Capitolo Quinto

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Quella sera, come al solito, Queyv e Askela stavano tornando a casa a braccetto: nonostante fossero sposati da quasi trent'anni, si comportavano ancora come una coppietta di ragazzini innamorati. Dopo essersi trasferiti a Wunch, Queyv e Askela avevano entrambi trovato un nuovo lavoro; lui l'aveva ottenuto da Peuck, il fabbro del villaggio, mentre lei si era fatta assumere da una allevatrice di nome Otevra.

Mentre camminava, Askela pensava a ciò che era successo durante la pausa pranzo, quando il professore privato di Echr era arrivato con passo pesante e si era messo a gridare. <<Quell'infame di un ragazzo! Non gli farò mai più da insegnante, non lo voglio più vedere! Non mi interessa dei soldi, quelli se li può anche tenere!>>

Dopodiché se n'era andato, ancora più furioso, lasciandola spaventata e perplessa. Il suo ragazzo non aveva più causato problemi all'insegnante, da quando lei e suo marito lo avevano punito. A quanto pareva era giunta l'ora di rinfrescargli la memoria.

Quando aveva finito di lavorare era corsa subito da Peuck per raccontare quella storia a suo marito, ma lui le aveva detto che il professore era passato anche da lì. Avevano preso una decisione: quella sera Echr avrebbe pagato per ciò che aveva fatto.

Quando arrivarono davanti alla porta di casa, Queyv si separò dalla moglie e girò la chiave nella serratura. Le luci al piano terra erano tutte spente. Probabilmente Echr stava dormendo in camera sua al piano superiore, pensò Askela mentre saliva rapidamente le scale e Queyv controllava che il ragazzo non si fosse addormentato sul divano del salotto. Calpestando rumorosamente con i tacchi il tappeto blu che ricopriva il pavimento del corridoio, Askela superò la libreria a muro e spalancò con forza la porta della camera di suo figlio, gridando: <<Ma insomma! Quante volte ti ho detto che devi farti trovare di sotto quando noi arriviamo dal lavoro? Alzati!>>

L'unico suono che le rispose fu quello del legno che sbatteva contro il muro azzurro della stanza di Echr. Fieno le si avvicinò lentamente, con la coda in mezzo alle gambe e la testa bassa. Sembrava che non osasse guardarla, che avesse paura di lei, ma Askela era troppo arrabbiata per farci caso e gli urlò contro lo stesso.

<<Dov'è Echr? Dimmelo!>>

Quando vide che il cane corse a rifugiarsi sotto il letto, terrorizzato, lei tornò nel corridoio e lo percorse nel senso opposto, fino ad arrivare alla porta che dava sulla camera in cui dormivano lei e Queyv. Aprì la porta e sbraitò: <<Echr! Sei qui?>>

Nessuna risposta.

Sbuffando, per l'ennesima volta percorse il corridoio, ma stavolta si fermò alle scale e le scese quasi correndo. Controllò in cucina, nella sala da pranzo e in bagno, ma suo figlio non era da nessuna parte. La sua pazienza si era esaurita già da un pezzo, e sentiva che presto avrebbe avuto bisogno di sfogarsi, magari distruggendo qualche mobile. Si fermò di fianco ad una poltrona del salotto per riprendere fiato, chiedendosi dove potesse essere Echr, e decise di raggiungere suo marito in biblioteca. 

Lo trovò che fissava ipnotizzato un foglietto strappato malamente da qualche libro,seduto alla scrivania. Non diede segno di essersi reso conto dell'arrivo di Askela finché lei non gli strappò il pezzo di carta dalle mani. La donna riconobbe immediatamente la calligrafia spigolosa di suo figlio e iniziò a leggere freneticamente, mentre la sua agitazione aumentava sempre di più.

"Cara mamma e caro papà, mi dispiace per voi, ma sono stato costretto ad abbandonarvi. Non ce la facevo più a vivere in questo posto che non ho mai potuto chiamare "casa", rischiando ogni giorno di essere punito anche per gli errori più stupidi. Addio, Echr."

Askela sentì le lacrime che le salivano agli occhi e si girò verso Queyv, che era ancora seduto a fissare il vuoto. Gli si avvicinò per abbracciarlo, ma improvvisamente lui sbatté violentemente il pugno sulla scrivania e la guardò. Il suo sguardo era carico di rabbia, e lei non riuscì a trattenersi dal rabbrividire mentre lui, dopo essersi alzato, le faceva cenno di seguirlo e usciva dalla biblioteca. Asciugandosi gli occhi, Askela gli andò dietro titubante. Quando lei lo raggiunse davanti alla porta di casa, lui le prese la giacca dall'appendiabiti e gliela mise, dicendole: <<Andiamo a riprendercelo.>>

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