Dopo una lunga giornata di lavoro ero esausta. Pensai che non sarei stata neanche in grado di arrivare alla macchina. Quando raggiunsi la mia Mini Cooper rossa fuoco, sorrisi. Avevo faticato anni per potermela permettere e guardando poi i frutti del mio lavoro ne era, siciuramente, valsa la pensa. Steven invece aveva una X5. Grande e come diceva lui ideale per crearsi una famiglia. Certo una famiglia! Volevo davvero una famiglia con lui? Mi auto convinsi di si, accesi la radio e iniziai ad avviarmi verso quella che all'epoca chiamavo casa. Ci volevano quasi quaranta minuti per arrivarci, ma per me erano i quaranta minuti più rilassanti della giornata. La radio cantava First Love di Jennifer Lopez e iniziai a canticchiarla anch'io con lei sognando di essere insieme a fare un duetto, non si sa dove, con questa magnifica donna e altre centomila persone. Quando mi accorsi di ridere a voce alta da sola la musica era cambiata. <<Dannazione>> inveii. Quella maledetta melodia. La radio suonava quella maledetta melodia e quasi come di scatto cambiai stazione. Forse la mia mente giocava brutti scherzi. Più mi avvicinavo a casa e più avevo una strana sensazione. Forse perché avrei voluto che il viaggio durasse in eterno? Eccolo lì..... il palazzo. Luì era dentro, terzo piano. Aspettai altri cinque minuti ed uscii dalla macchina, chiusi e mi diressi verso il portone, non avevo voglia di prendere l'ascensore quindi salii a piedi. "Tanto sempre quella è la destinazione" , mi ricordava qualcuno.
Davanti alla porta del nostro appartamento esitai ad estrarre le chiavi dalla borsa, avevo ancora quel nodo in gola che mi soffocava. Quando girai la maniglia..... non potevo credere ai miei occhi. Cosa diamine ci faceva mio padre lì? L'aveva invitato Steven? Come si era permesso? Come ha potuto non tenere conto dei miei sentimenti? <<Esci immediatamente da casa mia!>>, inveii contro quell'uomo che si definiva mio padre, mentre indicavo con l'indice la porta. <<Mel lascia che ti spieghi>>, si intromise Steven mentre cercava di tranquillizzarmi, ma io ero ancora più arrabbiata con lui, che con il "gradito" ospite. <<Spiegarmi eh? E cosa vuoi spiegarmi Steve? Vuoi spiegarmi? Spiegami perché il mio futuro marito ha cercato di pugnalarmi alle spalle.>> Non volevo una risposta ma lui non me la risparmiò. <<E' tuo padre Melanie>>, si limitò a dire. <<Appunto bravo, mio padre. Ed è mia la decisione se è quando lo voglio vedere. Non tua Steven, questa non è una tua decisione. Non questa!>> Sapeva bene a cosa mi riferivo e il suo sguardo si incupì. <<Questo non è giusto>>, sostenne cercando di schiarirsi la voce. No non lo era, ma non era neanche giusto che me l'avesse portato lì, eppure l'aveva fatto. Guardai mio padre, aveva gli occhi lucidi. Non diceva una parola. Meglio perché io non volevo che dicesse niente. Lui era lì mentre la mia mamma non c'era più. Perché? Qualcuno era in grado di spiegarmelo? Mio padre si avvicinò...... e mi fece una carezza per poi scoppiare in lacrime. Non l'avevo mai visto piangere, e lì in quel momento mi fece tanta tenerezza. <<L'ho sempre amata Mel, sempre...>>, confessò singhiozzando ma non si fermò: <<Mi odio! Mi odio perché io meritavo di morire non lei>>, dichiarò portandosi le mani sul viso.
Non credevo alle mie orecchie. Che lui l'amasse da un lato l'abbiamo sempre saputo. Pure mamma ne è sempre stata consapevole. Ma che avrebbe voluto morire al posto suo no. Maledizione! Quell' uomo soffriva, non quanto me, ma soffriva d io non l'ho mai tenuto in considerazione. Ha sbagliato, probabilmente perseverato, ma io volevo essere come lui? <<Non è colpa tua se la mamma è morta>>, bisbigliai. <<Vi ho abbandonato, eravate tutto per me Mel. Tutto! Tu, LEI, tuo fratello e tua sorella. Ed io vi ho abbandonato. Sono stato un viscido codardo Mel e non me lo potrò mai perdonare. Avrei dovuto essere li con voi, consolarvi e magari voi avreste potuto consolare me. Ma non me lo merito. Io non vi merito!>> No, effettivamente non ci meritava, molte volte a causa della sua indifferenza verso di noi abbiamo toccato il fondo, ma ci siamo sempre rialzati. Sacrifici, rinunce erano per la mia famiglia all'ordine del giorno, però non ci è mai mancato nulla. La mamma era la nostra wonder woman, capace di tutto per i suoi bambini.
Tornando a mio padre non sapevo cosa dire così volsi lo sguardo verso Steven notando che anche lui stava piangendo, poi vidi mio padre che si avvicinava alla porta intento ad aprirla ed andarsene. Se l'avessi lasciato andare avrei perso anche lui. E non ero pronta. Aveva sbagliato, forse molto più che sbagliato, ma soffriva, ed io sentivo che per la prima volta in vita sua era sincero, ed in quel momento vedendolo andare via sentii il bisogno di fermarlo: << La cena sarà pronta a minuti>>, gli dissi, <<non si può guidare a stomaco vuoto per più di tre ore.>> Volevo e dovevo dargli una chance, infondo era l'unico genitore che mi era rimasto e anche se non volevo ammetterlo avevo bisogno di lui. <<Mel>>, provò a dire ma lo fermai. <<Ora siediti a tavola. Un passo alla volta.>> La serata passò in fretta e si era fatta già mezzanotte passata, così gli proponemmo di rimanere a dormire.
<<Non me lo merito ma accetto. Non ce la farei a guidare. Grazie Mel. Grazie con tutto il cuore>>, disse prendendomi le mani. Il suo tocco quella volta non m'infastidì. Preparai la stanza degli ospiti che in realtà era la stanza di mamma dove nessuno aveva messo più piede da quando era morta. Quando il dottore ci disse che mamma poteva solo peggiorare parlai con mio fratello e mia sorella e, insieme, decidemmo che era meglio se veniva a stare da me. Ho, così, vissuto la sua degradazione... passo per passo. Purtroppo non ha vissuto molto tempo in quella casa con me. L'ho vista sgretolarsi nelle mie mani piano, piano. Mai avrei pensato di soffrire così tanto. Piangevo in silenzio, e soffrivo in silenzio in modo che lei non si accorgesse, ma non potevi nascondere niente alla mia mamma. Il giorno che doveva essere trasferita in ospedale guardò la casa e disse: "Addio". Lo sapeva meglio di noi che strada avrebbe preso il suo destino. Nella stanza c'era ancora la sua poltrona. La poltrona dove si sedeva ogni volta per fare il suo giro di chemioterapia, ed ogni volta che la vedevo sedersi lì era come se mi infliggessero una pallottola nel cuore. Dopo la sua morte non ebbi mai il coraggio di svuotare quella camera, infatti nei cassetti ci stavano ancora le sue medicine chiuse in una bustina blu. Non le avrei mai buttate, in qualche modo la tenevano in vita nella mia testa. Pensavo di non rimetterci più piede e quella sera ci avrebbe dormito mio padre, ero incredula io stessa, ma non gli avrei detto che quella era la camera della mamma anche se ero sicura che se ne sarebbe accorto perché, stranamente, il suo profumo era ancora nell'aria. Finalmente dopo aver sistemato papà, ero al letto in camera mia e Steven non proferiva parola. L'avevo ferito. Forse anche più del dovuto e quella sera mi accorsi che era la mia ferita ad essere ancora aperta e che più il tempo passava e più si lacerava.
Non mi avvinghiai a lui quella notte, com'ero solita fare e lui non provò nemmeno a toccarmi. Mi addormentai tra le lacrime e i dubbi.

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SEE YOU IN THE DARK
ChickLitMelanie ha 24 anni, un fidanzato e un lavoro... vive però una vita che ormai non le appartiene più e dalla quale vorrebbe liberarsi perché da quando ha perso la mamma è cambiata .... Melanie sogna.... sogna mani che suonano ininterrottamente....so...