One - 1

26 2 2
                                    

Era l'ultima mattina del liceo prima degli esami, e tutta l'Antonio Oldscùl era riunita nella Sacra Cappella per la Messa e il Discorso Finale del Padre Preside e della sua truppa. C'erano proprio tutti, da Padre Carbone a Padre Tartaglia, da Padre Volpiano a Padre Barbera. Un alone d'incenso intorpidiva le menti, tipo quei bastoncini indiani che bruciano gli hippy; Padre Fonzie sfoggiava il suo nuovo chiodo, ultima concessione al suo look ribelle; i quartini erano nelle prime file, ancora freschi ma non più incontaminati; voi, in ultima fila, a polemizzare sulla classifica finale del fantacalcio.

La predica del Padre Preside fu ricca di figure retoriche e di paroloni che nessuno ascoltò. Tu eri in mezzo a Cobetti e Schopenhauer, e fissavi la magica pianista di seconda che aspettava il via per intonare i soliti inni a Jesus & Family. Di solito era uno strazio, ma bastava guardarla e tutto si metteva a profumare di santità. Iniziò a suonare, accompagnata da due chitarristi sfigati. Steccò più che mai, ma quant'era bella. Eri estasiato. Non avresti mai trovato il coraggio di parlarle.

Poi Padre Tartaglia prese a magnificare i pregi della scuola e disse che eravate non solo fortunati ma fortunatissssssssimi e dovevate ringraziare il Cielo che vi aveva destinato un posto all'Antonio Oldscùl e non in quelle scuole plebee dove s'impara la fannullaggine e viva viva l'Antonio Oldscùl nei secoli dei secoli, amen. Ci mise mezz'ora a dire queste poche parole, tanto che il Padre Preside si addormentò e non si accorse ch'era di nuovo il suo turno e alla fine disse solo il suo motto preferito: "Pensate sempre in grande". Diede la benedizione e non appena finì di dire "Andate in pace", tutti rumoreggiarono e fecero per uscire, ma proruppe Padre Carbone e pronunciò il perentorio "Seduti!", un suo classico. Bisognava uscire in ordine, e pensare sì in grande, ma sempre con la testa dei superiori.

La scuola era finita così. Ci sarebbero stati ancora gli esami, ma vi sembrava solo un'appendice della giovinezza che in qualche modo si stava sciogliendo. Appena usciti, vi rincorreste fino alla fermata del tram per dimostrarvi che niente era cambiato e sareste stati sempre gli stessi.

Ma eri ben contento che la scuola fosse finita perché eri stanco di guardare la vita che scorreva sotto la tua finestra, e non vedevi l'ora di poter fare un grande scatolone grecolatino e confinarlo in quell'angolo della cantina colonizzato dai topi.

L'Antonio Oldscùl era un liceo di ispirazione cattonazista. Le aule erano buie perché l'energia elettrica costava troppo, le tapparelle funzionavano a giorni alterni e le finestre non si potevano aprire nemmeno durante l'intervallo per la fondatissima paura che qualcuno si buttasse con un tuffo carpiato. Close the window era l'unica frase in inglese che avevate imparato, perché la prof era l'addetta al controllo finestre. Per il resto, solo lingue defunte, ché come diceva qualcuno frequentavate l'istituto tecnico del latino e del greco.

La nuova vita sarebbe cominciata a luglio. Era deciso che tu, Schopenhauer e il Bardo sareste partiti per Londra come viaggio premio per la maturità. Solo che dopo gli scritti ci fu una sorpresa: gli orali erano stati fissati due giorni dopo la partenza prevista. L'ultimo sgarbo di un quinquennio da dimenticare.

E fu così che decideste, per una volta, di pensare davvero in grande, e di progettare la fuga. Era da pazzi, mollare tutto all'ultimo ostacolo, ma nessuno poteva permettersi di frapporsi ancora tra voi e il mondo. Il giorno stabilito avreste raccolto tutta la vostra roba e quanti più soldi potevate.

"Life is very short, and there's no time, for fussing and fighting" ammonivano i Beatles. Già, non c'è proprio tempo se si ha una vita sola. "London calling" suggerivano i Clash.

Il Bardo fu subito complice e prelevò i suoi risparmi. Schopenhauer, invece, disse che non gli sembrava affatto una buona idea.

Bambole cattive a Green ParkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora