Capitolo 22 - Scacchi

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«Quindi mi stai dicendo che Malia è davvero un coyote mannaro e che quelli erano artigli e zanne vere. Incredibile!»
Era da più di un'ora che io mi rifiutavo di credere ad ogni parola che usciva dalla sua bocca o meglio, speravo davvero che stesse scherzando: era assurdo che esistessero quelle creature.
«Esatto. Visto? Non era così difficile.»
«Pensavo peggio effettivamente. Soprattutto se consideriamo che Kira era un inquietante Kanima, diventato poi Kitsune -che non ho ancora ben capito cosa sia- e che Scott e il ragazzo conosciuto al ballo, Aiden, sono lupi mannari.», dichiarai soddisfatta di aver finalmente capito tutto.
Stiles roteò gli occhi e sbuffò sonoramente, irritato. «Primo, Jackson era un Kanima, mentre Kira è una volpe del tuono. Secondo, si chiama Ethan, non Aiden,  quest'ultimo è morto nello scontro con gli Oni, assieme ad Allison.», le ultime parole furono un sussurro e feci un grande sforzo per riuscire a coglierle.
Quel nome, suona così familiare.
Azzardai una domanda, chiedendogli di ripetermi più o meno ogni cosa perché da come aveva spiegato, mi ero persa molti passaggi; ero certa mi avrebbe urlato dietro - e ne aveva ogni diritto- ed invece, mi sorprese.
«Immaginavo non avresti capito tutto. Però caspita, sei più testarda di un mulo!», estrasse il telefono dalla tasca e compose velocemente un messaggio. «Qui urgono i rinforzi.»
Per ingannare l'attesa, rovistai nella cassapanca ai piedi del letto e riesumai la vecchia scacchiera che usavo spesso quando venivo qui d'estate cominciammo a giocare a scacchi; me l'ero sempre cavata più che bene in questo gioco: da piccola passavo ore ed ore con mio nonno sulla veranda a scervellarci su come riuscire a battere l'altro, mentre mia nonna spendeva il proprio tempo a leggere sulla sedia in vimini, accanto a noi.
Gli sventolai la scatola davanti al naso, «Ti va?»
«Neri o bianchi?»
«Nero, ovviamente.», replicai con un sorriso malizioso.
Oramai eravamo attivati ad un punto morto: parità a livelli estremi tanto che ognuno riusciva a prevedere e scampare la mossa dell'avversario.
Tentai di bucare la sua difesa, ma non ci fu verso: per ogni pedina che mangiavo, lui mi restituiva il favore
«Sai che arriveremo ad una battaglia Re contro Re?», scherzò lui quando mise fuori gioco il mio ultimo alfiere.
«Probabilmente.», dichiarai divertita non appena fui io a eliminare il suo cavallo.
Ad un certo punto fummo costretti a sospendere la partita, giusto il tempo di andare ad aprire la porta.
«Buonasera!», esordì Scott sorridente. Mi mise in mano una bottiglia di birra mormorando un "ne avrai bisogno" molto convinto e con poche falcate mi superò salutando con un cenno l'amico.
Sorrisi divertita dalla sua entrata di scena e lo seguii al piano di sopra. «Ciao anche a te.»
«Pronti la prossima partita?», chiese Stiles con un sorriso enigmatico.
Con infinita pazienza, attendemmo che il mio vicino scrivesse su vari post-it i nomi di tutti quelli che in realtà erano creature sovrannaturali e li posizionasse uno su ogni scacco, secondo un ordine e colore preciso: rosa per i lupi mannari -molti dei nomi presenti non avevo ancora ben capito a chi appartenessero-, viola per i cacciatori, giallo per i due Kanima, verde per i due giaguari mannari, azzurro per i due coyote mannari e molti altri ancora. Ero realmente scandalizzata: scoprire che il vice sceriffo, ossia il ragazzo che mi aveva fatto una così bella impressione quando l'avevo incontrato in ospedale, era il Cerbero mi aveva totalmente mandata nel pallone.
