-Voi persone ricche credete che il mondo sia perfetto con soldi, party e ragazze!!?-
Il ragazzo difronte a me fa un cenno come se fosse ovvio.
-Beh non è così!!!- esclerai.
Ero in questa scuola da pochi mesi e già non sopporto i ragazzi.
-Dai, Andy stavamo solo scherzando.-
Disse Jackeson il capobanda del gruppo.
Non lo sopporto.
Si crede chissà chi e va sempre con quei pantaloni che fanno vedere le mutande e con un berretto storto.
-Strappare la mia felpa, ma che razza di scherzo è secondo te?. Vediamo se adesso ti prendessi il tuo berretto e lo strappo in nelle pezzi. Poi vediamo.-
- Dai è solo una felpa, ne avrai altre.-
Mi dice Daniel, lui è il migliore amico di Jackeson.
-Sì, certo.- rispondo ironica.
-Dai Andy, andiamo, non serve a niente litigare con loro.- mi dice Serena.
Lei è la mia migliore amica.
La conosco da due anni e mi ha aiutata nei momenti più difficili.
L'adoro, è una ragazza veramente dolce e simpatica.
Di solito è lei che perde la pazienza io sono la più calma. Però questa volta hanno superato i limiti.
Andiamo in classe. Mancano ancora due ore e potrò ritornare a casa.
Faccio molta attenzione a quello che dicono i professori e prendo gli appunti con molta cura.
Alla fine delle ore metto le cose nel mio zaino ed esco dall'aula ad aspettare Serena.
Dall'altra parte del parco vedo un ragazzo. Mi fissa.
Non credo di averlo mai visto. È alto ed un ciuffo di capelli che gli coprono gli occhi.
Porta dei jeans scuri e una felpa grigia.
Un brivido mi scende sulla schiena.
Ha qualcosa di strano quel ragazzo, qualcosa che mi spaventa.
Distolgo lo sguardo e guardo i ragazzi che parlano in gruppo.
Stanno ridendo.
Chi sa di cosa ridono.
Guardo di nuovo verso il ragazzo.
Mi fissa ancora.
Che cos'ha da fissare?
Non ha niente da fare quello lì?
Vengo interrotta dai pensieri da Serena.
-Che cosa ti ha detto il prof?-
-Niente di divertente. Solo di prendere esempio da te di smettere di fare scarabocchiare durante le sue lezioni. Secondo me la matematica dovrebbe essere abolita da tutte le scuole.- disse.
Mi metto a ridere e lei mi segue.
Ci incamminiamo verso le nostre biciclette.
-Oggi devi andare al bar?-
-Sì...oggi è giovedì.....e sì, mi tocca.-
-Ma quando fai i compiti?-
-Ti preoccupi che io faccia i compiti troppo tardi o che non te li possa far copiare?- le dico scherzando.
-No, è che non sono molto brava in letteratura.-
-E in quale materia saresti brava?- scherzo.
-In ginnastica.- dice fiera.
In questo ha ragione. Lei fa atletica ed è la più veloce della scuola.
-E in arte.- faccio la faccia di chi non ci crede.
-Si lo sono. Nei disegni astratti.- precisa.
Mi metto a ridere. È troppo simpatica.
-E con scienze come te la cavi?-
-Benino.- mi metto di nuovo a ridere.
-A proposito di scienze. Hai fatto il compito per domani?-
Annuisco.
-Me lo faresti vedere?- mi fa gli occhi dolci.
Sorrido ed annuisco mentre tolgo il lucchetto alla bici.
-Oh, no.-
-Cosa ce?- mi alzo di scatto.
-Ho dimenticato il quaderno di scienze in classe. Mi aspetti un momento che vado a prenderlo?- mi chiede mettendosi già a camminare verso la scuola.
-Certo!-le grido.
Slego anche la bici di Serena, mi alzo e mi giro verso il prato.
C'è ancora il ragazzo strano.
Mi sta ancora fissando.
Ma cos'ha che non va. Non può andarsene a casa sua?
Non ha cambiato posizione e inizio a pensare che sia uno spaventapasseri.
Mi guardo le scarpe vergognata.
Devo avere qualcosa di strano.
Non mi può guardare così perché sono carina, io non lo sono.
Ho la carnagione scura e porto sia l'apparecchio che gli occhiali.
Le uniche cose che mi piacciono di me stessa sono gli occhi colore delle tenebre e i capelli ricci.
Io adoro i miei capelli perché sono unici. Vanno tutti in su, sfidando la forza di gravità.
Questo particolare mi fa sentire forte.
Otre a questo non sono bella.
