Prologo

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Quando nelle lunghe notti gelate levava il muso alle stelle gettando lunghi ululati nello stile dei lupi, erano i suoi antenati morti e ridotti in polvere, che levavano il muso alle stelle e ululavano nei secoli attraverso di lui.


20 Marzo 1994  

Riserva "Luna di Tuono"

La temperatura oscillava intorno ai cinque gradi nonostante fosse da poco passato mezzogiorno. La neve iniziava a sciogliersi lentamente per lasciare spazio alla vegetazione primaverile. Anche gli alberi secolari, alti e robusti, stavano perdendo il colore bianco per assaporare nuovamente il calore tenue del sole. Nell'aria vi era l'aroma delle erbe e del tè, del fumo e dalla legna appena tagliata.
Fermo, in mezzo alla radura, vi era una ragazzino di appena dieci anni. Inspirò a pieni polmoni quei profumi che gli avrebbero per sempre ricordato casa e poi chiuse gli occhi. Ogni piccolo rumore arrivava alle sue orecchie sensibili; l'acqua del ruscello crepitava a causa del ghiaccio appena sciolto, uno scoiattolo stava mangiando una ghianda a qualche miglio di distanza, un'aquila urlò tra gli alberi. Cercò di concentrarsi ancora di più, voleva spingersi oltre, ma il rumore di un ramoscello spezzato attirò la sua attenzione, qualcuno si stava avvicinando. Sorrise tenendo ancora gli occhi chiusi. «Willow, ti sentirei anche se avessi i tappi alle orecchie».
Una bambina dai capelli scompigliati e le labbra ripiegate in un broncio, uscì allo scoperto, raggiungendo il ragazzo.
«Non è vero, sei un bugiardo!» piagnucolò.
Noah aprì gli occhi e guardò sua sorella con infinita tenerezza. Aveva cinque anni, e molto spesso era insopportabile, ma non riusciva ad immaginare la sua vita senza di lei.
«Se devo essere sincero...eri più vicina di quanto pensassi» replicò lui scompigliandole i capelli, sperando di renderla felice.
Willow ritrovò il sorriso e abbracciò suo fratello. «Visto? Sto migliorando con il bracco» rispose con voce orgogliosa.
«Sei brava, lo ammetto. Ma adesso torniamo a casa, la mamma ci starà cercando.» 
La bambina saltellò tra l'erba e poi, prendendo la mano del fratello, si incamminò lungo il sentiero di terra battuta.


La strada era deserta, in pochi conoscevano quel posto così speciale per i due fratelli. Noah osservò gli alberi e poi sua sorella, aveva tutto ciò che desiderava.
«Perché sorridi?» chiese Willow raccogliendo una pigna da terra.
«Perché è una bella giornata, non trovi?» la bambina cercò di rispondere, ma si bloccò annusando l'aria.
«Noah...» bisbigliò con occhi spaventati. L'odore metallico e inequivocabile del sangue raggiunse le narici di Noah come un pugno in pieno viso. Si irrigidì, serrando la mascella. Non osava neanche pensare a cosa potesse essere successo; era odore di sangue umano.
Willow, che aveva notato lo sguardo corrucciato del fratello, lo strattonò per un braccio. «Cosa c'è?» chiese allarmata.
Noah fissò nuovamente il sentiero e scosse debolmente il viso. Iniziava ad avere paura, e la cosa più importante era proteggere sua sorella.
«Nasconditi qui finché non ti chiamo, intesi?» l'altra, che non era nota per essere una bambina ubbidiente, annuì adagio. Non aveva mai visto suo fratello così preoccupato, quindi capì che non avrebbe dovuto contraddirlo.


Noah camminò adagio, muovendosi con estrema agilità e in completo silenzio. Arrivò sul retro della piccola casa dove era cresciuto, l'odore del sangue stava diventando sempre più forte. Era pronto al peggio, ma non si è mai pronti alla morte.
Lo vide riverso al suolo, la bocca aperta in un urlo di dolore e gli occhi rivolti al cielo.
Il sangue imbrattava la poca neve rimasta, gli intestini pendevano mollemente dalla pancia aperta e sanguinolenta.
Suo padre, Edgar King, il grande capobranco, era morto.
Le pupille di Noah si dilatarono, riempiendosi subito di calde lacrime. Non poteva crederci, non avrebbe mai potuto. Suo padre era invincibile, il più forte di tutti i licantropi. Chi aveva osato farlo? Chi aveva osato ucciderlo in quel modo? Senza una vera sfida, senza una giuria, senza il consenso di nessuno dei membri della riserva.
Scosse la testa più volte, cercando di reprimere la forza che cercava di esplodergli dentro. Non voleva trasformarsi, aveva imparato da tempo a controllare l'emozioni.
Uscì lentamente dalla vegetazione, voleva salutare suo padre, dargli un ultimo abbraccio, ma qualcosa lo trascinò nuovamente tra le foglie.
«Lasciami andar....» le parole gli morirono sulle labbra.
Sua madre lo stava fissando da un occhio tumefatto. Aveva le labbra sporche di sangue e lividi sparsi lungo le gambe atletiche e muscolose.
«Piccolo mio...» sussurrò poggiandogli una mano sul viso.
Noah guardò di nuovo il giardino di casa sua, non riusciva a scorgere il corpo senza vita di suo padre, ma ne percepiva la presenza come un macigno che gli pesava sul cuore. «Non guardare! Dov'è tua sorella?» Noah continuò a fissarla in silenzio, avrebbe voluto fare molte domande, ma parlare sembrava superfluo. Aveva ancora negli occhi l'immagine del corpo inerme di suo padre, il sangue caldo che emanava vapore a causa del freddo. Realizzò che non lo avrebbe mai più rivisto e in quel momento gli sembrò di impazzire. Non avrebbe mai più sentito la sua voce possente, non lo avrebbe mai più visto risalire il sentiero per poi tornare a casa.
Iniziò a piangere, era inevitabile. Poggiò la testa sul seno di sua madre, ascoltò il battito del suo cuore e, quel rumore ancestrale, riuscì a calmarlo parzialmente. «Ascoltami, Noah. Prendi questa borsa, c'è tutto ciò che ti serve. Trova tua sorella e nascondetevi fino all'alba» sua madre parlò in fretta, il tempo stava passando troppo velocemente e lei sembrava inquieta. «E poi potremmo tornare?» chiese Noah prendendo tra le mani lo zaino logoro.
L'altra lo fissò negli occhi, Noah non avrebbe mai dimenticato lo sguardo afflitto di sua madre. «All'alba scapperete. Vai lontano, non tornare mai più»
«Come faremo? Chi ha ucciso mio padre?»
«Sei il figlio del capobranco, hai lo spirito dell'alfa dentro di te. Rendi fiero tuo padre e fai quello che ti ho detto!» la donna parlò con voce dura e autoritaria.
Noah, tirò su con il naso e si asciugò gli occhi. Nonostante la sua giovane età, era stato addestrato anche per quest'evenienza, ma aveva sempre pensato che non sarebbe mai successo, non a lui.
Entrambi si voltarono verso la casa, qualcuno si stava avvicinando. «Scappa. Subito! Dai un bacio a tua sorella, vi voglio bene» quando finì di parlare, Elisabeth, la femmina alfa, iniziò a correre tra gli alberi ad una velocità straordinaria.
«Ti voglio bene, mamma» sussurrò il ragazzino.



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