Il viaggio

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Capitolo 11


C'era sicuramente qualcosa che non andava. Era sdraiato su qualcosa di duro, freddo e tremendamente scomodo. La testa gli doleva e anche solo pensare di aprire gli occhi lo spaventava.
Aveva di nuovo bevuto troppo? Anzi, si era fumato di nuovo una canna? Impossibile, di solito dopo l'erba stava più che bene. Quanto era bello fumare e poi addormentarsi in spiaggia, che anno era? L'odore stantio della muffa lo fece smettere di divagare mentalmente.
Quentin aprì un occhio. Pareti di terra, pavimento di pietra e delle sbarre al posto di una porta. «Cazzo...» biascicò cercando di sedersi.
Pensò all'ultima cosa che ricordava e finalmente gli tornò alla mente: dei tizi dai capelli rossi, lo aveano tramortito e poi... cosa era successo?
Pensò immediatamente ad Evelyn, avevano rapito anche lei? Stava bene? In che razza di guaio si era cacciato?
Quando sentì la porta della cella aprirsi, in un cigolio che gli fece pensare alle segrete di un castello medievale, si ritirò istintivamente verso il muro.
«Se è per quella volta a Las Vegas, giuro che sarei passato a pagare... prima o poi!»
Una donna dai capelli molto lunghi e neri lo fissò con aria interrogativa. Era molto alta e con un seno prorompente. Un vestito lungo e nero l'avvolgeva in modo impeccabile e gli occhi, straordinariamente color del ghiaccio, erano contornati da una leggera linea nera. Okay, forse Las Vegas non c'entrava affatto.
Quentin, osservandola meglio, pensò di non aver mai visto una donna tanto bella.

«Sono forse in paradiso?» disse sfoderando uno dei suoi sorrisi da abbordaggio collaudato in tanti anni.
La donna si avvicinò a lui in un lampo, arrivando quasi a sfiorargli il naso.
«Non c'è tempo. Hai visto i miei figli?» chiese concitata. Quentin ridivenne serio. «I suoi figli? Mi scusi, ma io...»
«Avanti, parla!»

«Non so di cosa stia parlando» rispose lui ancora più confuso. L'altra imprecò sottovoce, alzandosi nuovamente in piedi. Senza aggiungere altro, ritornò alla porta, richiudendo la pesante inferriata.
«Dove sta andando? Mi liberi, la prego!»

«Fa silenzio»

«Mi dica almeno dove mi trovo, o il suo nome...»
«Elisabeth King, la madre di Noah e Willow King, sicuro di non averli mai visti?» chiese lei con occhi colmi di speranza.

Quentin scosse la testa, sinceramente dispiaciuto di non poterla aiutare.


***


«Ehi, aspettatemi!»
Evelyn stava quasi soffocando per lo sforzo. Risucchiava aria rumorosamente, come se qualcosa le bloccasse la trachea e non le permettesse di respirare.
Quando Noah le aveva detto che sarebbe stata dura aveva sminuito le sue parole, pensando che per lei non ci sarebbero stati problemi. Ma adesso, in mezzo alle rocce appuntite, e in fondo a quella salita disumana, si sentì una perfetta idiota.
Non ricevendo nessuna risposta, iniziò a salire, cercando di respirare regolarmente. Le imprecazioni le sfuggirono di bocca ad ogni centimetro che percorreva. Ma cosa le era venuto in mente? Proprio lei che aveva il fiatone salendo quattro gradini.
Alzando lo sguardo vide Willow e Noah, con i loro fisici perfetti, senza il respiro affannato, e il loro modo naturale di muoversi. La bionda aveva addirittura una sigaretta tra le labbra, ma il fumo non sembrava affatto intaccare la sua respirazione.
Maledetti!
Con qualche difficoltà riuscì a raggiungerli. «Vi avevo detto...» cercò disperatamente l'aria. «...di aspettarmi»
Willow roteò gli occhi, senza nascondere il suo disprezzo. «Non vorrei sembrare ripetitiva ma; era proprio necessario?» chiese rivolta verso il fratello. L'altro le rispose con un semplice sorriso.
«Ci farà perdere un sacco di tempo» concluse poi lei riprendendo a camminare.
Evelyn le fece una linguaccia, sperando che non la vedesse. Da quando quella stessa mattina, Noah le aveva detto che avrebbero viaggiato insieme, Willow non aveva fatto altro che comportarsi in modo a dir poco odioso, come d'altronde, aveva sempre fatto in sua presenza.
Per fortuna che il sole riscaldava i loro visi e la pioggia li aveva risparmiati almeno per quel giorno, qualcosa di positivo si poteva sempre trovare. «Ha mai pensato di fare un corso per gestire la rabbia?» chiese Evelyn avvicinandosi a Noah.
«Non provocarla. Imparerai a conoscerla, ma adesso datti una mossa» le rispose lui correndo come se niente fosse.
«Vi ricordo che io non sono un licantropo!» sospirando continuò comunque a camminare, maledicendosi ad ogni passo.

I Lupi del Nord - Esilio (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora