-Non è successo niente, sei solo svenuta.-
-Mi fa male la testa.-
-Aspetta che vado a farti una calda camomilla.-
-Grazie mamma.-
Esce dalla mia stanza e la sento mentre prende una tazza e mette a l'acqua sul fuoco.
Mi gira la testa e chiudo gli occhi. Sono veramente stanca.
Mi sveglia mia madre dopo dieci minuti.
Si siede sul bordo del mio letto e mi porge la camomilla.
Prendo la tazza con tutte e due le mani e la sorseggio lentamente perché è calda. Intanto mia madre mi guarda preoccupata.
Bevo in quinto della camomilla e poi l'appoggio sul mio comodino e mi coricai.
-Come hai fatto a trovarmi?- le chiesi.
Sono certa che mia madre mi dica che un ragazzo strano mi aveva portata a casa.
Invece ricevetti un'altra risposta.
-Non lo so. Ti stavo aspettando in sala. Stavo iniziando a preoccuparmi. Poi ho sentito un rumore strano provenire dalla tua stanza. Sono entrata e ti ho trovata sdraiata sul tuo letto.-
-Cosa?-
È impossibile. Forse il ragazzo era entrato dalla finestra della mia stanza, ma è impossibile la finestra è troppo piccola per far entrare due persone. Poi, come ha fatto a salire fino qui. Non ci sono scale.
-Non so come tu abbia fatto. Però tu lo dovresti sapere.- mi dice accarezzandomi il volto.
Non so cosa dirle del ragazzo. Forse dovrei e decido di farlo perché io e mia madre non teniamo segreti tra di noi.
Però devo trovare un modo per dire di lui in un modo che non avrebbe fatto arrivare problemi.
Rimango per qualche minuto con gli occhi fissi sul muro bianco della mia camera.
Poi inizio, ma come se fosse una cosa che mi era passata in mente per caso.
-Sai mamma,- mi fermo per far finta di pensare.
-Ieri ho visto un razzo.-
Mia madre fa un viso stupito, preoccupata e curiosa.
-Era strano.-
La preoccupazione supera lo stupore.
-Mi sono avvicinata a lui perché l'altra volta mi aveva aiutata a tornare a casa quando mi ero fatta male.-
Mi guarda senza dire niente.
-E aveva degli occhi strani.-
Un pizzico di paura le passò sul volto per mezzo secondo. Faccio finta di pensare al ragazzo mentre fisso le pareti.
-Erano colorati. C'erano tutti i colori.-
Faccio un respiro profondo e continuo.
-Non cambiavano. Erano tutti strani.-
Vidi distintamente la paura nei suoi occhi chiari.
Si alza senza fiatare. Mi dà un bacio e mi dice:-Riposati. Sei molto stanca.- e se ne va via chiudendo la porta.
Come vorrei che mio padre fosse con me. Qui. Sul mio letto a tirarmi su di morale.
L'ultima molta che l'ho visto era quando avevo nove anni.
Ci divertivamo un mondo insieme.
Andavamo a pescare. A raccogliere funghi nel bosco e catturare gli animali con trappole ed armi. Una volta mi aveva anche insegnato a nuotare.
Dopo che ebbi compiuto otto anni non lo vedovo più di due volte a settimana.
Poi un giorno vidi mia madre piangere in camera sua. Io andai da lei e la consolai.
Quando si calmò mi disse che papà era molto.
Quello fu il giorno peggiore della mia vita.
Per tutta la settimana non andai a scuola, non dormii quasi e non mangiai.
Dopo poco mi ripresi.
Mia madre riusciva a guadagnare abbastanza per tenere in vita cinque persone. Poi i soldi diminuirono perché si era ammalata per due settimane.
Io a quel punto avevo dodici anni e mi trovai lavoro nel bar.
Da quel momento anche io dovevo badare a tutta la famiglia.
Per il mio tredicesimo compleanno ebbi un bellissimo paio di orecchini bianchi che andavano alla perfezione con la mia collana.
Me lo aveva regalato mio padre l'ultima volta che lo vidi.
-Tienila sempre conte, ti salverà da qualsiasi problema e con questa sarai al sicuro. Nessuno ti potrà mai fare del male.- mi disse sorridendo.
Amavo il suo sorriso. Era sempre sincero e caldo.
La collana me la tengo sempre, come gli orecchini, anche quando faccio la doccia. Non è mai arrugginita.
Ora l'accarezzo metro penso a papà.
Quanto mi manca.
Balzo a sedermi quando sento la porta scricchiolare.
Le mie sorelline entrarono in stanza.
Dophy, la più grande delle tre, tiene in mano la piccola Xefiana. Ha il ciuccio in bocca, pose perché si era messa a piangere.
Intanto Shiki, la terza più piccola della famiglia, saltella e si lancia sul letto.
-Come stai Andy?- mi chiede Dophy.
-Bene. E voi?-
-Noi stimo benissimamente. E tu? Come hai fatto a venire fino qua?- mi chiede Shiki eccitata.
Ci scommetto che quella piccola peste ha origliato dalla porta, è la sua specialità.
-Sai io ho poteri straordinari e posso teletrasportarmi dovunque io voglia. Ma non dirlo alla mamma.- le rispondo facendole l'occhiolino.
Lei non ha capito che è uno scherzo e fa un cenno di approvazione con la bocca aperta dallo stupore.
-Dai Shiki, stavo scherzando.- rido.
Lei si riprende dallo stupore e si mette a ridere. Anche Dophy ride con Xefiana.
Il nostro discorso del fatto che fossi entrata in casa misteriosamente finì perché Shiki volle raccontarci una cosa divertente che era successo a scuola da lei.
Per il fine settimane rimasi a casa con loro ad aiutale a fare i compiti e a fare i miei compiti.
Ci divertimmo un mondo senza pensare alle cose accadute poco fa.
Mangiamo, giochiamo, ridiamo, piangiamo dal ridire.
Però alla fine, con l'inizio della scuola, tutto torna come prima.
A ricreazione presi in disparte Serena e le raccontai tutto.
-Secondo me è un extraterrestre venuto a salvarti da questo pianeta pazzo.-
-Dai Serena, è una cosa seria.-
-Scusami, mi sono un po' fatta prendere la mano.- disse.
La campana suona e dobbiamo ritornare in classe.
Mi metto davanti alla mia pianta. È una rosa.
Stiamo facendo botanica e dobbiamo prenderci cura delle nostre piante. Innaffiarla, cambiare la terra quando è necessario e vedere la sua evoluzione.
La mia è ancora un bulbo bianco.
Sono l'unica ad avere una rosa. Gli altri hanno scelto delle piante più semplici come margherite, tulipani, non ti scordar di me.
Un mio compagno , pazzo, ha scelto un'edera, mentre una mia compagna l'ha scelto delle patate.
Io ho deciso di piantare la rosa perché era la pianta preferita di papà.
Scaccio quel pensiero e prendo la pipetta.
La immergo nell'acqua e faccio cadere una goccia due gocce e tre... BUHHMMMMM.
Non proviene dal mio vaso quel suono.
Infatti una parte del nostro laboratorio è in fiamme.
Gli alberi che erano stati piantati da chi sa chi in chi sa che anno, stanno bruciando.
Tutti si mettono a gridare e a correre il alla parte opposta del fuoco.
Il professore prova a calmarmi.
Io, stranamente, non ho paura e restò a fissare la mia rosa che tengo tra le mani.
Non sono attenta a quello che mi succede intorno e qualcuno mi prende il braccio destro e lo tira.
Mi giro di scatto e vedo una mano bianchissima.
La seguo senza farmi domande. Voglio solo proteggere la mia rosa.
La mano bianca mi porta fuori dal laboratorio sino in un posto circondato da alberi.
Avremmo corso per dieci minuti, ma a me sembravano due.
La persona mi togli la mano dal braccio e si gira.
È incredibile. È sempre lui. Lo stesso ragazzo.
-Ma che cavolo stai facendo?- gli chiedo irritata.
-Tu sto salvando.- risponde serio.
-Mi stai salvando? E gli altri ragazzi.-
-Li salverà il professore.- rispose.
Nessuna risposta.
-E poi chi saresti tu?-
Non sembra molto contento per il tono che ho usato.
-Effe.-
-Effe? Proprio come la lettera F?- rido.
Non risponde.
Faccio finta di essere seria.
-Io sono An...-
-Andenike. Lo so.- mi interrompe.
-Come fai?-
-Me lo ha detto tuo padre e devi tornare indietro.-
-Cosa? Mio padre è morto e dove dovrei tornare?-
-A Govels.- disse come se fosse una cosa normale.
-Cosa? Cos'è Govels?-
-Govels è dove devi tornare.-
-Ma scusa dov'è in America? Africa? Asia?-
Fa una faccia sdegnata.
-Non sai nemmeno dove tuo padre passava la maggior parte della sua vita.-
-SMETTILA DI PARLATE DI MIO PADRE!!!- me stanno venendo le lacrime a pensare a lui.
-Andy! Andy, dove sei?- mi stanno cercando.
Sbuca Serena da dietro un l'albero e mi abbraccia forte.
-Stai bene? Con chi stavi parlando?-
Altri ragazzi vengono verso di me .
-Non ne voglio parlare ora.-le dico e lei accetta e mi lascia stare, senza più domande.
Mi riportano a scuola e io non parlo più con nessuno.
Sono distrutta e confusa.
Come faceva a sapere di me e di mio padre?
Dove dovevo tornare? E che posto era quello che mi aveva detto? Glotel, Gliters. E poi dove si trova.
Ora non ci voglio pensare, ma le domande non mi lasciano stare in pace.

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ANDENIKE
Фэнтези-E poi chi saresti tu?- Non sembra molto contento per il tono che ho usato. -Effe.- -Effe? Proprio come la lettera F?- rido. Non risponde. Faccio finta di essere seria. -Io sono An...- -Andenike. Lo so.- mi interrompe. -Come fai?- -Me lo ha detto...