Zhi yin. Una volta Jem le aveva detto che significava "capire la musica", e indicava un legame più profondo di una semplice amicizia.
E così Tessa suonò, e suonò gli anni della vita di Jem così come gli aveva vissuti al suo fianco.
Impugnava con sicurezza il violino vecchio e consumato, costruito dal liutaio Guarnerni per il padre di Jem e conservato nei vari istituti nel corso degli anni come cimelio della famiglia Carstairs.
Tessa aveva imparato piano piano, accordo dopo accordo, con Jem al suo fianco che la guidava con pazienza e perseveranza.
E adesso lei suonava con gli occhi chiusi e tutti i muscoli contratti, in una sorta di magica concentrazione, la stessa melodia che Jem aveva composto per lei in quel lontano giorno, in quella lontana stanza della musica.
E Jem capiva la sua musica e le forme che le note disegnavano nell'aria.
Vide due ragazzini, nei cerchi di fuoco, marchiarsi la pelle l'uno con l'altro con una runa parabatai. Vide gli stessi ragazzi combattere agilmente nelle strade di Londra. E Tessa continuò a suonare con intensità crescente e suonò di Jem con il suo violino in mano, nella stanza della musica, davanti alla finestra, che sussurrava "Will? Will, sei tu?".
Suonò di loro due, nella carrozza, e di Jem che le sussurrava "Wo ai ni. Ni hen piao liang, Tessa. Zhe shi jie shang, wo shi zui ai ne de.".
Suonò dei loro baci rubati e del ciondolo di giada che Jem le aveva donato come regalo di nozze e che lei ancora portava.
Suonò dei loro incontri sul Blackfriars Bridge, anno dopo anno, e del tempo che aveva passato senza di lui.
Suonò della nascita di James Herondale e di come Jem si era nascosto il viso tra le mani e si era girato quando alla cerimonia di protezione aveva scoperto che il nome del bambino era James.
Suonò del tempo perso e del suo amore inespresso e di quel vuoto che aveva sentito per anni in sua assenza.
E poi suonò del fuoco celeste e del viso di Jem sfregiato dalle cicatrici che le sorrideva e suonò di sé stessa mentre pensava che fosse la cosa più bella e perfetta al mondo.
Suonò di loro due, sul pavimento del piccolo appartamento di Tessa, mentre facevano l'amore e null'altro esisteva nella loro visuale.
Suonò di Emma e di Julian e di come somigliassero a Tessa e Will e suonò di Christopher Herondale e dei suoi occhi azzurri come il mare.
Tessa continuò a suonare, con la stanchezza e il dolore negli occhi, dei capelli di Jem che uno ad uno erano tornati al bianco familiare dei suoi ricordi. E suonò delle rughe che avevano ricoperto ormai il suo viso e le rune sulle guance e dell'amore che Tessa provava per ogni singolo segno della mortalità di Jem. E poi smise di suonare e ripose il violino nel vecchio astuccio.
Posò l'archetto e si volse verso Jem che aveva gli occhi umidi. Tessa si sedette di fianco a lui e ricordò di come aveva già vissuto una scena simile e di come per anni aveva cercato di mettere insieme i cocci del suo cuore.
"Non voglio lasciarti da solo, Jem Carstairs." sussurrò nel suo orecchio.
Jem raccolse le sue ultime forze e le sorrise. Quel suo sorriso rassicurante di cui Tessa si era servita tante volte per andare avanti. Le strinse la mano, i suoi occhi scuri come la notte guardarono il viso giovane di Tessa per un ultima volta, e mormorò, come un'ultima folata di vento, "Non sarò da solo."Jem sbatté più volte le palpebre. Il vento leggero tagliava la sua pelle come lame. Jem ascoltò la natura, sentí la primavera con i suoi profumi. Il verde dell'erba, il giallo dei raggi del sole e l'azzurro accesso di un ruscello che gorgogliava poco lontano. Mosse qualche passo tra l'erba frusciante. E poi lo vide, davanti a sé, il ragazzo che lo aveva affiancato nella sua giovinezza, il suo parabatai, la sua metà mancante.
Gli sorrise. Non era il Will che aveva lasciato, vecchio e morente, quel giugno torrido e luminoso del 1937, era invece lo stesso Will con cui era cresciuto all'istituto di Londra, con cui si era allenato e con cui aveva combattuto.
I suoi capelli corvini danzavano nell'aria, mossi dalla leggera brezza primaverile.
"Jem?" mormorò incredulo "Jem, sei tu?"
"Non pensavo mi avresti aspettato così a lungo." disse Jem ormai di fronte al ragazzo dagli occhi azzurri.
Will lo osservò da vicino e respiró quell'odore di acqua di rose che per tanti anni aveva associato al viso di Tessa. In quel periodo - che gli era sembrato interminabile - che aveva passato in una dimensione in cui il tempo non scorreva, Will aveva sempre abbinato il ricordo di Jem all'odore dello zucchero bruciato o all'odore antico e acre di polvere della Città di Ossa. Eppure, in quel momento, il profumo di Tessa addosso a Jem non lo aveva addolorato, lo aveva solo reso felice, grato del fatto che il suo parabatai avesse avuto la possibilità di amare la donna della sua vita con così tanta intensità da imprimersi il suo odore sulla pelle.
"Non mi avevi sentito, James Cartairs? Siamo legati, io e te, sullo spartiacque della morte, per tutte le generazioni a venire. Per sempre."
Jem gli porse la mano e sentí la runa parabatai che bruciava sotto i vestiti. Le loro dita intrecciate, i loro sguardi complici e i mille ricordi che quella salda presa aveva risvegliato. Era bastato un tocco, e Jem aveva sentito tutti i pezzi della sua anima mettersi al posto giusto, in pace ed armonia.
"Sempre" gli rispose.
Si voltarono verso il ruscello che scorreva sereno ai loro piedi e, insieme, mossero un passo verso la luce.