Prologo

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L'estate dei tuoi diciott'anni stava lentamente scivolando sulla pista di Heathrow, e il rombo dei motori copriva le poche parole del Bardo e si faceva sempre più forte, tipo un commento sonoro voluto dal regista per ottenere quella giusta tensione prima del ritorno a casa dei protagonisti (che, effettivamente, erano ancora piuttosto scossi per i fatti degli ultimi giorni e forse non erano ancora giunti in prossimità degli agognati titoli di coda).

Tu, allora, t'eri ficcato le cuffie del walkman negli orifizi auricolari, cercando di pensare il meno possibile all'infausto futuro prossimo venturo e convincendoti ch'era stato solo un gioco destinato a finire presto come una normale partita a Cluedo.

Eppure eravate partiti in tre, e tornavate in due.

(Senza preavviso, persino.)

Che le coronarie di certi parenti sarebbero state presto messe a dura prova, era un fatto più che sicuro, ma voi non potevate farci niente, e reclinando un po' il sedile ergonomico sorseggiavate una fanta offertavi dalle graziose mani di una hostess piuttosto carina, ancorché troppo venticinquenne troppo alta troppo british per cagarvi un pochettino. Sdraiati com'eravate, potevate pensare di essere da un analista, le nuvole sotto di voi sembravano delle macchie di Rorschach bianche, e i pensieri correvano a tremila chilometri l'ora, nelle terre in cui avevate lasciato una parte di voi prendendovi in cambio un pacco di ricordi indimenticabili, un paio di dischi introvabili, e una valigia di tazze con l'effigie di Lady D da distribuire a chi vi stava più sul culo.

Il tuo walkman aveva le batterie più morte che vive, oramai, e ascoltare le tracce sonore era quasi diventato inaccettabile, tanto erano strascicate. Proprio come quei lentoni paurosi che vorresti ballare con una fanciulla particolarmente ispirante, anche per tutta la notte, senza renderti conto che in quelle rare occasioni il dj non ti asseconderà mai, e i ritmi saranno i più frenetici, e forse forse lei la perderai pure di vista. T'era già successo, in passato.

Che invece quella moritura vacanza fosse stata memorabile, non c'era dubbio alcuno, e nemmeno i ragazzi dell'Antonio Oldscùl avrebbero potuto credere a tutto quel che v'era successo. Per precauzione stringevi nella mano destra la macchina fotografica, ed eri orgoglioso di mostrare presto le tue avventure su cartakodak, tranne qualcuna, ovviamente, che avresti volentieri gettato nel buco del cesso chimico.

(E il Bardo s'era addormentato, povero figliolo che già sognava l'abbraccio della sua Musa, come un soldato reduce da una campagna militare.)

Tu, invece, non solo non dormivi, ma sotto sotto eri turbato ben più di una spia americana al Cremlino. Mica per paure aeree, però, ché quelle le avevi affrontate e superate all'andata, solo per il giustificato timore di quel che sarebbe potuto succedere all'aeroporto. Cose veramente inimmaginabili.

Poi, il tuo vicino di posto, un signore sulla sessantina, aveva cominciato a dialogare con te, e tu eri voglioso di parlare come non mai, e così, mentre il Bardo dormiva alla tua sinistra appoggiato al finestrino, prendesti a raccontare le imprese londinesi di quei quindici giorni, partendo dall'inizio come un narratore che si rispetti.

Bambole cattive a Green ParkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora