Capitolo 6

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"Gemma?"
Era proprio la faccia di uno che non credeva ai suoi occhi.
Sua sorella era finalmente lì, l'unica donna in grado di spennarlo come una gallinella e sensibilizzarlo come una femmina incinta.
"Credevo fossi in Australia a fare la puttanella con qualche surfista pompato"
"Non rigirare il coltello nella piaga, fratello. Posso farti scomparire in un secondo.. Dunque"
La biondina sospirò, lasciandosi andare sul divano con un ghigno malefico.
"Non accomodarti, stavo giusto uscendo."
"Nostra madre mi ha chiamata un paio di giorni fa per questioni legali. Ha cambiato il testamento. Perché?"
Lo sguardo di Gemma si incupì velocemente, aveva sempre immaginato che Harry fosse il cocco di mamma. Dopotutto la casa di proprietà era stata promessa a lei solo sei mesi prima invece adesso apparteneva ad Harry.
Il riccio le sorrise, quasi in segno di vittoria. Amava sua sorella, ma allo stesso tempo desiderava ucciderla perché 'due persone sanno mantenere un segreto se una di loro è morta'.
E Gemma conosceva TUTTI i suoi segreti.
"Dunque devo la tua presenza qui grazie ai soldi, come al solito."
"Mi conosci Harry, io riesco sempre ad ottenere tutto ed una volta che avrò parlato con la mamma.."
"Gemma, non ti darà mai quella stupida casa! Io ho una bambina e nostra madre non vuole che cresca con cinque uomini che camminano nudi per i corridoi. È esauriente come spiegazione?"
Harry si avvicinò al banco degli alcolici sotto lo sguardo stupefatto della sorella.
"Una bambina.."
Sussurrò pensierosa.
"Ma certo! Com'è che si chiamava? Abigail?"
"Alison."
"Alison, certamente. La bambina dello stupro!"
Il riccio lasciò andare il bicchiere di vetro sul pavimento, frantumandolo.
"Potresti abbassare la voce? Ci sono altre persone qui. Anzi, ho un'idea"
Elegantemente afferrò sua sorella per i polsi, conducendola verso la porta.
"Ci vediamo domani per cena da mamma"
Urlò la biondina dallo stipite della porta, prima che il fratello le chiudesse quest'ultima in faccia.

La struttura si presentò molto accogliente e colorata agli occhi di Alison. Era piena di giochi, tappetini colorati e misure salva bambino in ogni angolo spigoloso.
Consegnarono ad Harry il modulo d'iscrizione dove si rese conto di non poter rispondere a tutte le domande, per il semplice fatto che non ne conosceva le risposte.
Peso, altezza, uso di farmaci, allergie e malattie: Harry non sapeva nulla di tutto ciò così, elegantemente, si diresse verso la segreteria per spiegare la situazione.
Per il momento poteva lasciare la bambina ma l'indomani avrebbe dovuto consegnare le cartelle mediche.
"Bene Ali, torno tra un paio d'ore, ok?"
"T-tu non resti qui?"
"No, non posso"
La bambina di avvinghiò alle gambe del padre senza la minima intenzione di staccarsene.
"Faccio la brava se mi porti a casa lo giuro lo giuro lo giuro"
"Ali guarda quanti bambini più piccoli di te ci sono!"
"Ma tu mi lasci qui e non torni?"
"È certo che io ritorni! Ti lascio una garanzia va bene?"
"Una ganzia? E che cos'è?"
Harry le allungò un mazzo di chiavi.
"Senza queste non posso tornare a casa, quindi verrò a prenderti. Ora va' e divertiti, ok?"
Harry la vide allontanarsi con una maestra e senza esitare uscì fuori.
Infilò degli occhiali scuri, un berretto e il cappuccio della felpa, perché sapeva quanto le sue fan non avessero scrupoli nel divulgare una bomba del genere: Harry Styles nel cortile di un asilo.

Quella settimana toccava proprio a lui fare la spesa, oltretutto necessitava di una buona scorta per il suo banco di alcolici: non ne erano mai abbastanza.
Mentre girovagava per gli scaffali stringendo il carrello, vide un bel sederino ad ore quattro. La ragazza, probabilmente sulla ventina, tentava di raggiungere un pacco di merendine sullo scaffale più alto ma con scarsi risultati.

Harry, da gentiluomo qual era, corse in suo aiuto.
"Quelle al cioccolato?"
"Mmh?"
Il riccio sorrise.
"Le merendine. Vuoi quelle al cioccolato?"
"Oh sì, si! Ti ringrazio"
La ragazza arrossì, afferrando la busta dalle mani di Harry.
"Io sono Barbara"
"Io Harry"
Il ricciolino sfilò gli occhiali, mostrando un bel sorriso a trentadue denti.
"Sei davvero tu?"

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