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L'ultimo volo per Londra prima dello sciopero imminente era proprio il vostro, e i motori del boeing fremevano dalla voglia di scaldarsi un pochettino. Così saliste in fretta, privi della dovuta preparazione psicologica, e salutaste il suolo patrio senza grande attenzione e senza quei tipici sventolii di fazzoletti che si vedono nei film sui transatlantici. Tu reggevi il tuo inseparabile invicta prime west ruck e guidavi il gruppetto formato da quella testa depressa di Schopenhauer e da quel romanticone perso del Bardo. Schopenhauer sfoggiava un taglio estivo quasi naziskin che assommato al suo metro e settantotto e al naso da pellicano e ai minuscoli occhi neri gli dava un'aria inquietante e vagamente horror. La camicia larga e abbondante era di quelle in dotazione ad Alcatraz, sicuro. Il Bardo invece era pettinatissimo, con la solita riga al millimetro e l'aureola d'igiene indiscutibile. Avresti scommesso che si metteva un tocco di eye-liner per far risaltare i famosi occhi verdi, e un sottopiede speciale per superare la soglia dei centosettanta centimetri. Veniva chiamato Bardo da quando sul bollettino scolastico era apparsa la sua poesia Zig-zag di zampe di zanzara.

Vi conoscevate da una vita, eppure avevate tutti l'impressione che il vostro primo viaggio insieme vi avrebbe svelato più cose di diciott'anni d'amicizia. Sempre che foste riusciti a sopportarvi. Sapevate essere tutt'e tre molto insopportabili.

"Dimenticala. Si parte verso qualcosa di nuovo", avevi asserito, riferendoti alla foto che il Bardo stringeva in mano, dono recente della sua Musa con quel di più apportato dal bacio impresso col rossetto, da una dedica commovente e da tre gocce di pianto col suo marchio registrato.

E subito Schopenhauer s'era sentito chiamato in causa, cosa che gli succedeva molto spesso, da quando era stato mollato dalla sua Prediletta: "Non posso dimenticarla, lo sai. E' come dimenticarsi il giorno della Prima Comunione".

Non era il caso di dirgli né che non stavi parlando con lui, né tantomeno che il giorno della Prima Comunione per te era stato il più noioso dell'Infanzia Intera e te lo saresti dimenticato volentieri. Ora partivate. Il resto non doveva avere alcuna importanza.

Solo nel momento in cui sedendoti guardasti fuori dal finestrino, solo allora t'accorgesti che stavi per volare per la prima volta in vita tua. Nel cie-lo! So-speso in a-ria! Senza poter scendere in al-cun mo-do! Se non ci fosse stato Schopenhauer a ricordarti ch'esisteva qualcosa di peggio, saresti scappato immediatamente e ti saresti scordato quella vacanza che aveva già riempito interi pomeriggi per la programmazione sistematica.

(Il tuo io più ansioso l'aveva preteso. Avevate un intero manuale già scritto, o quasi.)

Poi, il decollo avvenne dolcemente, e tu ne fosti lietissimo. Non fu così per i tuoi compari, invece. Il Bardo si mise inspiegabilmente a piangere, forse preso da un attacco di panico o forse pensando alla sua Musa lontana lontana. E Schopenhauer continuava a mantenere un'aria terribilmente funebre, tipo quei becchini rattristati dalle nuove scoperte farmacologiche. Che gente. Invece di saltare di gioia, rovinavano tutto e se ne stavano zitti come cipressi. Per due donne neanche troppo speciali, oltretutto. Stupidi. Tu, almeno, eri libero, e non appena arrivato ti saresti buttato in uno slancio vitale alla Bergson.

Per ora, ti limitavi a rileggere per la milionesima volta qualche pagina del vecchio J.D. e del suo celebre creaturo, anche perché la foto della Musa del Bardo era davanti ai tuoi occhi almeno da un'ora, e cominciavi ad avvertire una certa saturazione. Eri arrivato al punto in cui Holden Caulfield non riesce a proseguire la lettura del suo libro per colpa di quell'amico rompiballe, e già ti compiacevi del fatto che almeno i tuoi silenziosi compari ti lasciavano un po' in pace, ché dopotutto ci tenevi molto alla cultura pop necessaria. Ogni tanto giravi gli occhi di trenta gradi, casomai la foto fosse sparita, e inevitabilmente t'imbattevi nelle braccia grassottelle della Musa, o nei suoi capelli allo shampoo rigenerante, o nelle sue gambe occultate da jeans extralarge. Una foto ben orrenda, ai tuoi occhi.

Schopenhauer, invece, preferiva guardare il cielo dall'alto, e pensare forse d'essere in paradiso coi troni, coi cherubini e con tutti quelli lì. Si vedeva lontano un miglio che non era giornata, ed era meglio lasciarlo coi suoi foschi pensieri. Eppure, di colpo, quasi spaventandovi, se ne uscì col più grande indovinello dai tempi della Sfinge: "Lo sapete perché non ho voluto andare in famiglia?"

"Perché temevi che ci fosse la solita figlia minore pronta a stuprarti?" ridacchiò il Bardo, controllando nel riflesso del finestrino se ogni capello era al suo posto.

"No, perché temevo di dover dividere il cesso con un puzzone di prima categoria. Ad Ale è successo, l'altr'anno. Entra in bagno, tranquillo, e a momenti sviene. Pensa che disdetta, se ti capita della gente così..."

Mai parlare di argomenti simili al Bardo. E' l'unico momento in cui si risveglia dal suo mondo caramellato, dimentica pure le fotografie artistiche, e parte sgommando: "Pensa allora cosa dovrebbe dire Alfredo... Da quando va all'università divide l'appartamento con altri tre ragazzi. Uno di questi fa volontariato, e pulisce il culo ai vecchi, così non la sente più, la puzza, si è come dire abituato, e quando il nostro amico Alfredo va in bagno, lui entra tranquillamente..."

"No..." si stupì Schopenhauer.

"Già, entra e quasi quasi annusa. Te la immagini la scena? Alfredo seduto sul cesso coi pantaloni giù e tutto il resto, e quell'altro maiale che sta lì a parlargli di quel che mangeranno a cena, oppure dell'esame di estetica..."

"Non sarà mica omo?"

"No, ma scherzi? Parlano anche di donne, là dentro."

Molto poetico. Per fortuna, eri assorto nella tua sollazzevole lettura, e sembravi esser diventato l'asociale del gruppo. E un po' era vero, almeno finché si parlava di escrementi umani. Ci sono poche cose che possono rovinarti la digestione per settimane, eppure quello era un vero inno alla dispepsia e all'abuso di amaroantonetto.

Comunque.

Il vecchio Holden era alle prese con la minuziosa descrizione del guantone da baseball del fratello defunto, e tu pensavi d'essere nel college insieme a lui e non più su un boeing sospeso a chissà quali altezze. Lo pensasti almeno finché il tuo occhio destro non decise di distrarsi e tornò sulla triste traiettoria della foto della Musa a colori. A quel punto non so cosa scattò nella tua testolina, ma la tua mano afferrò quel piccolo totem bidimensionale e lo moltiplicò.

In mille pezzetti.

"Guarda che cazzo hai fatto!", piagnucolò il povero Bardo. "Guarda!", era decisamente colpito nel profondo. "Sei proprio un bastardo, ecco cosa sei! Un bastardo! Ha ragione, la Giulia..."

Oh oh. Cazzo ne sapeva il Bardo della Giulia? Eppure l'avevi tenuta ben nascosta, quella vicenda, per non compromettere stupidamente la tua Immagine. Però, la Giulia. Oltre ad essere una troietta di periferia, era pure una pettegola di prim'ordine. Se lo sapeva il Bardo, lo sapeva di sicuro tutta la Regione Piemonte.

"Cosa sai di Giulia?", cercavi di mantenere un'aria serena, ma eri sconvolto e d'improvviso t'eri pure ricordato di essere al tuo primo volo.

Bambole cattive a Green ParkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora