Capitolo due

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Quando riaprii gli occhi su di lei c'era un piano di metallo grigio e nient'altro,soltanto buio e freddo, non riuscii bene a capire dove si trovasse finché non si mise seduta: era in un furgone; improvvisamente ricordò il fumo, l'urlo di Tate, di scatto si girò e vide dietro di lei Ruth abbracciata al fratello e si tranquillizzò, poi si rese conto di avere ragione in quanto il fumo era servito per spostarli, chissà dove, sperò che non li portasse in una fossa comune. La maggior parte dei ragazzi dormiva ancora, solo May era sveglia dall'altra parte del furgone, le aveva sorriso leggermente e poi aveva appoggiato la testa al panello. Ellen avrebbe voluto parlarle, ma si rese conto che forse non era quello che voleva anche May, così la imitò e si appoggiò anche lei alla parete interna del furgone. Dopo poco il ragazzo accanto a lei si svegliò: era quello che si era vantato di essere un ladro provetto. Aveva i capelli neri con dei riflessi nel rossiccio, almeno così le sembrava, occhi a mandorla di un intenso grigio, il suo viso era allungato e scavato e aveva un naso aquilino,era magro, molto magro e alto, ora che ci pensava ad Ellen sembrò proprio che lui avesse il profilo del ladro. Notò che aveva un tatuaggio sull'avambraccio: un piccolo teschio, però non le sembrava uno di quelli che facevano paura, le sembrava addirittura carino. - Hey tu, dove siamo ?- le chiese con fare sgarbato. - Non lo so, ci stanno spostando.- - Bene, ero stufo di quel posto. - - Da quanto tempo eri li ? - - Una settimana. - Ellen avrebbe voluto dire qualcos' altro, voleva chiedergli come era arrivato lì, se sapeva perché quale ragione li avessero presi, se aveva qualche informazione, ma non riuscì a fargli nessuna domanda, era come se lui la intimorisse in qualche modo. Dopo poco però fu lui a parlare: - Sono August. le disse facendogli l'occhiolino.- - Io sono E ... - - Lo so chi sei, - la interruppe lui - Ellen Welland giusto ?- Ellen annuì, era lui il ragazzo a cui si riferiva Ruth, quello che si era schierato dalla parte di Adelaide, avrebbe dovuto capirlo, infondo non le sembrava proprio che uno dei gemelli avesse avuto problemi al riguardo. Rimase in silenzio ancora per un po', solo in tre si erano svegliati fino ad adesso, si chiese vagamente il perché ,poi si fece coraggio dicendosi che era solo un ragazzo e gli chiese - Allora August come sei finito qui? - - Ero nella macchina della polizia, poi abbiamo sentito dei rumori... i poliziotti sono scesi a vedere e poi io mi sono ritrovato in quel seminterrato con un bel bernoccolo in testa, mi fa ancora male a dirla tutta, devono avermi colpito con qualcosa di pesante.- - Perché eri nella macchina della polizia ? - - Te l'ho detto, sono un ladro. Gli rispose di nuovo facendole l'occhiolino. Quella cosa la irritava, le sembrava che la stesse prendendo in giro, cosa diavolo gli faceva far chiudere l'occhio ogni due parole? Che nervi.- - Bene, e cosa stavi rubando ? - Lui gli fece un ampio sorriso, cosa che Ellen trovò di nuovo irritante, ma era meglio dell'occhiolino, poi come se fosse stato l'uomo più felice sulla terra per quella domanda incominciò a raccontare - Allora, ero appena riuscito a staccare l'allarme, dopo una serie di manovre che onestamente erano alquanto complicate, ero entrato e stavo iniziando a fare un bel giro della casa per vedere cosa c'era di valore e cosa potevo portare con me, ero tranquillo, i proprietari erano in vacanza e l'allarme non aveva suonato, ma una stupida bambina mi aveva visto entrare e così poco dopo è arrivata la polizia. Tutta colpa di quella bambina! sarebbe stato proprio un bel colpo. - Ad Ellen sembrò quasi che non stesse nemmeno più parlando con lei, ma che stesse semplicemente rivangando quello che sarebbe stato un vero affare. - Devo dire che però essere stato rapito mi ha salvato dalla polizia. Sono stato fortunato.- - Se la vuoi mettere così. - - In che senso ? - - Beh siamo stati rapiti e non sappiamo che ci aspetta, potremmo anche morire in maniera orribile, preferisco il carcere. - - Forse.- Disse lui facendole di nuovo l'occhiolino cosa che la strizzò per l'ennesima volta. - Perché noi ?- Ellen fece quella domanda più a se stessa che a lui e se quel posto non fosse stato così silenzioso forse non si sarebbe nemmeno accorta di averla fatta a voce alta. - Perché noi, cosa ?- - Perché siamo stati presi proprio noi. - Gli rispose Ellen cercando di vedere l'espressione del suo viso, anche se in quel camion non entrava molta luce, non avrebbe saputo nemmeno dire se era giorno o notte. - Non so perché hanno preso te, ma avranno sicuro preso me per la mia grande bellezza e immensa bravura.- - Sei sempre così spiritoso tu ? - - E chi ha detto che stavo facendo dello spirito ?- Ellen lo guardò in maniera torva e lui le sorrise di nuovo. Adesso né era sicura il suo sorriso la stizziva, era davvero insopportabile quell'atteggiamento di "nulla mi può scalfire e tutto si può risolvere con un sorriso" Facendo quei pensieri la sua faccia aveva di sicuro assunto una espressione accigliata tanto che lui le disse: - Non ti hanno mai detto che sei una ragazza davvero noiosa ? - - E a te non hanno mai detto che sei un tantino insolente ? - - Solo un tantino ? Ero convinto di esserlo tanto. - Ellen non diede corda a quella frecciatina e si girò nell'altra direzione, le sembrò di intravedere Tate che si era ormai svegliato accarezzare i capelli della sorella che era tra le sue braccia. Le sembrò una scena davvero tenera. Tate aveva girato la testa nella sua direzione e i loro sguardi si erano incrociati, Ellen gli aveva sorriso, ma Tate non aveva accennato nessun gesto e dopo poco ritornò a occuparsi di sua sorella. Ellen rimase in silenzio appoggiata al furgone per un po', fino a quando il suo stomaco glielo permise, dopo poco infatti iniziò a brontolare. Aveva fame, non mangiava da un giorno intero e non faceva altro che desiderare qualcosa di commestibile da mangiare, qualunque cosa: avrebbe divorato perfino un isalata di cipolle e lei odiava le cipolle. Il suo stomaco continuò ancora a brontolare e sperò tanto che lo sentisse solo lei, ma non fu così. Infatti una risata da parte di Agust la colse di sorpresa . - Il tuo stomaco cerca di dirti qualcosa a quanto pare.- Ellen non fece caso al suo tono ironico e disse - Ho molta fame-. August si frugò nelle tasche e poi tirò fuori una caramella frizzante all'arancia: - Tieni è tutto quello che ho.- Ellen la prese lentamente dal suo palmo e molto sorpresa chiese -Perché me la dai ? - - Diciamo che non gradisco l'arancia.- - Grazie. Gli fece un sorriso e poi aprii la caramella e la mise in bocca così velocemente che era sicura che nessuno sarebbe riuscito a vederla anche se non fosse stato così buio. La tenne in bocca il più possibile per evitare di finirla subito. Purtroppo però tutto finiva: è il corso naturale delle cose. La madre le ripeteva sempre che non a tutto c'era un inizio, ma c'era sempre una fine. Questa ti seguiva ovunque, qualunque cosa tu facessi, qualunque cosa tu amassi prima poi si concludeva, a volte molto prima di quanto immaginassi avresti messo una fine a quella parte della tua vita che invece pensavi eterna. Le ripeteva sempre "Mia cara Ellen, nulla è eterno, il per sempre non esiste, è solo quello che si racconta ai bambini ". A volte si chiedeva se la madre si rendesse conto che anche lei era una bambina, ma quelle volte che glielo faceva notare le rispondeva semplicemente " Ma tu sei speciale" e poi le depositava un leggero bacio sulla fronte. Adorava quando la madre faceva affermazioni strane, o per così dire filosofiche, il tono della sua voce cambiava, diventava più dolce, non era più autoritario come la maggior parte del parte del tempo, i suoi occhi si illuminavano e ogni volta sembrava felice, era diversa, riusciva a scorgere in lei un lato di sua madre che non conosceva, lo stesso succedeva quando recitava a voce alta i versi di Shakespeare o di qualunque altro scrittore o poeta, era una vera letterata sua madre. Ogni volta che stava per sparare una delle sue grandi frasi la chiamava, la teneva stretta fra le sue braccia e iniziava a parlare; anche se la maggior parte delle volte non riusciva a capire le sue perle di saggezza, avrebbe fatto di tutto per stare tra le sue braccia e ascoltarla. Ricordò che una volta quando aveva otto anni aveva chiesto ingenuamente alla madre " Mamma come è possibile che tutto abbia una fine, ma non un inizio? Se c'è la fine deve esserci anche l'inizio, è per forza così. " Ricordò che la madre rise e poi disse " Tesoro mio, la fine è una cosa certa e una cosa sicura, l'inizio non è mai certo, è sempre sfumato, non si riesce mai a cogliere il momento esatto in cui qualcosa inizia, è come se fosse sfuggente, ma in realtà non lo è, il fatto è molto più semplice, non esiste un vero è proprio inizio, ci sono solo tante sfumature da cui comincia qualcosa, la nascita poteva avvenire da una qualunque di quelle sfumature, invece per la fine c'è un unico canale, unica strada. Adesso capisci ? " Ellen ricordò che avrebbe tanto voluto rispondere di si, ma in realtà lei non aveva capito un bel niente perciò non le rispose e si alzò senza dire nulla, quando stava per uscire dalla stanza come se sua madre avesse ben capito che sua figlia non avesse inteso quello che aveva detto le chiese " Sai dirmi come è nato il mondo Ellen? " lei felice di saper rispondere a quella domanda perché la maestra glielo aveva spiegato proprio quel girno disse tutto orgogliosa " Certo! con il Big Bang, una grande esplosione da cui è nata la Terra", la madre le sorrise e poi chiese " E lo sai precisamente quando è avvenuta e come è successo ?" " Non si sa, perché ancora non l'hanno scoperto" La madre fece un grande sorriso, era proprio a quel punto e a quella risposta che voleva arrivare e infatti disse "E mai lo scopriranno, come ti dicevo Ellen l'inizio è una sfumatura. " Dopo di che senza aspettare risposte si alzò e andò a lavare i piatti, era quella la particolarità di sua madre, non sapevi mai che cosa le passasse per la testa: un minuto prima era immersa in una loquace e interessante conversazione e l'altro era nel più assoluto silenzio dei suoi pensieri. Quando era piccola era convinta che crescendo avrebbe capito il significato delle affermazioni di sua madre,a volte qualcuna le ritornava in mente e le sembrava di coglierne un senso che non aveva mai visto prima, a volte era certa che quelle perle di saggezza l'avrebbero accompagnata fino a tarda età. Si immaginava lei novantenne che dopo tanti anni finalmente capiva il senso di quelle frasi, infondo era felice di questo perché così in qualche modo sua madre sarebbe sempre stata con lei. Quando ingoiò la caramella, la situazione era identica a prima e dopo pochi secondi il suo stomaco riprese a brontolare. August si mise a ridere: - Vedo che il tuo stomaco non ne vuole sapere. - - Prima o poi succederà anche a te e poi voglio vedere se avrai tanta voglia di ridere.- Poi una domanda le balenò, lui era lì da più di una settimana, doveva essergli già successo, perché non aveva fame ? Anzi perché tutti li non l' avevano ? Nessuno di loro sembrava deperito e alcuni di loro erano lì da anche da più di una settimana, come avevano fatto ? Forse davano loro da mangiare ? Quindi avevano visto il loro o i loro rapitori ? Era stufa di chiedersi queste cose quando c'era lì vicino August che poteva risponderle perciò chiese - Senti un po' tu, in questa settimana sei rimasto a digiuno ?- - Certo che si. Cosa pensi, che il cibo cresca sulle pareti ? - Gli fece di nuovo l'occhiolino. La stava prendendo in giro o era serio ? Uffa, quel ragazzo era davvero irritante: era mai possibile che non potesse rispondere ad una domanda in maniera semplice,concisa e soprattutto sincera ? Le stava proprio facendo saltare i nervi. - Ladro dei miei stivali, smettila di prendermi in giro e rispondi alla mia domanda.- August scoppiò di nuovo a ridere: - Ladro dei miei stivali ? Da dove ti è uscita questa ? Poi mi sembra che tu non porti gli stivali, vedo delle converse o sbaglio.- - Vuoi rispondermi o no ? - - E va bene, pulce dei miei stivali.- Ellen lasciò perdere la sua stupida battuta e lo guardò solo con aria di superiorità, l'espressione che gli riusciva meglio e aspettò che lui continuasse. - Se proprio vuoi saperlo, ebbene si ,non siamo rimasti a pancia vuota, e devo dire che il cibo non era nemmeno tanto male, meglio di quello della mensa dei poveri. - - Mangiavi alla mensa dei poveri ? No, aspetta, chi è che vi portava i cibo ? Era il rapitore? era un uomo o una donna ? O entrambi ? - - Ohi stai calma, una domanda alla volta.- -Beh, allora vuoi rispondere a qualcuna ?- - Non abbiamo mai visto chi ci ha rapito, chiunque sia faceva passare dei vassoi dal condotto dell'aria.- Ellen stava per dire qualcosa, ma lui la bloccò prima che potesse dire altro: - Era troppo piccolo per passarci, ci abbiamo provato. - Ellen lo guardò stupita e lui disse - Non era questo che volevi chiedermi ? - - Si, come lo hai capito ? - - Non hai nulla di misterioso, mia cara Ellen, sei limpida come l'acqua cristallina.- Ellen rispose al commento con una domanda - Perché mangiavi alla mensa dei poveri ?- August alzò le spalle e fece spallucce poi cambiò posizione e chiuse gli occhi. Ellen capì che non avrebbe avuto risposta a quella domanda, perciò non replicò e chiuse anche lei gli occhi. Non aveva sonno, ma non c'era un granché da fare, i ragazzi svegli erano immersi nei loro pensieri e non spicciavano parola e altri dormivano ancora, forse quel fumo, qualunque cosa fosse, su di loro aveva più effetto. Non sapendo cosa fare si mise ad osservare la poca luce che entrava dalle fessure di quel che per lei era una sorta di autocarro, anche osservandola non avrebbe saputo dire se quella luce era solare o proveniva dai lampioni della strada che stavano percorrendo. Quel gioco di luce fu per Ellen una sorta di ipnosi e ben presto la costrinse a chiudere gli occhi. Dopo poco il furgone sbandò c osi forte che Ellen si svegliò nel momento in cui stava facendo un bel volo dall'altra parte. Andò a sbattere la testa contro la parete il che le procurò un bernoccolo in testa non indifferente. Era andata a finire fra May e Tate, quest' ultimo non si occupò minimamente di lei si spostò semplicemente più in la in modo che potesse sistemarsi al suo nuovo posto, ma per fortuna May fu gentilissima come al solito e prontamente le chiese: - Stai bene ? Ti sei fatta male ? - - Un po' ma nulla di grave.