A mia madre piacciono le mie labbra carnose su cui non ho mai messo il rossetto.
La mia sorellina più piccola vorrebbe essere come me: coraggiosa, paziente, dolce e "bella".
Ma a quel ragazzo cosa può importare di me, non mi conosce nemmeno.
Finalmente arriva correndo con il quaderno in mano. Sarei scoppiata se fossi rimata lì con quel ragazzo che mi fissava.
-Quanto ci hai messo!?-
-Scusa, non lo trovavo.-
-Perdonata.-
Partiamo per andare a casa.
Noi abitiamo vicine, più o meno un chilometro.
Chiacchieriamo finché non arriviamo davanti alla casa di Serena.
-Allora a domani mattina?-le chiedo.
-No, vado al bar a trovarti e a prendere qualcosa con alcuni miei amici così guadagni qualche cosa.-
-Sì. Grazie.-
-Di niente.- mi sorride e scende dalla bici.
-Quindi ci vediamo al bar?-
-Sì.- grida da lontano.
Metto i piedi sui pedali e iniziò a pedalare.
Mancano più o meno tre minuti prima che arrivi a casa.
Pedalo in silenzio. Però sento la presenza di qualcosa, di qualcuno per la precisione.
Faccio finta di niente.
Continuo a pedale. Poi sento un fruscio e mi giro di scatto.
Perdo l'equilibrio.
Muovo le braccia per controllarla.
Non ci riesco.
Cado.
Mi fa male il fianco destro e sono incastrata con la gamba destra.
Sento qualcosa muoversi velocemente.
Ho paura.
E se fosse un animale.
Lo so che non sono in un bosco, ma sono vicina.
E se l'animale mi uccidesse.
Cerco di alzarmi, ma mi fa male la gamba.
Faccio un grido di dolore.
Ad un certo punto qualcuno si ferma vicino a me.
Tira su la bici e mi aiuta ad alzarmi.
All'inizio ero così concentrata sul dolore che non feci caso al mio aiutante.
Mille emozioni mi passarono in quel momento: paura, gratitudine, felicità, insicurezza.
Tutto questo per aver visto un ragazzo.
No, mi correggo, il ragazzo.
Quello che mi fissava. Quello con il ciuffo biondo che gli copre gli occhi.
Mi fa salire sulla bici e senza dire niente mi porta davanti a casa mia.
Come faceva a sapere dove abitavo?
Perché mi ha aiutata?
Come faceva a sapere dove ero?
Troppi pensieri e domande da chiedere. Lui se ne sta andando.
Devo digli qualcosa.
Gli devo chiedere una delle mie mille domande.
Cosa faccio?
Gli chiedo il suo nome?
Gli chiedo perché mi fissava?
Mi sono impallata e gli dico.
-Grazie.-
Lui si gira e fa un sorriso soddisfatto e se ne va via.
Entro in casa e poso lo zaino.
Mi massaggio la gamba e ci metto del ghiaccio sul ginocchio.
Rimango a casa con le mie sorelle per mezz'ora e poi mi decido ad uscire per andare al bar.
Arrivata servo alcuni clienti e poi mi siedo vicino alla mia migliore amica.
Alla fine ha deciso di venire da sola.
Le raccontai del ragazzo che mi aveva aiuta.
-Un ragazzo innamorato di Andenike mi suona male.- scherza chiudendo il quaderno di scienze.
-Non credo. Tu sei troppo sdolcinata.-
-Sì. Ovviamente un ragazzo ti fissa per tutto il giorno e ti aiuta quando ne hai bisogno anche se non glielo hai chiesto.-
-Sì sì, sarà come dici.-
-ANDENIKE!! Vieni subito qui!!- grida il proprietario del bar.
Mi alzo con malavoglia.
-Poi me lo fai conoscere il tuo ragazzo?- chiede ironica.
Le faccio una smorfia e ritorno al lavoro.
Il giorno seguente sperai che le ore corressero e ovviamente, come la legge di Marfi, le ore passarono lentissimamente.
Quando finalmente suona la campana mi precipito nel parco della scuola, con
l'incredulità del professore.
Lo cerco con gli occhi e lo vedo.
Vado da lui.
Non si muove ed io mi avvicino abbastanza da vedere i suoi meravigliosi occhi.
STAI LEGGENDO
ANDENIKE
Fantasy-E poi chi saresti tu?- Non sembra molto contento per il tono che ho usato. -Effe.- -Effe? Proprio come la lettera F?- rido. Non risponde. Faccio finta di essere seria. -Io sono An...- -Andenike. Lo so.- mi interrompe. -Come fai?- -Me lo ha detto...