L'inizio

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Ormai sono decisa di ciò che devo fare per poter riavere uno scopo, un buon motivo per continuare questa vita al momento priva di ogni senso. Prendo un vecchio borsone che tengo nell'armadio e inizio a riempirlo con ogni singolo vestito che trovo a portata di mano perché devo essere pronta a qualsiasi evenienza. In realtà non faccio molta attenzione a cosa ci metto dentro, l'importante é avere abbastanza cose che mi permettano di poter nascondere i soldi e ogni cosa preziosa che porterò con me. Faccio un calcolo approssimativo di quanto sarei potuta resistere senza dover per forza lavorare; ho già 5.000 dollari, ottenuti lavorando per anni come babysitter, dogsitter e facendo altri lavoretti qua e là, a cui posso aggiungere tranquillamente tutti i gioielli che mi furono regalati per il battesimo, la comunione e la cresima. Non voglio avere più niente a che fare con la mia famiglia e ciò consiste anche nel liberarmi di tutto ciò che mi era stato dato da loro; almeno in questo caso mi sarebbero serviti a qualcosa, a poter vivere tranquillamente qualche mese in più. Metto tutto nel borsone con una confusione non propria del mio carattere ma ho fretta e non voglio dover sorbire un'ennesima cena in loro compagnia. Al momento stanno sicuramente guardando qualche stupido programma televisivo con mia madre che cerca di cucinare qualcosa di decente, perciò non sentiranno sicuramente il tonfo del borsone una volta che lo avrò buttato giù dalla finestra. Lo faccio immediatamente, senza perdere secondi preziosi o senza farmi venire qualche strano rimorso o pensiero. Io, a differenza del borsone, mi calo dalla grondaia che per mia grande fortuna passa proprio vicino alla finestra e una volta arrivata a metà faccio un bel salto visto che ormai l'altezza non costituisce più un pericolo per me o per le mie caviglie. Una volta toccato il suolo mi metto il borsone a tracolla e mi avvio verso il bosco, sapendo che non mi sarei persa conoscendolo ormai come le mie tasche dal momento che ci ho passato gran parte delle mie giornate. Quando sono ormai sul punto di entrare nella foresta mi rendo conto che non posso partire senza di lui, senza il mio inseparabile compagno di mille avventure e unico vero amico che mi sia mai stato vicino nei momenti difficili: il mio pitbull di 3 anni, Raskos. É bellissimo, tutto bianco con tre enormi macchie nere che gli coprono la pancia e una delle due orecchie, con una lunga coda che usa sempre per scodinzolare ogni volta che mi vede quando torno a casa. Non posso assolutamente abbandonarlo con una famiglia che lo tiene sempre all'aperto, legato con una catena a una piccola cuccia e con la ciotola sempre mezza vuota. Decido così di avviarmi verso la cuccia, sperando che sia bello sveglio e attivo per fare una lunga camminata che ci avrebbe condotti chissà dove; non appena mi avvicino, lui scatta immediatamente verso di me quasi strozzandosi con quella spessa catena che gli circonda il collo. Lo slego immediatamente senza pensarci un attimo, gli allaccio il guinzaglio al collare e insieme facciamo il primo passato verso una nuova vita.

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