Eros e Tanathos. Conflitto.

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Se la mente le diceva che era la cosa giusta da fare, il cuore le proponeva di fuggire. Era un conflitto eterno quello di Lucem, ma non lo dava a vedere.
Quel giorno, però, si sentiva agitata più che mai, come se nulla fosse al posto giusto.

I primi raggi di un pallido sole primaverile andarono a posarsi con delicatezza sulle coperte, fino a spostarsi sul suo volto.

Era ora.

Con un tempismo perfetto, la porta della sua stanza venne aperta con foga, di modo che Annette, Bridget e Lohana, le sue personali cameriere, entrassero nella stanza.

Da lontano arrivò la voce alta e certamente non soave della madre, che, nel mentre, impartiva ordini a questo e a quello.

- "Cara! Alzati dal letto, su! Oggi è un giorno importantissimo!"

Dopo averle posato un delicato bacio sulla tempia, si diresse verso i finestroni, aprendoli di colpo.

- "Un po' d'aria fresca ti farà bene. Non hai avuto un sonno tranquillo? Hai un aspetto orribile."

La ragazza si limitò ad un suono basso e ben poco femminile in risposta, segno che non era dell'umore adatto per parlare.

Era il giorno antecedente al tanto atteso matrimonio.
Le due famiglie più importanti dell'intera America Centrale, una delle quali era proprio quella di Lucem, stavano per unirsi.

Più che un matrimonio sembrava un contratto d'affari: gli avvocati rappresentanti le due parti avevano già stipulato un contratto matrimoniale, i relativi capostipiti si accordavano continuamente su ipotetici e proficui accordi, il quasi novello sposo aveva già suddiviso le quote di ogni stabile.

Lucem si sentiva più una vittima sacrificale che una sposa entusiasta della propria unione.

Conosceva Dylan dall'infanzia, avevano frequentato le medesime scuole e altrettanti luoghi, uscivano con le stesse persone; di certo poteva definirlo un punto stabile. Le dichiarò il suo amore quando entrambi avevano solo dodici anni, e nel tempo non aveva mai cambiato idea, ma lei si. Se, da adolescente, era convinta di esserne innamorata, da adulta aveva compreso che era la semplicità delle circostanze ad averla avvicinata a lui. I genitori felici, il benestare da parte dei futuri suoceri, gli affari a gonfie vele.

Non è che non volesse bene a Dylan, semplicemente lo vedeva come un buon amico, ovvero un infallibile socio in affari. Era geniale, ambizioso, degno del ruolo che ricopriva; in privato era altresì cortese, galante, addurittura dolce. Eppure ora riusciva solo a vederne i difetti, non riusciva a capacitarsi del fatto che, dal giorno dopo, sarebbe stata la sua consorte.

- "Sarà il matrimonio del secolo, cara! Verranno personaggi incredibili, la nostra visibilità salirà alle stelle, sarà un evento indimenticabile! Vedrai, sarà tutto come nei tuoi sogni!"

- "Forse come nei tuoi, mamma. Sai bene che io non amo Dylan, te l'ho ripetuto innumerevoli volte."

La madre bloccò il suo frenetico chiacchiericcio, e guardò sua figlia con un velo di malinconia. Anche lei, molto tempo prima, si ritrovò in una situazione simile. L'unica differenza era che lei e il marito non avevano neanche un centesimo, avevano dovuto costruire tutto da soli, dal nulla.

- "Lucem, è un buon compagno, sia nella vita privata che in azienda; vi conoscete da sempre, siete sempre stati insieme. È normale vacillare dopo tutti questi anni! E poi quale sposa non soffrirebbe d'ansia il giorno prima delle nozze?"

Doveva dirlo, non poteva accondiscendere ai suoi voleri, così come non avevano fatto i suoi genitori tempo addietro. Se avesse scelto lei, avrebbe scelto col cuore, e si sa che quest ultimo porta alla rovina.

- "Come volete voi."

Ogni volta la sua freddezza era una piccola stilettata al cuore. Non l'avrebbe dimenticato quel giorno, mai. Per quanto tempo aveva maledetto i suoi? Per tanti, tantissimi anni. Non avrebbe retto un rancore così lungo, ma doveva esser fatto, o il destino l'avrebbe distrutta ancor prima di farla vivere.

- "È per il tuo bene, piccola mia. Un giorno capirai."

Ma Lucem era già uscita dalla stanza. Visto che i suoi genitori non volevano desistere, era arrivato il momento di ultimare i preparativi per le nozze, e il tempo che ci si impiegava era infinito.

Tra abito, estetista, scelte di ogni tipo ed esaurimento mentale, la giornata era volata via in un soffio.

Lucem si trovava ora, stremata, finalmente nella sua stanza. Gli occhi umidi si posavano su ogni oggetto appartenuto, accarezzandone le forme e i colori, associandovi innumerevoli ricordi.

Tra i tanti uno spiccò nell'immediato: la pietra di Giada. Quando la trovò nella stanza della madre, la donna gliela donò volentieri, confidandole che oltre ad essere una pietra di rara bellezza, era il simbolo della testardaggine per via della sua durezza - peculiarità che la madre le attribuiva.
Da quel giorno non se ne era mai separata, ricavandone addirittura, da una piccola parte, un ciondolo che portava sempre al collo.

Lei si raffigurava in essa, amava quel verde che sapeva di speranza e libertà, agognava di poter essere dura da scalfire, così come lo era l'oggetto.

Venne distratta dai suoi pensieri per via di un fruscio proveniente dalla radura davanti al finestrone, così andò a controllare, ma non trovandovi nessuno tornò a letto, preoccupata.

Se fosse fuggita, l'indomani, i suoi l'avrebbero mai perdonata?

Saaalve! A voi il primo capitolo! Ho deciso di metterlo per due semplici motivi: il primo è che ho in testa l'elaborazione di questa storia da mesi, il secondo è che volevo scriverlo.
La mancanza di opinioni mi lascia nel dubbio! Non sono in cerca di voti, ma di pareri sinceri, perciò rinnovo l'invito e...come va, va! :)
À bientôt!
Naïve

P.s. Quella in alto è Lucem. Ho utilizzato come prestavolto la magnifica Megan Fox :)

Lucem - The Prince  ~  Libro I (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora