VI.Emir

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Non so cosa mi sia preso.
C'è qualcosa in questa ragazza che, non ho so bene perché, mi ipnotizza.

Se ne stava lì, sulla uscio della porta, immobile. E ho iniziato a fissarla. Chissà a cosa stava pensando, fatto sta che se ne stava lì ed io la fissavo, poi si è seduta e ho continuato a fissarla. Non ho mai smesso, anche quando se n'è accorta. Ora, so che dovrei smettere, ma proprio non ci riesco. Ho sempre odiato ogni attimo di questi incontri, ragion per cui mi siedo sempre in disparte, dietro. E ora, invece?

Non vorrei essere in un posto se non qui. Mio dio, sono un idiota, un caso disperato! Neanche il tempo di far entrare un essere umano di sesso femminile, che già le sono dietro. Che poi neanche so bene che faccia abbia, o meglio lo so...cazzo, la sto fissando da quando ha messo piede in questa stanza, dovrei saper descrivere ogni particolare del suo viso a questo punto. Ma magari neanche mi piace: come mi può piacere una che ho appena incontrato, di cui non conosco neanche la voce.

No, non mi piace, è solo che sono come un bambino che ha appena visto un nuovo gioco e lo vuole a tutti i costi. Si, non c'è altra spiegazione. Non una plausibile, quanto meno.

Ad attrarmi è la novità; probabilmente quando entreranno gli altri volontari, di cui Mary parlava, avrò la stessa reazione. Ne sono certo, sarà così.
Ma poi...poi, perché qualcuno dovrebbe decidere, volontariamente, di venire in un posto del genere? Tra le tante opportunità, perché proprio qui?!

<....chi te lo fa fare di venire qui?> così, di pancia, le scaravento contro le mie domande continuando a fissarla con lo sguardo di chi palesa l'esigenza di una risposta. Risposta che non arriva e allora...insisto. Niente. Alza leggermente lo sguardo, per un attimo, un solo fottutissimo attimo, ma non risponde. Mi considera un pazzo probabilmente, ma non importa. Forse sono diventato pazzo per davvero. Sto per sferrare un nuovo attacco, ma ancor prima di aprire bocca, la dottoressa, accortasi di questo strano siparietto unidirezionale, mi rimprovera e mi suggerisce, gentilmente, di smettere di importunare "la ragazza".

Ok, smetto. Per tutto il resto dell'incontro, durante il quale lei non ha mai smesso di torturarsi le mani, e per tutto il pomeriggio. Ma l'ho osservata, l'ho guardata, per tutto il tempo. Sono stato attento a non farmi beccare, ma cazzo se l'ho guardata. È bella.

Maledizione se è bella. E dire che per un attimo ho anche osato asserire che forse non mi sarebbe piaciuta.
È fottutamente, dannatamente bella. Ha dei folti capelli neri, una chioma scura e lucente come fosse inchiostro. Occhi di uno strano colore altalenante tra il marrone ed il verde, per non parlare della bocca. Piena come piace a me, di quelle da mordere in ogni momento.
Ok, lo ammetto sto degenerando. Me ne rendo conto, per questo non andrò oltre nella descrizione del suo corpo, ma giuro che...basta! Devo smetterla!
•••
< Emir, mi aiuti?> Gabriel , indica gli scatoloni ai suoi piedi, < Bisogna portarlo giù, ovunque ci sia spazio!>

Ne prendo uno, è talmente leggero che avrebbe potuto portarli anche da solo. Scendiamo al piano terra.

<Vieni, qua dovrebbero starci.> entriamo in una delle tante stanze usate come deposito/spogliatoio/qualunquecosatuvoglia.

<Sistema questi, vado a prendere l'altro...>
Cerco di sistemare al meglio il primo ingombrante scatolone , sento dei passi alle mie spalle. Sto per prendere il secondo quando Giulia, mi pare aver capito si chiami così, entra nella stanza. Mi guarda stupita, immagino non si aspettasse di trovarmi qui, prende la borsa e fa per andarsene, quando...< Ne ho bisogno anch'io, questo posto...serve pure a me...>

Resto...non so dire come, sicuramente fermo, senza parole. Che cos'ha detto? Che cosa vuol dire? Le vado dietro, esco dalla stanza, è quasi al portone: < Perché?> le chiedo urlando, come se dalla risposta dipendessero le sorti del mondo intero. Non risponde, neanche si gira. Apre il portone e va via.

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