Una settimana. Una settimana e due giorni per l'esattezza, eppure avrei giurato che fosse passato già un mese da quando Naomi e Charlotte erano partite per la loro vacanza super emozionante.
La loro partenza era stata particolarmente tragica, non solo perché non ci saremmo né riviste né sentite per tre mesi ma anche perché, come al mio solito, avevo colto l'occasione per essere umiliata da un idiota biondo occhi azzurri.
Al solo pensiero mi veniva voglia di prendere a botte qualcuno! Se ne era andato tutto compiaciuto della sua vittoria e la cosa peggiore era che io glielo avevo permesso! Da quando ero diventata così priva di carattere? Sono sempre stata una ragazza discreta ma quando qualcuno mi provoca non ho paura di dirgli su quella faccia perfetta e super sexy quello che penso! Perché stessi continuando a pensare ancora a lui proprio non lo capivo.
Ma la domanda che più mi premeva era: Perché in quel momento mi trovavo da sola chiusa in camera quando le mie presunte amiche erano in campeggio con lui?!L'unica distrazione erano i momenti in cui la mamma mi insegnava a controllare il mio dominio dell'acqua. In realtà avevo sperato mi insegnasse a usarlo, avevo già in mente qualche scherzo malvagio da usare come ben tornato dalle vacanze per quell'odioso del professore di filosfia.
Le lezioni consistevano in tecniche principalmente per il controllo della rabbia o di forti emozioni. A quanto pare la tecnica del contare fino a dieci prima di parlare funzionava davvero, avevo già avuto il piacere di sperimentarla al supermercato quando uno stupido bambinetto mi aveva rovesciato addosso il gelato. Ero riuscita a controllarmi in modo assolutamente impeccabile, ed ero davvero fiera di me stessa, avevo preso un bel respiro, contato fino a dieci e pregato che quel bambino sparisse dalla mia vista il più presto possibile. E così era stato.
Sentii il telefono squillare, dovevano essere i miei genitori. Dato che avevano una voglia di vivere maggiore della mia in quel momento, erano andati a fare un giro in centro e mi avevano promesso che mi avrebbero richiamato in caso avessero trovato dei super sconti nel mio negozio di vestiti preferito.
"Pronto?" "Ascolta Caroline non ti spaventare io e la mamma siamo in ospedale abbiamo avuto un piccolo incidente ma niente di grave" "Cosa?! Cos'è successo?! Come, come state? La mamma?", fantastico, tanto parlare di emozioni e ora ero nel panico più totale. Avevo già in mente la scena raccapricciante della mia macchina accartocciata sul ciglio della strada con sangue ovunque.
"Una macchina ci è venuta addosso, avevamo la precedenza ma il signore che era alla guida era anziano e prima che potesse frenare ci era già venuto contro. La mamma ha preso un colpo alla testa, i dottori stanno controllando che non abbia qualche emorragia interna" "In che ospedale siete? Prendo una corriera e arrivo subito!" "Caroline non è necessario, stiamo tutti bene ed é meglio che tu stia a casa. Appena ci dimettono torniamo" "Non ho intenzione di starmene a casa ad aspettare. Sto arrivando", chiusi il telefono prima che potesse controbattere.
Sapevo che c'era una navetta che sarebbe passata tra due minuti, se volevo prenderla dovevo sbrigarmi. Mi gettai addosso dei vestiti senza neanche guardare, presi la borsa e corsi come non avevo mai fatto in vita mia verso la fermata e... ovviamente la navetta era in ritardo. Più ci pensavo e più ero convinta che la mia vita facesse schifo!
* * *
Eccomi finalmente arrivata in ospedale dopo aver aspettato la navetta per mezz'ora e averne passata un'altra sopra per colpa di un improvviso problema al motore. E ora come se non bastasse per poter rivolgermi al punto informazioni c'era una coda di almeno dieci persone! Dovevo stare calma, fare respiri profondi come mi aveva insegnato la mamma e tutto sarebbe andato meglio, avrei aspettato pazientemente il mio turno, respiri profondi, contare fino a dieci e...No! Basta! Ero troppo agitata e ne avevo abbastanza di stare ad aspettare! Avrei cercato mia mamma da sola quanto poteva essere grande quell'ospedale? La risposta mi fu subito chiara, l'ospedale era immenso. Vagavo per i corridoi ogni tanto vedevo insegne di reparti di cui non sapevo neanche pronunciare il nome. Incominciavo a perdere le speranze. Avevo provato a chiamare mio padre ma non era raggiungibile.
Stavo per tornare al punto informazioni quando finalmente lo riconobbi, urlai il suo nome, non mi importava se ero in un ospedale finalmente lo avevo trovato! Non vedevo l'ora di sfogarmi con qualcuno per tutta l'odissea che avevo dovuto affrontare per arrivare lì, lui avrebbe capito e mi avrebbe fatto stare meglio.
Mio padre era fatto così, era un ottimo ascoltatore e anche se diceva poco riusciva a farti tornare subito il sorriso.
Si voltò al suono della mia voce e quello che vidi mi raggelò il sangue. Stava piangendo. Non avevo mai visto mio padre piangere, non so neanche per quale stupida ragione avevo dato per scontato che non ne fosse in grado.
Un senso di vuoto mi prese allo bocca dello stomaco, era come se un grosso masso si fosse formato sul mio petto. Cercavo di respirare ma la mia cassa toracica non ne voleva sapere di espandersi. Corsi incontro a lui con il fiatone. "Dov'è la mamma?" si asciugò le lacrime con un gesto rapido e lo vidi cercare di nasconderle ma era evidente che aveva appena pianto. "Caroline ti avevo detto rimanere a casa! Appena torniamo a casa faremo i conti noi due".
Cosa? Come poteva pensare di farmi delle prediche in quel momento?! Ripresi fiato anche se incominciavo a sentire il classico groppo in gola, non sapevo per quanto ancora avrei retto. "Papà, per favore. Dimmi dov'è", mi guardò fisso negli occhi, "La mamma è..." prese un respiro profondo "é in coma".
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti. Non sapevo cosa dire, cosa fare, cosa pensare, forse era meglio così perché non volevo farlo, non volevo pensare. Volevo soltanto andare a dormire e ricominciare da capo tutto quanto.
Coma.
Quella parola non mi era mai sembrata così orribile, così vuota e allo stesso tempo così piena di significato. Mio padre ruppe il silenzio "Caroline, mi dispiace non avertelo detto prima, anche io l'ho saputo da poco. Quando siamo arrivati stava bene, ti giuro che stava bene! Non capisco... Non capisco come sia potuto succedere".
"Voglio vederla". Furono le uniche parole che riuscii a far uscire. "I dottori dicono che è ancora instabile, non è possibile ora" "Non mi interessa, voglio vederla e lo voglio ora!" avevo bisogno di lei, avevo bisogno di vederla di... di non so cosa, volevo starle vicino, volevo dirle che sarebbe andato tutto bene e che saremmo tornate a casa. Insieme.
"Caroline, anche io voglio vederla quanto te ma ora non è possibile" "Va bene. Almeno dimmi dov'è" "Nella stanza numero dodici", fece segno che era di fronte a noi.
Non ci pensai due volte, aprii la porta ed entrai. La vidi sul lettino bianco, indossava ancora i vestiti che si era messa per uscire. Era molto pallida in viso ed aveva dei tubicini attaccati al naso che le permettevano di respirare. Il dottore rimase sbalordito dalla mia entrata, mi disse subito di uscire. Incominciai a piangere solo in quel momento, vedendola, la realtà mi colpi come un treno a tutta velocità.
"Signorina! Mi ha sentito? Deve uscire immediatamente!", "deve uscire immediatamente" come si permetteva! Quella era Mia madre e io dovevo stare insieme a lei! Sentii una tale rabbia crescere dentro di me, sentivo il bisogno di farla uscire, non mi importava come, volevo mandarla via e volevo riversarla tutta su quel' idiota che mi stava davanti!
Portai il braccio davanti a me, steso con la mano aperta e poi incominciai a contrarla. Il dottore cadde in ginocchio prendendosi la testa con le mani, cominciò ad urlare dal dolore. Sentivo di avere il pieno controllo su ogni singola vena del suo corpo, su ogni singolo muscolo. Era come un burattino nelle mie mani, più urlava e più sentivo il bisogno di continuare e continuare e continuare, non mi sarei fermata sino a che la mia mano non fosse stata chiusa in un pugno.
Vidi del sangue incominciare ad uscirli dal naso ma la sua vista fu solo una conferma che dovevo continuare, sentivo una tale forza scorrermi attraverso il corpo ed era così piacevole. Percepii un suono alle mie spalle, era mio padre, stava urlando, mi stava supplicando di smettere, mi aggrappai al suono della sua voce e lasciai la presa. Il dottore cadde a terra con tutto il corpo producendo un tonfo inquietante.
Rimasi impalata dov'ero a fissarlo. Era morto? Lo avevo ucciso? Non avrei saputo dirlo ma a giudicare dalla quantità di sangue che vedevo se non era morto lo sarebbe stato presto. Sentii dei passi di corsa, due infermiere arrivarono a soccorrerlo, dovevano aver sentito le sue urla. Qualcuno mi prese per un braccio e mi strascinò via.
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FateOfBlood
RomanceOgni giorno vivi la tua vita, normale, ordinaria. Ognuno di noi desidera sentirsi speciale; ma se quello che ti rende tale è la parte più oscura della tua anima, lo desidereresti ancora? Se le emozioni che ci rendono tanto umani quanto persone merav...