2. I don't know

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«You,
Look as good as the day I met you
I forget just why I left you
I was insane.»

— Closer, The Chainsmokers ft. Halsey.

Ora io mi chiedo, perché mi hai lasciata?

Perché mi hai lasciata, per poi una settimana dopo scrivermi e dirmi che ti sbagliavi? Dirmi che eri confuso, che non era questo ciò che volevi?

Ma ora dimmi, come faccio io a crederti?
Mettiamo anche che tu stia dicendo la verità, ma come faccio io a sapere che fra una settimana o un mese tu non ti stuferai nuovamente di me e mi lascerai andare?
Come faccio a sapere che questa tua decisione non è a tempo determinato?
Io non lo so.
Con te, tutto è un non lo so.
Perché tu sei uno dei miei più grandi punti interrogativi, uno dei miei preferiti, uno di quelli che ho amato fino ad intossicarmi l'anima, uno di quelli che mi è entrato talmente in profondità che dovrei strapparmi la pelle per dimenticarti, e tanto sono sicura non basterebbe.
Quindi, come la mettiamo?
Cosa dovrei fare io?
Perché fai cosi?
Perché quando mi arriva un tuo messaggio il mio cervello si brucia all'istante e la mia mente si annebbia, lasciando il posto al solito battito accelerato che mi accompagna per tutta la nostra conversazione?
Perché ogni volta che mi scrivi tendo a stare incollata al telefono, aspettando che tu mi risponda e mi dimentico di tutto quello che stavo facendo prima?
Perché ogni volta che esco ti cerco tra la folla?
Perché ogni volta che sono in un luogo pubblico la mia mente subito inizia a pensare a cosa succederebbe se ci incontrassimo?
E soprattutto perché ogni volta nel profondo di me stessa, spero di rivederti?
Perché?

Non lo so.

24 Maggio 2014

«Cazzo Harry, ti rendi conto di quello che hai fatto?» Schiamazzai in preda al panico.

«Oh sì, e devo dire che sono veramente soddisfatto di me stesso, il risultato è eccellente.» Sghignazzò con il suo solito sorriso beffardo con tanto di fossette. Come potrei arrabbiarmi con lui, se sfodera questi sorrisi mozzafiato?

«Sei un cretino, siamo quasi a Giugno, non posso mica tornare a casa con uno sciarpone sul collo, se ne accorgerebbero comunque.» Sospirai sedendomi sul muretto al quale eravamo appoggiati.

«Metti i tuoi bei capelli ricci e lunghi davanti al collo ed ecco fatto, non se ne accorgerà nessuno.» Affermò semplicemente, come se fosse la cosa più facile del mondo.

«Mi arrangerò in qualche modo.»

«È che quando si tratta di te non riesco a controllarmi piccola. Tu sei mia, e questo ne è la prova.» Scostò i capelli dietro la spalla, accarezzando il segno violaceo sul collo che mi ha procurato pochi minuti fa.

A quella frase il mio cuore saltò un battito e avvertii lo stomaco sotto sopra.
Io ed Harry, al compleanno di Scott eravamo rimasti quasi tutta la notte a chiacchierare, il tempo sembrava essersi fermato e mi sentivo me stessa, anche se in quel momento mi stavo aprendo con un apparente sconosciuto.

Una settimana dopo, me lo ritrovai all'uscita della mia scuola. Credo che nel vederlo i miei occhi siano usciti fuori dalle orbite, abbiamo passato uno dei pomeriggi più belli della mia vita.
Non mi ero mai sentita così spensierata, senza angosce e preoccupazioni, lui riusciva — senza saperlo — a tirare fuori una me di cui non sapevo neanche l'esistenza, una me nuova, ma che preferisco.

Abbiamo iniziato a vederci tutti i giorni e ogni sera mi chiamava e parlavamo al telefono.

Abbiamo iniziato a vederci di nascosto; ho provato, ho provato tante volte a parlare a mia madre del fatto che ero interessata ad un ragazzo più grande, ma ovviamente mi ha risposto con un no secco, non volendo sentire ragioni.

Devi pensare a studiare adesso, non perdere tempo con un ventenne che sicuramente sta con te solo per uno scopo.

Queste erano le sue parole, ma non mi importava più di tanto, di certo non avrei smesso di vedere Harry perché lei non era d'accordo. Non poteva impormi con chi essere o non felice. Io in quel momento ero felice, ero felice con Harry, ero felice grazie a Harry.
La mia vita stava finalmente prendendo il verso giusto, mi sentivo amata, desiderata, perché non esiste cosa più bella di sapere ed essere consapevoli che vi è qualcuno al mondo pronto a prendersi cura di te, pronto a sostenerti, a starti vicino.
E questa era l'unica cosa che volevo.
L'unica cosa di cui avevo bisogno.

Le mie abitudini non erano cambiate. Anzi, erano diventate meno monotone e noiose, quello sì.
Ogni volta che stavo con Harry riuscivo a comprendere a pieno il vero significato della vita, con lui non sprecavo nemmeno un minuto, vivevamo e apprezzavamo a pieno ogni momento insieme, rendendolo indimenticabile.
Certo, forse non è uno che si definirebbe come 'bravo ragazzo', ma non può importarmene di meno e soprattutto questo non significa che sarò così stupida da farmi influenzare e farmi portare sulla cattiva strada.

«Tua.» Affermai, poggiando delicatamente il palmo della mano sulla sua guancia.
Mi osservò con così tanta intensità che mi sentivo risucchiata, talmente immersa in quelle iridi verdi, che mi dimenticavo completamente di ciò che avveniva a un metro di distanza.

Non mi resi neanche conto che qualche secondo dopo aveva appoggiato le sue labbra sulle mie, chiusi gli occhi ricambiando con tutta la passione e il trasporto che riuscivo a trasmettergli.

«Heisel,» si allontanò giusto quanto bastava per riprendere fiato, poggiò la fronte sulla mia e io aspettai che continuasse, «sei così... bella che a volte penso che non ti merito. Ma egoisticamente sono contento che tu non te ne sia resa conto, perché fino a quel giorno, so che avrò vissuto a pieno questi giorni con te.»
A quelle parole rimasi perplessa e confusa, rimanendo in silenzio per capire e ripetere dentro di me quello che aveva appena detto.
Sperai fosse solo uno stupido scherzo.

«Ma cosa stai dicendo? Non le devi neanche pensare queste cose. Sei tu, — misi una mano sul suo petto — che sei troppo perfetto per me, un ventenne che potrebbe avere qualsiasi donna ai suoi piedi e invece hai scelto una sedicenne qualunque e ogni giorno non faccio che chiedermelo. E non faccio che ripetermi quanto io sia fortunata ad averti.»
Sorrise, sorrise in quel modo talmente contagioso che portò a sorridere anche me senza una ragione precisa, ma non importava, in quel momento.

«Ricordati una cosa,» prese la mia mano e iniziò a giocherellare con le dita. Io mi ero persa nell'osservare i numerosi anelli che decoravano la sua mano, rendendola affascinante, ipnotizzante.
Incrociò le nostre dita, baciando e soffermandosi a lungo con le labbra su ogni nocca della mia mano.
«Ricordati, che sono io, ad essere fortunato.»

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