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Ripose il libro nel cassetto del piccolo comodino nel dormitorio una volta rientrato. Quelle fughe notturne erano la ricerca di luce di un uomo di caverna stanco dell'aria maleodorante degli ambienti angusti. Per quanto la sua eterna curiosità lo spingesse a cercare continuamente risposte alle domande che la sua mente incessantemente generava, l'ambiente accademico era divenuto opprimente e le mura dell'università celavano segreti svelati ormai da tempo. Cercava solo il pretesto per andarsene, perché in fondo la sua vita era una ricerca, e l' interesse nel restare lì era pari a quello che un viaggiatore avrebbe avuto nel perfezionare la conoscenza del proprio giardino pur non essendo mai uscito dal cancello.
Si avviò nel corridoio che dal dormitorio portava alla sala grande. Nel camminare tra le mura di roccia antica squadrava i mantelli dei radi passanti. I tessuti di quei capi variavano dal raso al broccato, ma era quello l'unico aspetto di personalizzazione consentito agli studenti, un rigoroso nero portava al suo centro un segno cremisi distintivo. Ad ogni nuovo studente veniva consegnato un mantello con un triangolo, se quel segno fosse dipinto o inciso, a nessuno era dato sapere, ma quel simbolo sembrava respirare nel suo smorzato e timido illuminarsi di un brillìo etereo.
Tra la luce tenue che irradiava dalle sue parti più accese si coglievano venature nere che sembravano tanto profonde da penetrare oltre la pelle di chi le indossava. Il tatto rivelava però una superfice fredda, liscia e levigata come marmo e quelle linee di nero mostravano la loro illusoria natura. I tratti precedenti erano però lontani dall'essere sbalorditivi tanto quanto il tratto saliente di quello strano segno, bastava soffermare lo sguardo su un piccolo gruppo di studenti intenti a discutere per notare quadrati perfetti troneggiare bel cuore della stoffa. La figura cambiava, non perché uno degli insegnanti la modificasse, ma in forza di un energia che decideva quanto il proprietario di un mantello fosse divenuto saggio. Così in quell'università tutto si svolgeva senza esami nè giudizi, se non quello dell' enigmatica entità che ognuno portava sulle spalle. L'obbiettivo di ognuno era raggiungere l'esagono, tre volte il doppio del triangolo che li aveva accolti in quell' accademia. Il percorso durava in genere cinque o sei anni e al termine della trasformazione definitiva, l'anonimo nero del mantello si ridefiniva in tonalità diverse da saggio a saggio e arabeschi e simboli comparivano a descrivere l'essenza di chi li indossava. Durante questa trasformazione si comprendeva perché si lasciasse scegliere il tessuto del mantello agli studenti, visto che spesso tessuti nobili apparivano consunti e spiegazzati come per punire l'insolenza di coloro che in principio da studenti avevano scelto di porsi al di sopra degli altri, ed essi accettavano, perché da saggi avevano imparato la lezione. Ma questo non era che l'inizio del viaggio, perché il simbolo continuava ad approssimare il cerchio sempre di più, perché ognuno è un eterno studente, e poiché nessuno, per quanto saggio, può conoscere ogni cosa, non esisteva uomo al mondo che indossasse una circonferenza.
Si diresse verso la bacheca, indugiando tra annunci vari che gli studenti affiggevano su quel grande pannello di legno che mostrava in più parti buchi e rigature, segno degli anni di onorato servizio tra chiodi messi e tolti. Tra gli annunci si scorgevano soprattutto richieste di aiuto negli studi scritte in grafie frettolose che riflettevano l'ansia di chi non trova in una particolare materia una logica a lui congeniale, o non ne trova affatto. Ma tra questi vi erano alcuni annunci particolari, che studenti più intraprendenti inserivano tra la giungla di fogli ingialliti. Il suo sguardo fu catturato da una stella ad otto punte incisa in calce ad una di queste rarità:
"Io, Ishtarius Bel, sotto consenso del professor Termont, sto organizzando un esperimento che si prefissa l'obiettivo di continuare il lavoro del mio collega galilus. Come tutti voi sapete egli ha osservato che la velocità della luce può considerarsi istantanea per quello che fino ad ora ci è dato osservare. Ho bisogno dell'aiuto
Di due volontari perché credo che sfruttando questa particolare proprietà si possa calcolare la velocità del suono, che da dati empirici sembra essere minore. Sarò felice di spiegare i dettagli dell'esperimento a tutti coloro che vorranno presentarsi nella sezione di scienze fisiche della biblioteca oggi pomeriggio dopo la pausa pranzo."
