CAPITOLO 6

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Fuori dall'ospedale trovai subito Steven e papà che mi aspettavano. Steve mi fece un gran sorriso, ma se avrebbe saputo quello che era successo? Avrebbe ancora riso? No, non credo. Mi venne in contro e mi stampò un lungo bacio sulle labbra. <<Mamma lo devo fare, sai che non vorrei ma lo devo fare. Non posso mantenerlo mamma.>> Le parole di una ragazza catturarono completamente la mia attenzione e qualcosa mi spinse ad intervenire. <<Lo sai cosa diceva sempre la mia nonna?>> le dissi intromettendomi, <<Non c'è dono più grande di un bambino, perché non c'è un vero momento per farlo e non c'è bisogno di un intero patrimonio per crescerlo.>> Mi guardava incuriosita, così continuai: <<La mia mamma ne ha cresciuti tre da sola e non faceva certo l'avvocato, ma un lavoro umile. Non ti conosco ma non farlo, non buttare via questo dono che ti viene offerto>> La ragazza mi buttò le braccia al collo singhiozzando. Mi ringraziò e cambio direzione decidendo di tornare a casa. Ero felice se le mie parole fossero realmente servite a farle cambiare idea. In fondo avevo fatto solo il mio lavoro. Steven mi aveva osservata per tutto il tempo ma non ci fu cenno di un commento.
<<Allora? Quando me lo fate un nipotino?>> fu papà a spezzare il silenzio.
<<Il prima possibile>>, si affrettò a rispondere Steven. Certo il prima possibile. Ne era così convinto? Fossi stata in lui ci avrei riflettuto prima di rispondere. Ma no, Steven no. Steven prende sempre la decisione giusta, non è importante ciò che pensano gli altri. E no. Perché Steve sa sempre qual è la cosa giusta da fare.
<<Siamo giovani papà, ne abbiamo di tempo per fare figli non pensi? Allora qual è il programma per oggi?>> cambiai di nuovo argomento. <<Sai una cosa Mel?>> riprese papà. <<No papà dimmi>>
<<Saresti una mamma stupenda tesoro, quindi non aspettare troppo.>> Quelle parole gli uscirono dal cuore e mi colpirono troppo e scoppiai in lacrime. Non volevo cedere di nuovo ma non ce la feci. Volevo tornare in quella camera con Jamie e dimenticare tutto.
<<Grazie papà>> Steven mi prese per mano e per tutto il tragitto di ritorno alla macchina non me la lasciò nemmeno un istante. La mano, l'anello. Diamine non l'avevo rimesso. E se se ne fosse accorto?
Non se ne accorse anche se una piccola parte di me avrebbe voluto vedere una reazione, ma in fondo cosa mi aspettavo? Per lui tutto andava bene, in fondo gli sono stata sempre fedele e non ci ha dovuto mettere molto per conquistarmi. Ero piccola e debole quando mi ha conosciuta e l'idea che lui fosse più grande di me mi esaltava. L'idea che lui potesse interessarsi a me mi rendeva fiera. Avevo compiuto i 18 anni da poco e lavoravo in un bar di provincia. Fu li che lo vidi la prima volta. Occhi neri e capelli scuri scompigliati. Sorriso bellissimo. Sapeva l'effetto che aveva sulle ragazze e le portava in giro come trofei. Allora l'unica cosa che desideravo era che mi notasse, ma mi sentivo sempre così goffa ogni volta che veniva. Le ragazze che lo accompagnavano erano alte, magre e bellissime e io non ero all'altezza. Almeno così credevo. Un giorno si avvicinò al bancone chiedendomi il solito.
"Cosa ti fa credere che sappia qual è il tuo solito" gli chiesi sorridendo. "Niente me lo fa credere, ma speravo di sì tutto qui" rispose convinto.
"Speravi male" mentii spudoratamente. Sapevo benissimo qual era il suo solito.
"Io sono Steven, e il mio solito è una Corona" "Ciao Steven ed ecco il tuo solito"
"E?" chiese.
" E cosa?"
"Non ho capito il tuo nome" ripetè fiero.
"Non l'hai capito perché non te l'ho detto" gli feci notare.
"Prima o poi lo farai dolcezza"
"Non sono il tuo tipo Steven, e poi sono troppo piccola per te"
"Oho... tu trai conclusioni troppo affrettate dolcezza. Fai così ad ogni ragazzo che ti chiede il nome?" "No in genere non parlo proprio coi ragazzi mentre lavoro" spiegai. "Allora parleremo quando non lavori. A che ora stacchi?" " Quando stacco devo correre a casa da mia sorella perché mamma deve andare al lavoro", cercai di svincolarmi dalla sua proposta.
"Ti accompagno"
"E secondo te io mi faccio accompagnare a casa da uno sconosciuto molto più grande di me?"
"Molto più grande? Quanti anni pensi che abbia? Aspetta riformulo la domanda: quanti anni hai?"
" Diciotto, e penso che tu ne abbia più di venticinque."
"Colpito e affondato. Ne ho venticinque. Cosa saranno mai sette anni più? Ci vediamo quando stacchi" e con queste parole se ne andò. Non pensavo davvero tornasse ma lo fece e da quel giorno non ci lasciammo più. Abbiamo avuto alti e bassi, sinceramente più alti che bassi e siamo stati sempre bene insieme. Era dolce ma soprattutto romantico. Per mesi mi ha corteggiata e si mi ha fatto sentire una principessa e quando uscivamo guai a chi mi guardava, figuriamoci toccava... dava in escandescenze. Sono la sua prima storia seria, o perlomeno così ha sempre detto, pur avendo avuto molte donne. Lui, invece, per me è stato il primo in tutto. Il primo che ho baciato, toccato e soprattutto il primo con cui ho fatto l'amore.
Ci abbiamo messo anni per costruire la nostra storia ma sono bastate due parole per sgretolarla.
<<Sei pronta tesoro?>> chiese Steven, facendomi tornare alla realtà, mentre eravamo in macchina.
<<Dove stiamo andando?>> domandai con un filo di eccitazione. << Prima accompagniamo tuo padre alla stazione, poi ci aspetta una giornata completamente organizzata dal sottoscritto>>
"Che gran fortuna! Non sei contenta?" Non la smetti vero? Ho sempre odiato la coscienza sapete? <<Sono curiosa>>, dissi ma non lo ero davvero, anzi volevo una scusa per andare a casa. Ma quale? <<Steve?>>
<<Si Melanie?>>
<<Lo so che sarai contrario a ciò che ti dirò, ma stanotte devo stare di nuovo col piccolo Michael>>
<<Melanie se fai tutto ciò per starmi lontana dimmelo ti prego. Possiamo risolvere tutto. Io e te insieme siamo una forza, ricordi? Ce lo dicevamo sempre.>>
Correggiti Steven, correggiti. Io e te eravamo una forza. Tu mi hai spolpata di tutta la forza che avevo e mi hai resa debole.
Accompagnammo mio padre in stazione, ma risaliti in macchina non fece il tragitto per tornare a casa. Si fermo in un luogo avvolto dal verde. Il panorama sembrava il dipinto di un quadro. Era bellissimo. Mozzafiato. Sembrava ci fossimo fermati in paradiso. Mi aprì la portiera della macchina porgendomi la mano e facendomi uscire. Camminammo per qualche secondo e rimasi senza parole per quello che vidi. Prato, fiori e una tovaglia da picnic. Giuro che la descrizione non gli rende giustizia ma era davvero favoloso.
Lo era ma il posto non cambiava niente. Ci sedemmo e vidi una bottiglia di champagne e delle fragole. Voleva riconquistarmi, però in realtà non si rendeva conto che mi stava perdendo davvero. Era dolce e disponibile. Mi versava lo champagne e mi dava la fragola. Mi baciava mi accarezzava e l'unica cosa a cui pensavo era ad un escamotage per uscire da quella situazione. È brutto, tremendo, disgustoso, ingiusto, ma era così. Non volevo essere lì, non volevo essere lì con lui.
<<Steve tutto questo è stupendo, questo posto è magico>>, ma era tra di noi che mancava magia. Si avvicinò a me e mi catturò con un bacio passionale e lungo e, per un istante, ritrovai il mio Steve e lo accompagnai in quel bacio spegnendo per qualche minuto tutto il rancore che racchiudevo per quell'uomo.
Mi iniziò a sbottonare la camicetta, mi baciò il collo, e scendeva sempre più giù, muoveva le sue mani per tutto il mio corpo e non si fermava. Sentivo che aveva voglia di me ma io non ce la facevo. Volevo fermarlo ma non avrei saputo farlo. Pregavo dentro di me che succedesse qualcosa per bloccare tutto, senza che fossi io a farlo. Miracolo. Squillò il telefono. Dovevo rispondere. Volevo rispondere. Per la fretta, non vidi neanche chi mi stava chiamando, ma afferrai il telefono e mi affrettai a rispondere.
"Pronto?", risposi.
"Melanie sto tornandooooo!!!!!", urlò una voce dall'altro lato del telefono. "Noooo non ci credo Alexis sei tu?" Eccolo il mio angelo custode. La mia sorellina era tornata. Chiamatela telepatia o come volete, ma noi anche a distanza sentiamo se c'è qualcosa che non va.
" Ma certo! Non hai più il mio numero salvato?"
"Ma quanto sei sciocca no!! Ho solo risposto senza guardare chi era." dissi in tono di scuse.
"Ciò vuol dire che facevi qualcosa per cui la mia telefonata ti ha salvato la vita. Giusto Mel?" Capite di cosa parlo?
"Giusto Lexi" non aggiunsi altro altrimenti Steven poteva capire. "Allora hai lasciato quel bastardo del tuo fidanzato?"
"Lexi!" la rimproverai
"Che c'è hai da ridire sul fatto che è un bastardo?"
"Si Lex, Steven è qui e ti saluta anche lui"
"Ciao piccolo bastardo." "Lexi per favore."
"Tanto non mi sente anche se, vorrei proprio dirgliene quattro a quello stronzo."

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