Scott, probabilmente avendo notato la mia agitazione alquanto evidente, tentò di farmi sentire meglio,  «Sai, l'ultima volta che ha utilizzato questo metodo, è stata per spiegare il tutto a suo padre e pensa che aveva portato anche la sorella di un amico come prova esistente, certo che le semplici parole non sarebbero bastate. Peccato che lei, ad un certo punto sia svenuta e che, al posto di mostrargli la sua vera natura, sia stata portata in ospedale d'urgenza. È stata una nottata da incubo quella, non puoi nemmeno immaginarti quanto.», sussurrò Scott a bassa voce, per non distrarre l'amico.
Asserii, assorta dal racconto e, una volta che terminò di narrarmi a grandi linee ciò che era poi accaduto, bevvi un lungo sorso sperando che un po' di alcol in circolo mi avrebbe aiutata, sbloccandomi la mente e, con voce quasi strozzata chiesi «Cos'è Theo?», cambiando totalmente argomento.
«Una chimera!», rispose Stiles senza staccare gli occhi di dosso a ciò che stava facendo.
«Una cosa?», per poco non sputai tutto.
«Te lo spiegherà lui: la notte è troppo breve per scendere così nel dettaglio.», concluse brevemente.
Delusa dal tono che aveva usato, preferii restare in silenzio a guardarmi in giro sperando di cominciare presto a saperne di più.
«Finito.», sentenziò il mio vicino, mentre osservava orgoglioso il suo piccolo capolavoro. «Ora possiamo cominciare.»
«Allora Diana, io cosa sono?», partì subito il ragazzo tatuato seduto al mio fianco.
«»Facile: un lupo mannaro.», affermai con una punta di soddisfazione.
Meno uno.
«Ma di che tipo?», tentò di approfondire.
«Omega?», azzardai timidamente.
Dopo un attimo di interdizione, lo vidi chiudere gli occhi e, un secondo dopo, riaprirli e specchiarmi in due lune di un rosso brillante: era la cosa più bella che avessi mai visto in vita mia. Trattenni il fiato emozionata: a differenza di quelli di Malia, che trasmettevano freddezza, i suoi emanavano calore, senso di protezione e forza.
«Vero alpha.» Le parole mi uscirono dalle labbra, prima ancora di rendermene conto.
«Giusto.», confermò lui, tornando ad essere un "normale" adolescente e cingendomi le spalle con un braccio.
Continuammo con questo gioco dell'indovina chi fino a che non avessi imparato bene ad associare nome a creatura, nonostante continuassi a non conoscere metà delle persone presenti sulla scacchiera.
«Tu e Lydia siete umani?», domandai dopo che per l'ennesima volta avevo confuso Derek con Deaton.
«Io sì, Lydia non lo abbiamo ancora ben capito. Lei è una banshee: sente voci nella sua mente, che spesso la portano inconsciamente a scene del delitto; inoltre è già capitato che scrivesse o disegnasse messaggi, guidata da queste voci.»
«Come fosse pazza?», azzardai appoggiando stancamente la testa sulla spalla di Scott.
«Noi preferiamo il termine "annunciatrice di morte", è più fine.», replicò lui indispettito.
Gli lanciai un'occhiata eloquente, non proprio convinta e fui sul punto di ribattere, quando sentimmo un forte fracasso provenire dal giardino.
«Non muovetevi.», il lupo si fece scuro in volto e per un attimo ebbi paura: non volevo sperimentare mai la sua ira, poi si precipitò fuori con una velocità disumana.
Passarono pochi secondi che subito presi la parola «Dobbiamo andare a vedere anche noi.»
«Che cosa? No. È fuori discussione.», dichiarò fermo il ragazzo di fronte a me.
«E se avesse bisogno di una mano? E se fossero di nuovo quei due che erano già venuti a trovarmi?»
Cominciai a sudare freddo, i denti mi battevano non tanto per il freddo quanto per l'agitazione: non potevo stare ferma.
Mi alzai di scatto e, di gran carriera, seguii le orme dell'alpha senza nemmeno attendere che Stiles mi seguisse o meno; arrivata sulla veranda notai Scott che stava venendo verso di me, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni ed un'espressione a metà tra l'allarmata e l'arrabbiata.
Una volta rientrati e sicuro che porte e finestre fossero sigillate, si girò verso di me e puntando il suo sguardo nel mio, affermò con un tono che non ammetteva repliche. «Noi dormiamo qui.»

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