Amore

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Il grande giorno. Tutti lo chiamavano così. Alec lo vedeva come il giorno in cui si sarebbe sposato con una tizia qualsiasi che, tra l'altro, non vedeva dalla proposta. Tutti dicevano che avrebbe dovuto essere felice, ma Alec si sentiva soltanto sempre più confuso e nel panico. Stai seguendo le regole. Fallo e basta. Qualcuno bussò alla porta, e la spinse per sbirciare dentro. Alec riconobbe subito il suo parabatai, mentre entrava nella stanza e si accomodava sul letto accanto a lui. Gli diede una pacca sulle spalle e sorrise, «Oggi.»
Perché tutti continuavano a ricordarglielo? Non ne poteva più. Stava per rispondere in modo brusco, quando vide Jace sul punto di continuare.
«Lo vedo che non sei felice come dovresti.» disse «E vorrei provare ad esserlo almeno io per te, dopotutto, siamo una persona sola, no? Ma non ci riesco. Non in questo momento. Hai presente, quando.. Quando sai già cosa vorresti fare per il resto della tua vita, e subito, una persona piomba davanti a te e..»
«Hai questo piano per la tua vita. Ti ripeti che se segui le regole, tutto andrà bene. Tutti saranno fieri di te, compreso te stesso. Ma poi arriva una persona, che si insinua nella tua strada. Comincia a cambiarla, devia la tua direzione iniziale. E tu non sai più cosa fare, sei confuso. Non capisci più te stesso, non ti riconosci, oppure hai paura di riconoscerti. Di capire che..» Alec si bloccò. Era diventato bianco in volto e si strofinava le mani sui jeans, come faceva sempre quando era turbato.
«Capire che..?» Jace lo spronò a continuare, a riversare il fiume di parole mai dette che aveva dentro, ma non c'era niente da fare. Alec si era già richiuso in sé stesso. Innalzava sempre dei muri attorno a sé, come per proteggersi dagli altri, o per proteggere gli altri da sé stesso. Ma non lo aveva mai fatto con Jace, o almeno, non che lui ricordasse. In genere era lui quello che abbatteva i muri. Ma forse, Alec era cambiato. Forse c'era qualcun altro a cui spettava abbattere quei muri, adesso.

Nell'Istituto c'era molta più gente del solito, alcuni Alec nemmeno li conosceva. Tutta gente venuta per assistere al suo matrimonio. Questo dimostrava ancora una volta quanto fosse finta questa unione. Lydia stava sorridendo a tutti, salutava e accettava abbracci e strette di mano. Quando lo vide, gli fece cenno di avvicinarsi. Probabilmente avrebbe dovuto recitare un po' con gli altri, già, come se a loro importasse di vederli felici e contenti. Sorrise ad un paio di persone, poi si stufò e si dileguò con la scusa di andare a cercare sua sorella. E voleva vederla davvero. Aveva bisogno di lei.
La trovò in un angolo, con un blocco di fogli, a contare cose che probabilmente aveva ordinato per il party. «Ehi! Hai visto quanta gente?»
Nulla faceva brillare l'animo di Izzy come le feste e le cose complicate. E Alec era una persona così complicata. Forse era per questo che sua sorella lo adorava così tanto.
«Iz, io.. Questo matrimonio non ha senso. Che cosa ho fatto?» sputò fuori.
«Alec, smettila di farfugliare.» Qualcosa era cambiato nel suo sguardo, ma non si stava lasciando prendere dal panico come lui. Sembrava determinata, piuttosto. «Non ci pensare. Fai quello che è giusto. Io devo fare una telefonata.»
Alec la seguì con lo sguardo mentre si allontanava e digitava qualcosa sul cellulare fucsia. Chissà chi stava contattando. Alec si voltò e sbatté addosso ad una ragazzina dai capelli color carota, che gli diede una gomitata. «Ahia! Clary, scusa.»
«Alexander Lightwood che chiede scusa a me! AH! Posso vantarmelo in giro.» Scherzò Clary. «Comunque, visto che a quanto pare stiamo diventando amici, volevo congratularmi con te per il matrimonio.»
Ma Alec non aveva sentito niente, dopo 'Alexander'. Gli vennero in mente degli occhi da gatto che non riusciva a scacciare dalla mente. «Uh, eh.. Sì, grazie.» Non aspettò una risposta o qualsiasi cosa volesse fare Clary, si voltò e fece per salire al piano di sopra, ma venne interrotto nuovamente.
«Figliolo.» Robert stava davanti a lui, e gli parlava con quel suo solito tono autoritario.
«Siamo davvero fieri di te.»
Quando sarebbe finita tutta questa messa in scena? «Grazie.»
Robert probabilmente notò l'impazienza di Alec di salire sopra, e si scostò, lasciando libero il passaggio. Alec chinò il capo per ringraziare il padre e imboccò la scala.
Una volta giunto in camera, rovistò nella tasca del giubbotto e cercò il cellulare. Nessuna chiamata persa da un certo Magnus Bane, oggi. Si sdraiò sul letto e rimase a fissarlo, fino a che il suo respiro divenne regolare e i suoi occhi si chiusero.

Si svegliò che era già ora di prepararsi. Avrebbe già dovuto essere vestito, in realtà. Si ficcò sotto la doccia per una decina di minuti. I rivoli d'acqua scendevano giù dai suoi zigomi fino al mento e poi sul collo, e così via. Si lavò via le preoccupazioni e tutti i pensieri. Va tutto bene. Continuò a ripeterselo mentre si asciugava, si vestiva e si pettinava. Si guardò allo specchio. Era pronto. Va tutto bene.

La sala in cui si sarebbe svolta la cerimonia era gremita di persone che chiacchieravano. Una volta arrivato, vide Izzy, Jace, Clary, e persino Simon, tutti vestiti elegantemente, nelle prime file, davanti l'altare, dove un fratello Silente aspettava in disparte. Ai matrimoni degli Shadowhunters sono loro che fungono da "preti", tipo. Maryse si diresse verso di lui, tutta sorridente. Si vedeva che era fiera di suo figlio, e infatti lo abbracciò. Alec rimase inizialmente sconvolto, e quando stava per ricambiare l'abbraccio, lei si staccò. «Alec, sta per iniziare. Pronto?» Lui annuì e si voltò. I ragazzi erano tutti là, si congratularono ancora una volta, poi tutti si sedettero. Lui salì sull'altare. Stava facendo il possibile per rimanere calmo e non far trapelare le emozioni che provava in quel momento.
Una musica attaccò, e tutti si voltarono verso l'ingresso. Lydia, bella come mai, camminava verso l'altare guardando dritto davanti a sé. Indossava un abito dorato che le faceva risplendere anche i capelli. Era stupenda, pensò Alec, ma la vedeva come da dietro un velo. Quella bellezza non gli toccava il cuore, non gli smuoveva nulla.
Quando Lydia lo raggiunse sui gradini, il fratello Silente si mosse. Prese lo stilo, lo porse ai due. «Una runa sul braccio, una runa sul cuore.» Disse.
Lydia prese lo stilo. Ad Alec sembrava di guardare la scena al rallentatore. Lei che lo impugnava e che si avvicinava ad Alec, lui che accorciava la manica per scoprire l'avambraccio. Un rumore pose fine all'effetto rallentatore, Alec tornò alla realtà. Lydia si bloccò, con lo stilo che quasi toccava la pelle di quello che stava per diventare suo marito.
Tutti si voltarono. Le porte si erano aperte. Qualcuno aveva fatto irruzione nella sala.
Qualcuno vestito di nero, con un ciuffo di capelli colorato, l'eyeliner, il glitter, e due fessure feline negli occhi.
Magnus stava lì. Immobile, e guardava l'altare.
Alec si riprese. Guardò sua sorella, che gli sorrise. "Tu fai quello che è giusto. Devo fare una chiamata."
Sua madre si stava alzando e stava cacciando lo stregone, mentre Lydia lo guardava, ovviamente preoccupata. «Alec. Alec, stai bene?»
«Non.. non riesco a respirare.» Mentre lo disse, capì. Capì tutto. Capì chi era. E capì cosa doveva fare. "Smetti di respirare, ogni volta che quella persona entra nella stanza."
«Alec, va tutto bene. Lo capisco.» Lydia sembrava aver capito davvero. Solo ad Alec ci era voluto così tanto. «Io starò bene. Fai quello che ritieni giusto.»
Fai quello che ritieni giusto. Alec la guardò. Guardò sua sorella, che lo incoraggiò con un cenno del capo.
Allora si girò. Avvolse tutta la sala con lo sguardo. C'era un sacco di gente. Tutti che si chiedevano cosa stesse facendo. I suoi genitori. Volevano vedere il suo matrimonio. Ma Alec? Alec non voleva vedere il proprio matrimonio, no. Non voleva viverlo. Lui non si sarebbe sposato. Non con Lydia, almeno. Scese due gradini. Alzò lo sguardo sullo stregone, che era rimasto immobile. Stava aspettando che lui scegliesse. E Alec.. Alec aveva già scelto. Quando aveva sceso quei due gradini, Alec aveva scelto.
Cominciò a camminare, questa volta non gli sembrò di vedere ciò che faceva al rallentatore. Anzi, gli sembrò di vedere se stesso correre, e forse stava correndo davvero. Stava correndo verso la propria felicità, la propria libertà.
Maryse cercò di fermarlo, ma nessuno poteva fermarlo adesso. Non adesso che aveva scoperto il pezzo del puzzle della sua vita più importante di tutti: l'Amore. Era questo che era sempre mancato, questo di cui parlava Magnus.
Magnus che adesso lo guardava avvicinarsi, sempre più veloce. E quando finalmente Alec lo raggiunse, distrusse tutta la distanza che c'era tra di loro. Lo afferrò per la giacca, lì di fronte a tutti. Stava per impazzire. Lo spinse verso di sé, e quando la sua bocca trovò quella dello stregone, tutti i pezzi andarono al proprio posto. Alec vide nella sua testa l'immagine della sua vita, come era destinata ad essere adesso che quella persona era piombata sulla sua strada e aveva deviato la sua direzione.
Vide se stesso, come sempre, ma vide anche Magnus.
E adesso il mondo non esisteva più, c'erano solo loro due, ora, per sempre. Le mani di Alec gli accarezzavano la nuca, mentre quelle di Magnus lo stringevano a sé. Tutti in quella sala erano in bianco e nero, tutti quanti, eccetto loro due. Loro erano un'esplosione di colori, uno spruzzo di vita su una tela morta. Alec era consapevole degli sguardi su di sé, su di loro, ma non gli importava più. Nulla importava più.
E così continuava a stringere lo stregone, con il cuore che batteva forte e il respiro che mancava. Era così che avrebbe dovuto essere l'amore, adesso lo sapeva.
Si era fatto onore accettando sé stesso.
Si era preso una responsabilità enorme scendendo quei due gradini.
Aveva fatto appello al suo autocontrollo per non farsi prendere troppo dal panico.
Aveva trovato l'amore.
E così adesso era completo.
Ed era se stesso.
Con Magnus.

Malec; Il pezzo mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora