Capitolo quattro

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Il viaggio in macchina fu abbastanza silenzioso inizialmente; continuavo a pensare alla domanda di Alessio.
Era strano che Gennaro mi avesse chiesto di mangiare fuori?
A me non sembrava una cosa tanto strana, anzi, questa era forse la cosa più normale che avessimo fatto insieme.
Non doveva essere necessariamente un appuntamento, stavamo uscendo perché il posto è nuovo per me e lui si è offerto di farmi vedere dove lavorerò.
Era stato anche gentile, nonostante le sue continue battutine a sfondo sessuale, il suo essere irritante ed il suo essere troppo sfacciato.
La sera precedente avevo avuto "il grandissimo onore" di conoscere Gennaro o Genn o Butch o come vuole lui. Mi disse così tanti soprannomi quella sera. Gli chiesi anche il significato di Butch, ma non ricevetti alcuna risposta se non un'alzata di spalle. In poche ore avevo capito che un'alzata di spalle era la soluzione a tutto, per Gennaro; avevo, inoltre, capito che era un ragazzo misterioso, ma c'era del tenero infondo.
Si comportava bene con me, nonostante la pessima prima impressione che mi fece.
Credevo fosse un tossico-dipendente, (piccola nota: con questo non voglio assolutamente screditare Genn, lo adoro e credo sia un bravo ragazzo) o qualcosa del genere. Probabilmente, anche per il modo in cui mi guardò in quella stanza, non avrei mai accettato il suo invito se non fosse stato per la chiacchierata in giardino.

Distolsi lo sguardo dal finestrino e lo spostato verso Gennaro che era concentrato sulla strada.

Qualche ciuffo gli ricadeva davanti i suoi bellissimi occhi, la fronte era aggrottata, le labbra carnose serrate; quella camicia rossa a quadri, abbottonata fino al collo, che indossava mi faceva letteralmente impazzire.

Continuavo a pensare come fosse possibile che avessi accettato l'invito di uno semi-sconosciuto e che sempre questo semi-sconosciuto mi piacesse. Piacere, non come una ragazzina di tredici anni alle prime armi con l'amore, anche se cosa ne volevo sapere io di queste cose; con diciotto anni alle spalle, potevo dire di non sapere ancora niente sulla vita. Trovavo Gennaro intrigante, mi piaceva il suo atteggiamento, il portamento, mi aveva colpito tutto di lui. Mi piaceva, ma allo stesso tempo non lo sopportavo.

Continuavo, insistentemente, a fissarlo e ciò lo divertiva molto.

"Emma, vuoi una foto?" Chiese, con il suo solito sorrisetto fastidioso. "Dura più a lungo, sai." Continuò, prendendomi in giro.

Mi feci tutta rossa ed alzai gli occhi al cielo, mostrandomi palesemente seccata.

"Ti sei offesa?" Chiese, ancora, divertito.

"No, assolutamente, non mi offendo per delle scemenze." Affermai, sicura.

Ed era vero, non ero offesa, ero imbarazzata.

"Non hai nemmeno un soprannome?" Provò ad intavolare un discorso.

"No, mi hanno sempre chiamato tutti Emma;" dissi, "al massimo Amy, ma solo la mia migliore amica mi chiama così." Continuai.

"Troppo semplice." Commentò.

"Sì, giusto Genn." Risposi, facendo riferimento al fatto che nemmeno il suo fosse così originale.

Scatenai una risata da parte di Gennaro che mi scaldò il cuore e fece sorridere anche me.

"M&M's." Disse, serio.

"Hai fame?"

"No, scema, intendevo il soprannome." Continuai a guardarlo storto, probabilmente se fossimo stati in un cartone animato si sarebbe formato un enorme punto interrogativo sulla mia testa.

Beautiful Disaster. || Genn ButchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora