Atto VI: Coscienza e Destino

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     Urlarono

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Urlarono.

Jessica mosse un passo indietro, Roberta le aveva afferrato il polso con tanta forza da stritolarla. La tirava giù, come se volesse affondarla per restare a galla, e Jessica faceva lo stesso, in una lotta che le aiutava a tenersi in piedi.

La testa del prof Marino era appena esplosa sotto i loro occhi. Il suo cadavere giaceva a terra, immerso in una pozza di sangue. Alcuni schizzi inzaccheravano le scarpe e i vestiti di Jessica.

«Che cazzo?» Roberta cercò di strattonarla via. Cercò di convincerla a scappare.

Jessica fece resistenza. Com'era possibile? Chi aveva appena ucciso il prof Marino con un colpo di fucile?

«Jess, muovi quel culo!»

Questa volta, Jessica si mosse. Lasciò che Roberta la trascinasse, all'inizio, mentre un rumore di passi si faceva strada nella foresta. Le seguiva. Chiunque fosse, era pronto a uccidere anche loro due. Difficile capire di chi si trattasse, difficile lasciare che le rotelle nella testa si mettessero in funzione e ragionassero sull'accaduto, quando tutto quello a cui Jessica riusciva a pensare era il corpo del prof Marino riverso a terra.

Roberta non riusciva a correre come avrebbe dovuto. Zoppicava, e a ogni passo un lamento le usciva dalle labbra. La ferita le sanguinava, lasciava una traccia fatta di piccole gocce rosse lungo la sterpaglia. Jessica le strinse la mano con più energia, divenne lei la forza trascinante che cercava di metterle al sicuro.

Un altro sparo risuonò alle loro spalle. Non le colpì, ma bastò a farle sobbalzare. Jessica trattenne a stento un grido.

Continuarono, incuranti della direzione. Impossibile dire in che parte del bosco fossero. Ormai tutto quello che c'era attorno a loro erano alberi, foglie cadute, e buio. Roberta ansimava, e la sua presa sulla mano di Jessica si trasformò a poco a poco in un'ancora che cercava di attraccarla a terra. Di fermarla.

Chiunque fosse dietro di loro, le seguiva di corsa. Si muoveva nell'oscurità. Schiacciava foglie e rami senza preoccuparsi di nascondersi.

Roberta inciampò. Le sue dita scivolarono via dalla presa di Jessica. Lei si voltò, il volto congelato dal vento freddo non riusciva nemmeno a muovere i muscoli, a mostrare il terrore che la lacerava all'interno. La afferrò per entrambe le braccia, cercò di tirarla su.

«Merda. Merda merda merda.» Roberta imprecava a denti stretti. Si rimise in ginocchio quanto più in fretta possibile. E proprio quando lei e Jessica furono di nuovo faccia a faccia, un colpo esplose di fianco a loro.

Alcuni pezzi di corteccia schizzarono in aria. Jessica sentì un dolore pungente sul dorso della mano. Cercò di non pensarci.

Alle spalle di Roberta, una figura incappucciata puntava un fucile da caccia contro di loro. Una sagoma minacciosa che si ergeva nel buio.

Jessica non ebbe bisogno di vederlo in volto per sapere chi fosse, però. Una consapevolezza le strisciò nella testa, rimise in moto i meccanismi del suo cervello, li fece cigolare mentre un nome le lampeggiava in rosso nella mente. Un nome, e un vago retrogusto di caffè.

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