Anche questa era una parte della ricerca, ma non vorrei annoiare le orecchie di coloro che ascoltano questa storia per le sventure e le avventure e i grandi fatti che seguirono. A voi basti sapere che tra tutta quella carta c'era la richiesta di un uomo, il nostro Morvian, che cercava un viaggiatore che lo accompagnasse nel suo futuro vagare, tra le piogge e le foreste di quel mondo che tanto poco allora conosceva.
Ma nel tempo che il fato o qualsiasi cosa governi il mondo gli concesse, non ebbe il tempo di incontrare chi rispose a quell' appello.
Il mattino seguente la posta era costituita da due uniche lettere.
Una di queste era da parte di una donna che aveva conosciuto poche sere prima in una delle tante taverne della città frequentate da studenti.
Era stato un incontro ordinario, così come era normale l'aspetto della taverna che aveva fatto da sfondo, illuminata da fioche lanterne e frequentata da ubriaconi scorbutici e ragazzi alla ricerca più o meno smaniosa
Di alcool o, come nel suo caso, di compagnia. Aprì la busta senza che un barlume di quella morbosa speranza di successo che caratterizza gli uomini dotati di un certo ottimismo gli rigasse il viso. Un rifiuto, così come tanti altri, scritto in elegante calligrafia femminile, e la classica, ormai retorica frase:
"Troverai qualcuna adatta a te".
Per fortuna, come già abbiamo detto, la donna in questione non era una rosa di topazio e quel fallimento non gli fece più male di quanto possa fare uno schiaffo su un corpo martoriato da frustate. La seconda lettera era invece da parte di suo padre, probabilmente per informarlo di tutto quello che succedeva a casa in sua assenza, come ogni mese.
Scartò la busta con convinzione maggiore della precedente, la sua famiglia era forse l'unico aspetto della sua vita che, per quanto mobile e incerto, lo aveva sempre confortato. Guardò la cera della busta sfaldarsi delicatamente mente il liuto sul sigillo, simbolo della sua famiglia, si divideva a metà.
La grafia, meno elegante di quella della lettera precedente, rifletteva sentimenti veraci e un affetto autentico, ma il contenuto si rivelò di un tenore diverso dal solito.
"Sono un vero maleducato e non mi offenderei se tu non venissi al mio funerale, perché è certo che io non verrò al tuo".
Per un attimo il suo corpo non seppe se dare sfogo alle lacrime o ridere per l'ironia che sempre aveva caratterizzato suo padre.
La vita aveva dato a Morvian la ragione per partire, per quanto egli non si aspettasse di riceverla in quel modo. Nell'impossibilità di districarsi tra le emozioni contrastanti decise di agire prima che il suo quadro psicologico si facesse critico.
Un'ora dopo due bisacce di buona tela giacevano sul letto, cariche degli effetti personali che fino a poco prima affollavano caotici il suo piccolo angolo di dormitorio. Ai due bagagli si accompagnava una chitarra a sette corde in legno di tiglio dal corpo semplice e levigato, sul quale trasparivano piccole venature.
Poco dopo si diresse verso la biblioteca. Il viaggio fu tanto veloce che quasi non si accorse di arrivare e il silenzio di quell'ambiente lo investì impetuoso e inaspettato.
Tra le figure chine sui vari codici vi era un cappuccio dall'aspetto familiare intento a scrutare smanioso una pergamena dai bordi ingialliti e consumati per l'età.
Si avvicinò silenzioso, continuando a scrutare attento il lento altalenare delle pupille dell'uomo da una parte all'altra della pagina aperta.
"Ciò che devi fare, affrettalo"
Disse in tono basso, poco più di un sospiro,appena sufficiente a distinguersi dall'imperante silenzio.
"Parto, forse per non tornare, e gradirei più attenzione dal mio vecchio amico."
Alzò il capo imperturbabile, ma il sorriso si fece presto spazio tra la barba incolta di quel profilo aquilino.
"Allora lascia che mi congraturi, ma che cosa ti ha spinto a partire? Quasi niente fino ad ora ti aveva convinto."
Il suo volto ardeva di una curiosità maniacale.
"Mio padre è morto."
Lasciò che quella frase lapidaria si dissolvesse tra gli scaffali.
L'altro non sembrò colpito, l'aponia era una delle sue migliori qualità.
"Anche nella sfortuna c'è una certa mutevolezza"
Rispose invece.
Il giorno successivo l'alba tenue accarezzava la partenza di Morvian. una custodia pendeva dai fianchi del cavallo pezzato accompagnandosi alle due bisacce ricolme.

Il viaggio fino a casa non sarebbe stato lungo e poco contribui nella nostra storia, così si conclude la prima parte del viaggio e con essa la nostra prima sera.
L'ultimo arpeggio si fece strada nel salone illuminato, per poi sfumare nel silenzio che avvolse per un attimo la sala.

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