- - Meno male.- Ad Ellen sembrò quasi che May tirasse un sospiro di sollievo e la cosa la rese stranamente felice. Infondo si era preoccupata per lei. Si rese conto che di May non sapeva praticamente nulla a parte il suo nome ed era piuttosto curiosa, o meglio, voleva semplicemente stringere amicizia con lei, cercò un qualunque modo per attaccare discorso, ma non le veniva proprio nulla, poi ripensò al tatuaggio. - Ho visto il tuo tatuaggio... è un fiore davvero particolare.- - È un fiore di loto-. - Come mai lo hai tatuato ?- - Una storia lunga.- Ellen capì che la sua compagna era tanto gentile quanto riservata, ma non demorse, era in un camion che la stava portando chissà dove, forse verso la morte, non voleva passare gli ultimi attimi della sua vita in silenzio a contare le pecore, chiacchierare e sentire le storie degli altri era una maniera molto più divertente di trascorrere il tempo, perciò senza peli sulla lingua disse: - Beh non c'è niente altro da fare che sentire una storia lunga -. - Piacevano a mia madre-. Questa fu la sua risposta, Ellen pensò che non era una storia poi così lunga, aveva detto tre parole,pensò di dirglielo, ma poi si rese conto che aveva parlato al passato, sua madre non c'era più, e quindi preferì tacere. Ma comunque non demorse, infondo era testarda, un qualità che secondo sua madre doveva aver preso dal padre. - Allora May come ci sei finita in quello scantinato ?- -Suppongo che non accetti una storia lunga come risposta.- Ellen scosse il capo e May ridacchiò - Allora, vediamo, avevo appena sellato il mio cavallo Porthos e stavamo ancora andando al passo, quando improvvisamente si è spaventato per qualcosa, e mi ha disarcionata, ricordo di essere caduta e quando mi sono svegliata era da sola nello scantinato.- - Deve essere stato terribile trovarsi da sole in quel posto, dico, tu sei la prima ad essere finita lì.- - Si, non avevo nessuna idea di cosa fosse successo, ho pensato che stessi sognando, sentivo di aver perso il senso della realtà.- - Per quanto tempo sei rimasta sola ?- - Un paio di giorni subito dopo sono arrivati i gemelli e poi Adelaide.- - Quanto tempo è passato May ?Da quanto sei stata rapita?- - Tre settimane più o meno. In quella risposta Ellen si accorse che il filo della sua voce si era leggermente abbassato ed era piuttosto malinconico.- - Quindi tu cavalchi. Ellen cambiò argomento nella speranza di rallegrarla e in effetti fu così perché quando iniziò a parlare le brillarono gli occhi.- - Si, da sempre praticamente. Mio padre è un istruttore ed è il proprietario del maneggio, lavoro li tutte le estati da quando avevo sei anni. Porthos me lo hanno regalato quando ne avevo quattro, era appena un cucciolo. Adesso è magnifico-. - Ti piacciono davvero tanto i cavalli. Di che color è il manto di Porthos ?- - Nero, è tutto nero senza nessuna sfumatura di colore.- Ellen stava per chiederle il perché di quello strano nome, ma prima che potesse formulare la domanda il camion sbandò di nuovo e stavolta però la fece cadere di lato verso Tate che a sua volta cadde sul portellone che forse per la spinta o forse perché non era stato chiuso così bene si aprii.

Angolo Autrice

Allora questo è il secondo capitolo. Cosa dire ? Questa è la prima storia che scrivo su wattpad, spero vivamente che qualcuno la legga e che mi lasci piccoli commenti con consigli e opinioni. Un bacio e grazie per aver letto il capitolo <3

Gladii Domina - Padrona della SpadaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora