Il popolo prigioniero

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Capitolo 15


La fortezza, grigia e minacciosa, si ergeva nel punto più alto della riserva Luna di Tuono. Edificata nel XI secolo, era stata usata per centinaia di anni come residenza dalle famiglie degli Alfa.
La sala principale era ancora arredata con oggetti antichi, gelosamente conservati dai licantropi che si erano succeduti negli anni.
In fondo alla stanza, Alastair Woodrow, il grande Alfa, sedeva sul maestoso trono ricoperto di velluto rosso. Il completo giacca e cravatta impeccabile che indossava stonava con l'ambiente circostante, ma lo sguardo minaccioso e le labbra sottili piegate in un broncio perenne si adeguavano all'ambiente scuro e freddo.
Per un attimo osservò l'alto soffitto e gli arazzi attaccati alle pareti, congratulandosi ancora una volta con se stesso per aver riportato in auge la fortezza, che negli ultimi anni era stata abbandonata per preferire case più piccole e moderne.
No, lui non avrebbe mai accettato di vivere in una casetta di legno in mezzo ai vili sudditi. Lui meritava un castello, meritava il lusso che aspettava di diritto ad un Alfa potente come lo era lui.
Per un attimo pensò ad Edgar e alla sua disgustosa bontà d'animo. Come aveva potuto il suo precedessore preferire una misera casa? A quel pensiero il broncio si tramutò in una smorfia.
«Fateli entrare» ordinò infine poggiando svogliatamente una mano sul viso. Meglio pensare al divertimento.
Le due guardie vicino alla porta si affrettarono ad aprirla. Poco dopo, due uomini in catene, si portarono al centro della sala. Vestiti di stracci e ricoperti di fango si inchinarono di fronte al loro Alfa.
Alastair posò i suoi occhi gialli e brillanti su i due individui. Osservandoli provò ribrezzo; i lupi del Nord gli facevano sempre quest'effetto.
In rigoroso silenzio si passò una mano tra i capelli rossi striati da qualche ciocca bianca e se li portò all'indietro. «Credevate forse di poter fuggire?» chiese infine con voce melliflua.
L'uomo più anziano, dai capelli bianchi e con gli occhi color del ghiaccio, tipici della sua razza, scosse debolmente la testa. «Mio signore... io e mio figlio non...»
Alastair lo bloccò con un gesto della mano. «Silenzio. Non voglio sentire le vostre scuse. Voi Bianchi siete sempre così noiosi!»
Dopo aver parlato si alzò, avvicinandosi verso gli altri due. «Eppure sono stato buono con il vostro popolo, vi ho permesso di rimanere in vita. Vi ho permesso di aiutarmi a costruire il nuovo castello e voi come mi ripagate? Cercate di scappare»
I prigionieri rimasero in silenzio, entrambi con il capo chino. «Sei un uomo spregevole...» sussurrò il lupo più giovane stringendo i pugni lungo i fianchi.
Alastair alzò un sopracciglio. «Spregevole? Ho sentito bene?»
«Lo perdoni, mio signore, è soltanto un ragazzo...» si intromise il padre colto dal terrore di veder morire il proprio figlio.
«Devo ammettere che il ragazzo è coraggioso, mi piace. Ma forse smetterà di esserlo quando gli avrò staccato la testa dal collo, non credete?»
«No! Torneremo ai lavori, ve lo prometto!» urlò il padre inginocchiandosi di fronte all'Alfa.
Alastair guardò ancora per qualche secondo il giovane, sorridendo appena. «Uccidetelo» disse infine tornando verso il trono.
«Prendete me! Sono vecchio, mio figlio è giovane e forte potrà esservi d'aiuto!» continuò l'uomo ormai preso dal panico.
Due uomini alti e possenti, si avvicinarono ai prigionieri, tenendoli stretti per le spalle. «Tranquillo, papà. Preferisco morire piuttosto che seguire un traditore!»
A quelle parole Alastair si bloccò. Nessun insulto avrebbe mai potuto offenderlo, non badava a ciò che diceva la feccia e la cosa, di solito, si risolveva in fretta. Ma c'era una cosa che non riusciva ad accettare, ed era proprio quella di essere definito un traditore. No, lui non avrebbe mai accettato quell'appellativo. Aveva salvato la riserva, aveva tolto di mezzo quel bastardo di Edgar e aveva reso giustizia alla sua stirpe.
Si voltò, e in uno scatto fulmineo si avventò verso il ragazzo. Lo afferrò per il collo, stringendolo in una morsa dolorosa. «Non osare...» sussurrò a denti stretti. «Io sono l'unico vero Alfa» continuò poi a stringere, sentendo sotto le dita la trachea morbida, sentendo i versi soffocati che uscivano dalla bocca dell'altro.
«Tra..traditore» replicò ancora il giovane ormai viola in viso.
Alastair ne ebbe abbastanza, aumentò la stretta. Poi, prendendo tra le mani la testa del ragazzo, la fece girare in un movimento brusco e letale fino a quando non sentì il rumore dell'osso spezzato. Quel suono fu per lui, dolce e inebriante; era il suono che preferiva in assoluto. Per un attimo si pentì di non aver ucciso tutti i Lupi del Nord, in fondo, a cosa servivano? Ma, ritrovando la calma, ricordò che preferiva vederli soffrire piuttosto che premiarli con la morte.
«Bastardo!» urlò il padre gettandosi sul corpo ormai inerme del figlio.
«Uccidete anche lui» mormorò l'Alfa osservando la scena con disprezzo. «Quando gli avrete staccato la testa, portateli al cantiere e fate vedere agli altri cosa succede ai ribelli»
Una delle guardie si avvicinò all'uomo e dopo averlo colpito con un pugno, gli stacco la testa a mani nude in pochi secondi.
Alastair scoppiò a ridere di fronte a quell'atto così cruento. «Vic, riesci sempre a sorprendermi.»
Lo scagnozzo sorrise compiaciuto, orgoglioso dei complimenti ricevuti. «Mio signore» disse accennando un inchino. «Possiamo andare?»
«No, c'è ancora una persona che deve vedere questo spettacolo!».
La guardia ubbidì, capendo subito a chi si riferisse il capo. Uscì in fretta dalla sala con un sorriso divertito sulle labbra.

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