Non c'era niente di più piacevole e rilassante che osservare mia madre mentre si truccava. Lo specchio dalla cornice barocca, sopra il lavandino, rimandava l'immagine di una donna meravigliosa: i capelli dorati le cadevano ondulati sulle spalle, gli occhi color del mare erano grandi e dalle ciglia lunghe.
Il bagno della camera dei miei genitori era in marmo di Carrara, con una gigantesca vasca idromassaggio, colonne che arrivavano fino al tetto e un televisore al plasma.
Con attenzione, lei si passò il rossetto sulle labbra e la sua bocca divenne rossa.
«Come sei bella, mamma! Spero di diventare come te, quando sarò grande» sorrisi, estasiata.
«Ma sei già bellissima, tesoro mio. Guardati.»
Mi fece avvicinare allo specchio.
Vidi riflessa una bambina dalla pelle diafana, gli occhi cerulei come i suoi, poche lentiggini castane sopra il naso, e i capelli color oro: ero la sua copia in miniatura, ma ovviamente non palesavo ancora la grazia che contraddistingueva una donna.
«Non uscire anche stasera, rimani a casa. Potremmo guardare la tv assieme, giocare a scacchi, o a Monopoli.» Storsi la bocca in una smorfia. Sapevo che avrebbe risposto di no, come sempre.
«Kelly, sai che non è possibile. Io e tuo padre siamo stati invitati a un ricevimento, non possiamo mancare.»
«Come ogni sabato sera!» sbuffai delusa.
Impietosita, mi tirò a sé abbracciandomi, facendomi accoccolare contro il suo seno.
«Mamma, tu pensi che io sia strana?» domandai, di punto in bianco.
Mi scrutò in viso, scioccata da quella semplice domanda. Si era d'un tratto preoccupata, come se stesse ripensando a qualcosa di angosciante. Dopo alcuni secondi si rasserenò, e la sua espressione tornò serena. «Che sciocchezza, perché mai dovresti essere strana?»
«Non lo so. Ai miei compagni di scuola non piaccio. Ieri è successa una cosa buffa, e mi hanno presa in giro tutto il giorno.»
«Cosa, amore?» volle sapere, con una punta di inquietudine.
Dondolai i piedi, seduta sopra le sue gambe. «Lucinda Jackson aveva perduto il suo braccialetto. Non riusciva a trovarlo e sembrava impazzita. Io e Rose l'abbiamo aiutata a cercarlo. Poi ho avvertito qualcosa. Nel corridoio c'era il profumo di Lucinda. Ho seguito quel profumo e ho trovato il bracciale: le era caduto nell'aula di musica.»
Portò una mano sulla bocca e non commentò.
«Mamma, come ho fatto a sentire il profumo di Lucinda?»
Si alzò dallo sgabello, il suo lungo abito di Versace, di seta bianca e in stile impero, scivolò in una cascata di veli. Passeggiò per la camera, con passo nervoso.
«Kelly, tu sei...»
«Sei pronta, Annabelle?» La porta si spalancò e mio padre entrò con la sua solita autorità, interrompendola. Il frac che indossava era impeccabile, come sempre, la barba perfettamente rasata; solo i suoi occhi luccicavano minacciosi e ci scrutavano con rimprovero.
Avevo sempre avuto paura di lui.
Ebbi l'impressione che l'avesse interrotta di proposito.
Con un sospiro, lei si passò le dita tra i boccoli biondi, acconciati con fermagli di diamanti, e gli si avvicinò. «Andiamo.»
«Tu mi raccomando, fai la brava, bestiolina» mi sorrise lui.
«Harold...» La voce di mia madre fu un chiaro rimprovero, dopo aver udito quel nomignolo orribile. Come risposta, mio padre esplose in una sonora risata, prendendola in giro.
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BLOOD MOON (ESTRATTI)
ParanormalKelly Rochester ha tutto quello che una ragazza possa desiderare: lunghi capelli dorati e un corpo perfetto, appare sulle riviste patinate e viene invitata agli esclusivi party dello show business newyorkese. Un segreto ancestrale però, ha sempre se...