,  l'enorme esercizio iniziò la sua attività quotidiana. Si alzò anche lei, con l'intenzione di entrare e comprare qualcosa da mangiare, ma prima si guardò intorno, guardò la gente arrivare, focalizzando l'attenzione su una donna: 'lei...' sulla quarantina, di bell'aspetto, senza anello al dito 'Lei è perfetta' pensò 'Sola, non perderà molto tempo, già è raro che una donna sola, vada al centro commerciale di prima mattina, ma sarebbe ancor più raro se, sempre sola, perdesse l'intera mattinata a girare per negozi, si sentirebbe triste a far ciò, e se è vero, come dice l'assenza dell'anello, che non è sposata e probabilmente non ha neanche compagni, questa tristezza si assommerebbe alla solitudine che spesso prova. Questa ipotesi è confermata dalla cura di un aspetto provocante ma al contempo affascinante e misterioso che dice: sono a caccia, ma sono preziosa! Non si accontenterebbe di un qualunquino. Una come me, potrebbe risvegliare in lei sentimenti di invidia, una ragazza bellissima nel fiore della sua bellezza che ha ancora tutto il tempo per essere elogiata e amata; ho tutto ciò che lei ha sempre avuto, ma col tempo si sta sbiadendo piano piano, lasciandosi, dietro la speranza di un amore che sopravvive agli indelebili segni dall'età che avanza. Lei è perfetta per iniziare, contiene in sé una quantità di variabili non indifferenti, che posso combinare insieme per far uscire qualcosa di stupefacente'. Nova adocchiò la macchina e senza perdere tempo entrò nel centro commerciale per prendere qualcosa per la colazione e il pranzo. Dopodiché raggiunse la macchina e si mise a mangiare nella stessa panchina dov'era messa quando vide la donna arrivare. 

Ebbe il tempo di infilarsi in bocca l'ultimo boccone del pranzo, quando notò che la donna si stava avvicinando nei pressi della macchina. Prese la borsa e inventandosi un'espressione di tristezza sul volto la raggiunse. \Mi scusi signora\ Disse con convinzione Nova, facendo finta che la sua voce fosse smorzata da un pianto frenato 'E' sicuro che non sia signora, perlomeno nel senso coniugale del termine, ma aprire degli spiragli nella sua corazza sociale, dove è più debole, è l'unico modo per riuscire a non essere respinta con decisione dalla sua acidità' Come aveva previsto, la donna si voltò infastidita \Mi dica\ Nova singhiozzò per poi iniziare a parlare \Mia sorella... Mia sorella è stata investita ed è stata portata in ospedale, è gravissima, forse morirà, non so come raggiungerla, con il bus impiegherei troppo tempo\ 'colpo di grazia' \la prego mi aiuti!\ L'espressione della donna si tramutò completamente nel corso di quei pochi secondi in cui Nova aveva manifestato pienamente un talento nascosto per la recitazione. Esitò un attimo. Sarà forse perché anche lei aveva una sorella a cui teneva molto o magari perché in fondo la donna, sotto stratificazioni di difese possedeva una bontà d'animo per cui aiutare gli altri senza pretendere nulla, solo per il piacere di farlo. La sua voce si fece più calda e si avvicinò a Nova con fare accogliente. \Ti capisco perfettamente, cara. Cerca di respirare profondamente e riprendere il controllo. Adesso non hai tempo per disperarti, adesso devi dare il meglio di te per supportare tua sorella. Ora sali in macchina che ti accompagno subito. Fra pochi minuti sarai da tua sorella\ Nova si strizzò gli occhi come ad asciugarsi quelle lacrime che non erano mai uscite e dopo una soffiata di naso \Signora, lei ha un cuore grande! Non so davvero come ringraziarla\. La donna fece salire Nova sulla sua macchina, disegnando cosi nella sua faccia l'artefatto di un sorriso, quel sorriso che non avrebbe dimenticato. Nonostante non era solita a queste gentilezze, la donna sentiva dentro di se che la gratificazione di essere d'aiuto ad una ragazza disperata andava surclassando il sentimento di invidia che Nova aveva ben predetto. Non vedeva l'ora con la scusa di ulteriore disponibilità, di lasciarle il suo numero, per ricevere il feedback finale della sua buona azione una volta che la ragazza avesse saputo l'esito della gravosa situazione della disgraziata sorella. 'Chi lo sa?' pensava, magari una volta sistemato tutto avrebbero potuto organizzare una cenetta a tre in onore alla buona sorte, nelle sue fantasie estremamente ottimistiche. Le sue storielle le gironzolavano per la testa nel mentre che faceva strada per l'ospedale che Nova le aveva indicato scegliendone uno a caso. La donna stava per riprendere amichevolmente la parola, nell'inconsapevole auspicio di confermare le sue idee, prese aria dalla bocca, come quando si avvisa che si sta per parlare, ma non fece in tempo che ad emettere il primo suono, che, troncato sul nascere, fu divorato dalla canna di una pistola, che adesso aveva il dominio di tutta la cavità orale, poggiando l'estremità sulla guancia. \Sei stata molte gentile, te ne sono grata, ma da questo momento in poi non mi interessa altro che tu mi risponda o affermativamente o negativamente, senza emettere alcun suono\ Con un gesto preciso, la pistola fuoriuscì dalle labbra della donna, tirandosi dietro qualche filatura di saliva che, nel movimento, esplose in alcune gocce. La donna fu presa così alla sprovvista da ubbidire meccanicamente, acquisendo la dura consapevolezza che i castelli che stava costruendo sulla sua solitudine, non erano che sabbia in balia di un'unica onda, grossa e possente. \Da questo momento in poi non vedrai più la pistola,\ la sfoderò dalla bocca \ma tranquilla ne sentirai la voce a ogni tuo tentativo di atti sovversivi. Iniziamo il questionario. Abiti sola?\ La donna non riusciva a far altro che guidare, capiva cosa Nova le stesse dicendo, ma era incantata, riusciva solo a guidare. \Sono realmente dispiaciuta di quanto sta accadendo, ma non mi voglio ripetere, la pistola, col silenziatore, è puntata sul tuo polpaccio, un'eventuale ferita, nel momento in cui non dovessi partecipare al semplice quiz che ti sto proponendo, renderebbe la guida dell'autovettura ancora più complessa\ Nova solleticò la carne della gamba della donna con il foro dell'arma da fuoco. Era gelida, come la sensazione che le scivolò veloce lunga la schiena, svegliandola da quel torpore mentale. La donna annuì. \Adesso portami lì, potresti offrirmi una cioccolata. Ho già guardato la tua residenza dai tuoi documenti, quindi non sono ammessi scherzi\ Benché Nova non conoscesse la città, e il suo inglese profano palesasse il suo essere forestiera, la sua risolutezza insinuò un senso di onnipotenza nella mente terrorizzata della scapola. 'Devo fare in modo da creare il terreno di emozioni forti e fortemente pregnanti, cristalline. Può essere spaventata, ma non deve perdere la lucidità, altrimenti avrei perso solo tempo. Tutto questo è tanto difficile quanto inebriante, mi sento viva, finalmente mi sento viva, fermo di conoscere!' \Di solito a quest'ora ti viene a trovare nessuno?\ Destra e sinistra col capo, la donna rispose negativamente. \Vedi è stato molto breve, è bastato davvero poco, non c'è motivo di spaventarsi, non pensare che voglia rubarti qualcosa, non è mia intenzione. Ho solo bisogno di un luogo sicuro dove rifugiarmi per le mie riflessioni.\ fece una pausa mentre disegnava dei cerchi sulla gamba della donna con la pistola \Hai mai pensato alla fine?\ le chiese dal nulla \Non dico la morte in senso stretto, ma qualcosa di più profondo, qualcosa di più primordiale. Capisco, che allo stato attuale, il sangue nel cervello ti girerà per ben altre ragioni, però penso che sia un argomento fondamentale, che ci tocca tutti e che in questa situazione acquista maggiore pregnanza. Tutto è destinato ad una fine, ci insegnano. Le religioni ci suggeriscono altro. Ma supponiamo che le religioni siano il tentativo di prenderci in giro, come dicono molti, di fuggire all'angoscia del nulla che sommandosi alla predisposizione innata dell'essere umano a farsi piccolo di fronte a ciò che è a lui ignoto. Si, certo, sono supposizioni spicciole, cicliche e probabilmente futili, però è tanto per fare conversazione. È triste stare in macchina con una persona, e non dirsi niente. Due esseri puramente relazionali, dotati di una mente che il risultato di milioni di anni di evoluzione e migliaia di anni di cultura, che si facciano i fatti propri, è abbastanza deprimente, no? Tornando a quanto detto prima, dunque un mondo senza l'ottimismo religioso, di una non fine. In questo scenario la morte corrisponderebbe con la nostra fine individuale. Il nulla, la nostra individualità non è altro che la l'immensa sommatoria di tutti i possibili output della macchina umana. Ogni nostro pensiero, azione, emozione è l'esito di un attivazione delle nostre componenti cerebrali strettamente connesse al nostro corpo. Le macchine vere si possono spegnere e si possono riaccendere, per noi è diverso, nel momento in cui ci spegniamo, non c'è nessun riavvio. Delle nostre esperienze, della nostra storia, della nostra individualità non rimarrà altro che il marchio specifico sulla nostra corteccia cerebrale, un cervello morto e inutilizzabile, che non emette più output. Quanto detto ci porta ad una conclusione: tutto ciò che eravamo e siamo stati, non esiste più. Qui potrebbero venire in mente altre idee ottimiste sul fatto che la materia che ci compone, quando si decomporrà, andrà a far parte di qualcos'altro nel tutto eterno, in natura nulla si crea nulla si distrugge, tutto si trasforma e quant'altro. Però qui la medicina ci viene a rimproverarci, ricordandoci che le cellule del nostro corpo si rigenerano continuamente, e che la materia che ci compone quando moriamo non è la stessa di cui eravamo fatti quando siamo nati. Dunque il corpo altro non è che uno strumento per veicolare le risposte del nostro cervello, un contenitore\ La donna era scandalizzata da quanto una giovane ragazza, nel pieno della sua esistenza, potesse dire, in una situazione come quella che stava vivendo. Le sue parole le provocavano angoscia, perché nonostante fosse incongruente e pressapochista in alcuni punti, risvegliava in lei antiche paure, ciclicamente sempre nuove. Iniziò a tremare. \Il momento in cui esaliamo l'ultimo respiro di consapevolezza è il nostro ultimo frammento di essere, potremmo dire che è l'istante in cui, se ne avessimo tempo, potremmo fare i conti definitivi su ciò che è significato vivere, è il momento in cui non c'è più nulla da conservare dentro di noi, perché non ci sarà più nessun salvadanaio di memorie che custodirà gelosamente ogni cosa. Sarà allora che ci fonderemo col tempo, o meglio diventeremo preda di quel famelico attimo dall'ignobile capacità di contenerci interamente, perché, in quel di ora, tutto quello che avremmo vissuto potrà sovvenirci nella sua ironica piccolezza. E allora saremo soli, possibilmente da poco abbandonati da una sofferenza che ci ha prosciugati tanto da deprivarci anche della capacità di provare dolore\ Le parole erano come percosse, sempre più forti, su un elastico che già da diversi minuti aveva raggiunto la massima estensione. Era la prima esperienza per Nova e non si rendeva conto di quanto stava facendo. La conversazione che stava portando avanti, in altri contesti poteva essere spunto di critica, riflessione, dibattito o derisione. Non capiva che questa era la prima volta che la donna si trovava in una situazione tanto tragica, che era assolutamente terrorizzata, terrore che si insinuava in una situazione personale evidentemente già fragile. Non ce la faceva, non aveva le risorse per affrontare le parole di una ragazza molto più bella e giovane di lei, parole che suonavano come una dichiarazione di guerra a qualsiasi cosa di bello possa esserci nell'esistere. Crollò. Nova era nel bel mezzo della sua esposizione, con l'attenzione focalizzata sulla possibile emergenza di qualsiasi azione arbitraria, il silenzio della donna si protraeva ormai dall'ingresso in macchina, Nova dava poche e veloci sbirciate ai suoi occhi; per questo e per altro, le palpebre della donna riuscirono furtivamente a poggiarsi soffici. La strada dritta e senza ostacoli che accompagnò questo riposo per pochi minuti fu di aiuto alla distrazione di Nova, ma poi il primo semaforo passato col rosso, \Vedo che hai fretta di arrivare. Non esagerare però!\ l'incrocio superato senza prestare attenzione \Guida bene! non voglio fare la fine della mia sorella immaginaria\ e in fine l'incidente inevitabile, senza rallentare contro un passaggio a livello che sembrava abbassato già da un pezzo. \Che diavolo stai facendo vuoi uc..\ Non fece in tempo a finire la frase, che finalmente vide che la donna non era più con lei. L'impatto era ormai inevitabile e nei pochi istanti che le rimanevano, l'istinto di conversazione prevalse su tutto il resto e si gettò dalla macchina. Il veicolo sfondò la sbarra. L'urto smosse la donna, facendole scivolare il piede dall'acceleratore e modificando anche la posizione delle mani al punto da provocare una sterzata. Come risultato, la macchina si fermò precisamente in linea con i binari, quasi come se volesse cavalcarli. Il fracasso della scena fece presto ad attirare l'attenzione delle poche persone presenti (non era una strada molto trafficata), al che Nova ebbe la buon curanza di allontanarsi dal luogo prima che qualche testimone la potesse identificare. Fortunosamente il treno era il protagonista dell'atto, perché quasi contemporaneamente all'irrompere dell'auto sul suo terreno privato, la sua voce stava già avvisando del proprio arrivo. Avevano già avvisato il treno del pericolo che si era appena insinuato sul binario, ma per frenare quanto era necessario per evitare l'impatto, era ormai troppo tardi, non rimaneva che urlarle di spostarsi in tempo. La donna prese consapevolezza, la gente guardava attonita, il treno era lì inesorabile 'Tutto quello che abbiamo vissuto potrà sovvenirci nella sua ironica piccolezza', fu il suo ultimo pensiero.

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