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Eccoti lì. Seduta accanto a me sulla poltrona rossa di quell'ufficio leggendario: quello del preside. La scrivania lucidissima e imponente, così tanto che lui, basso com'è, quasi non si vede seduto lì dietro.

Preside Bonfili, quasi sessantacinque anni portati malissimo, cultore dell'ordine e del rispetto. Uno così poteva fare solo il preside, visto che i tempi dell'inquisizione erano finiti.

Farnetica, coi suoi baffi alla Vittorio Emanuele, sul rispetto e sul buon nome del liceo, tu guardi in basso però ogni tanto alzi gli occhi e annuisci. Io guardo a terra ma con la coda degli occhi guardo te.

Non sento nemmeno i suoi rimproveri.

Guardo le tue ballerine nere. Rotei nervosamente le caviglie facendo perno sulla punta.

I tuoi jeans,la tua maglietta rosa,poi con lo sguardo risalgo fino a quei capelli castani e lisci che nascondono l'imbarazzo di quel viso.

Un viso dai lineamenti dolci in fondo.

Un viso che conosco per le volte che mi urli da un millimetro di distanza, per le occhiatacce che mi lanci ad ogni mio punto nelle partite di pallavolo, per la rabbia che ci leggo dentro ad ogni scherzo che a ricreazione ti faccio. Forse mi odi, ma io ti guardo e mi viene naturale.

Non posso farne a meno.

Dov'è finita la tua grinta da diciassettenne ribelle adesso?

Dov'è finita la mia da menefreghista?

Siamo qui adesso. Nella stanza che solo in pochi hanno visto e tra cinque minuti, magari, ci vanteremo che non è niente di speciale quell'ufficio,che il preside è solo un vecchietto decrepito che non riesce nemmeno a scendere dalla sedia ecc...

Invece siamo solo due ragazzi. Luca e Stella.

"....quindi per tre settimane pulirete le aule nel pomeriggio! Insieme!"

Il preside tuona all'improvviso. Tu alzi di colpo la testa. Sei sbalordita.

Io mostro nonchalance. Come sempre. Qualsiasi cosa succeda.

Dopo aver salutato, quasi inchinandoci senza rendercene conto, usciamo.

"Ma ti rendi conto? Per colpa tua devo pulire a terra!"

Sbotti, con quella tua aria da pariolina snob, appena raggiunta una ragionevole distanza dall'ufficio degli orrori.

"Era solo una pallonata! Non è colpa mia se il tuo fondoschiena si trovava in traiettoria"

Mi spiego riferendomi all'episodio che ci ha fatto finire sul patibolo.

"Sabatini, vaffanculo!" mi dici inviperita.

"Ok, scusa... E poi non me ne frega una mazza di pulire in terra! Anzi non me ne frega una ramazza..." dico ridendo da solo.

Tu ti fermi e mi guardi. Mi guardi con quegli occhi marroni grandi.

Mi odi. Adesso ne ho la certezza.

Mi odi perché sono irritante, impertinente, sconsiderato.

Eccoci qui. Io e te sul gelido pavimento dell'ufficio del preside con un pennarello in mano. Lascio cadere l'arma del delitto, ti prendo per mano e distesi guardiamo quel capolavoro.

Insensato? Forse.

Immaturo? Perché no?!

Necessario? Assolutamente si.

E' nostro.

Un segno indelebile in quel luogo che in qualche modo ci ha uniti.

Giro la testa verso di te e mi tuffo nella dolcezza delle tue labbra.

Improvviso. Inaspettato. Spontaneo.

Come la prima volta che ti ho baciato nell'aula della 5^ F, al terzo piano. Era gennaio e scontavamo la nostra condanna quel pomeriggio.

Ero con la scopa in mano, tu eri girata e di tanto in tanto ti davo colpetti di ramazza sul fondoschiena. Le tue occhiatacce di risposta le adoravo.

Mi sono avvicinato e ti ho sfiorato le labbra.

Le sognavo, forse da sempre, ma avevo trovato il coraggio solo quel giorno.

Credevo mi saresti venuta dietro urlando e agitando la scopa in aria, minacciando di levarmi dal mondo.

Invece hai risposto al bacio. La tua mano destra lasciò cadere rumorosamente la scopa e salì ad accarezzarmi i capelli.

Proprio come adesso. Un anno dopo ancora io e te.

Luca e Stella. In questa scuola, in quest'ufficio. Adesso, sempre.

Eccomi qui. Impalato a bordo di una piscina in una casa che non conosco ad una festa che continua senza di me. Senza di te.

Ci saranno più di mille ragazzi che festeggiano il loro diploma.

La birra scorre a fiumi. Molti sono in costume o comunque poco vestiti.

Uno schizzo di acqua mi arriva sulla camicia, Matteo della 5^F ha fatto uno dei suoi tuffi. Pesa 100 chili ed è altro 162 cm.

Un tuffo-botte, praticamente.

Me ne frego e continuo ad osservarti.

Continuo a guardare il tuo nervoso ancheggiare, che si fa sempre più lontano. I tacchi ti hanno sempre donato.

Scappi via ed io non riesco a correrti dietro.

Non hai detto nulla. Non è da te. Aggressiva, prepotente, forte come sei.

Solo uno schiaffo. Uno solo sulla mia guancia.

Poi i tuoi passi svelti su quel selciato.

I capelli lunghi che svolazzano in una notte di luglio.

Due lacrime nere di mascara, che immagino ma non vedo, ti rigano le guance.

Claudia ti viene dietro non prima, però, di avermi lanciato uno sguardo tipicamente femminile. Uno di quelli che ti mettono a disagio sempre. Quello a cui paragonerai tutti gli altri sguardi di questo tipo.

Uno sguardo che parla da solo: Sei-Un-Coglione!

Vai via con lei. Con l'amica di sempre.

Brucia ancora quello schiaffo, e non parlo dellaguancia.






******Salve a tutti! Questo è il mio primo tentativo letterario.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate....

Accetto consigli e critiche ;-)

A presto!***************

Lampo di vitaWhere stories live. Discover now