Capitolo sette.

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"E dove stiamo andando, scusa?" Chiesi, evidentemente alterata.

"Calmati, M&M's, andiamo a prendere la mia macchina." Disse, scrollando le spalle.

Battei le mie mani sulle gambe, seccata, mentre roteavo gli occhi al cielo. "Non puoi portarmi direttamente a casa di Alessio?"

"Non sono idiota." Ridacchiò. "Prendiamo la macchina, ma non per andare a casa di Alessio." Disse, ovvio.
Come se ci fosse qualcosa di ovvio in questa conversazione.

"E dove vorresti andare?" Alzai leggermente la voce, tirando il suo braccio e costringendolo a girarsi.
Incrociai le braccia al petto, aspettando una risposta.

"In un posto, ti piacerà." Passò una mano sul mio braccio e continuò a camminare.

"Ehi, aspettami!" Lo richiamai. "Dove andiamo?" Chiesi, non appena fui abbastanza vicina a lui.

"Fai troppe domande, sai?"

"Scusa se mi interesso dove vuole portarmi un ragazzo appena conosciuto alle undici di sera." Sbuffai.

"Zitta." Iniziò, guardando il cielo. "Pensa di meno, vivi di più."

La sua frase mi lasciò senza parole, non potevo controbattere, aveva pienamente ragione. Pensavo troppo e non facevo tante esperienze; dovevo cambiare.

Rimasi in silenzio e camminai al suo fianco, un po' scossa; ero un peso per lui quando facevo tutte quelle domande? Ci rimasi un po' male, ma Gennaro mi rivolse uno splendido sorriso, facendomi capire che la sua intenzione non era quella di ferirmi.

Mi sentivo strana, stavo andando in un posto che non conoscevo con un ragazzo di cui sapevo pochissimo; se solo mi avesse vista mia madre.

Arrivammo davanti quella che doveva essere casa di Gennaro. Era più piccola di quella di Alessio, ma non sembrava niente male vista da fuori. Chissà se vive da solo o meno.

"Entro a prendere le chiavi, vieni." Disse, aprendo la porta di casa.

"Io-"

"Non accetto un no come risposta. È tardi e per quanto Somma sia un paesino tranquillo, non si sa mai chi potrebbe passare; non voglio che tu stia qui da sola." Mi interruppe.

"Devi solo prendere le chiavi, non fabbricarle." Risposi a tono.

"Hai sempre da ridire? Andiamo, entra."

Sbuffai, facendo come mi aveva detto. La sua casa era davvero bella, nonostante il disordine. C'erano vestiti ovunque, scarpe, bicchieri, lattine; c'erano tantissime cose fuori posto, segno che vivesse da solo.

"Vivi con i tuoi genitori?" Chiesi per confermare i miei dubbi.

"No." Rispose, cercando le chiavi. "Ti starai chiedendo perché sono rimasto in questo posto dimenticato da Dio, vero?" Disse con amarezza. "Voglio diventare qualcuno, voglio esprimere me stesso in ogni forma di arte possibile ed immaginabile, ma c'è qualcosa che mi tiene legato a questo posto. Quel qualcosa che può anche distruggere la tua anima, facendoti dubitare di averne una, hai presente?non riesco a liberarmene, è come se fosse la mia ombra; per colpa sua rimarrò bloccato qui per sempre, vivendo da fallito, probabilmente." Sbottò.

Questa sua "confessione", o sfogo, o qualsiasi cosa sia, mi ha lasciata a bocca aperta e con mille domande.

Chissà cosa lo blocca e chissà perché lo dice proprio a me.

Gennaro sospirò, poggiando le mani sul  mobile davanti a lui e tenendo la testa bassa. Era evidentemente tormentato da questo qualcosa, doveva fargli davvero tanto male, qualsiasi cosa essa sia.

Beautiful Disaster. || Genn ButchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora