Laugh pt 2.

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Niall's pov

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Niall's pov

*Due giorni dopo il concerto*

Non avevo molti pensieri per la testa, ma solo uno mi assillava continuamente ed andava sempre a beccare la mia concentrazione nello stesso punto, quando cercavo di cambiare posizione nel letto, per pensare ad altro. Se lo avesse fatto di proposito? Oppure no? E se non gli fosse nemmeno importato su chi poneva le sue gelide mani?
Tirai le coperte verso il mento, ma non riuscii ad avere abbastanza forza per contrastare quella del riccio. Infilai sotto il tessuto il piede destro, che mi si era congelato nel sonno e appena riscaldato, mi tormentarono le piccole formiche al piede, che mi fecero quasi ghignare dall'irritazione.
Mani grandi mi prendevano per le spalle e mi facevano girare. Il suo viso, così vicino, mi faceva impazzire.
"Basta" dissi a me stesso, per troncare gli episodi della notte precedente. Avevo avuto una tale esplosione di emozioni, che non ero riuscito a rendermi conto della situazione.
Ed eccomi lì, steso sul letto, quando solo in quel momento mi ritornavano le memorie. L'avevo sempre voluto, devo essere sincero, ma quella notte era stata per me non come quella che avevo atteso da quando avevo posato i miei occhi sul quella magnifica figura, ma come un errore irrimediabile, che in quell'istante non avrebbe influito, ma prima o poi ero convinto che mi si sarebbe ritorto contro.

***

«Ora esco! Troia, ma ti calmi?» gli urlai più forte che potevo, facendo in modo che il riccio ridesse per come mi ero espresso, il che era sicuramente non da me.
Lasciai cadere l'asciugamano a terra e con uno sbuffo mi abbassai per riprenderlo, sperando che in quell'attimo Harry aprisse accidentalmente la porta. Aspettai qualche secondo con l'asciugamano in mano, ma poi decisi di legarmelo alla vita, dopo aver pettinato con le dita i capelli. Raccattai gli occhiali, che si erano appannati e misi i vestiti del concerto a lavare, in un sacco nero.
Decisi di uscire senza vergogna con il petto scoperto, di cui ero sicuro che appena visto il riccio, si sarebbe arrossato pure quello. Non riuscivo proprio a controllarmi quando lui era in giro. All'inizio era solo una semplice amicizia, o almeno, pensavo che chiamandola così avrei calmato le acque che dentro di me si muovevano quando mi abbracciava amichevolmente, ma già da quando era uscito il primo singolo ero completamente cotto di lui.
Appena aperta la porta mi ripetei più e più volte di rimanere impassibile, ma mi morsi il labbro appena vidi anche Harry senza maglietta, con addosso solo dei pantaloni attillati. Spostai lo sguardo e mi tolsi di torno, così da farlo entrare nel bagno.
Lui, visto il mio comportamento ambiguo, mi si avvicinò e toccò con le sue labbra la parte vicina all'orecchio, così da sussurrarmi parole innocenti, forse. La sua mano appoggiata sull'avambraccio fece andare a fuoco tutto il mio corpo e sentivo quasi dei folletti ballare dentro il mio petto. Non riuscii proprio a rivolgergli uno sguardo, neanche fugace, di un solo secondo. Stavo reagendo al tocco con il viso dalla parte opposta, mordendomi costantemente il labbro e sperando che fosse solo uno di quei bei e liberi sogni, che mi concedevo quando ero annoiato o lontano da lui. In quei sogni sapevo che avrei potuto senza problemi girare il capo e lasciargli un dolce bacio sulle labbra, ma visto che quella era la realtà, non avevo per nulla il coraggio neanche di pronunciare parola, per paura che la voce mi si sarebbe incrinata. Ero solito a fare delle figure non troppo piacevoli davanti a persone tanto belle d'aspetto come Harry. Finivo sempre per inciampare o sbiascicare qualcosa di insensato, mentre l'altra persona già si era stancata di me. Non avevo molta esperienza, ecco, non ero come Harry.
«Sei tenero quando arrossisci» sentii il flebile tocco delle sue labbra, che mi provocarono fremiti per tutto il corpo, ma mi controllai e coprii con la mano l'erezione che si stava formando sotto l'asciugamano e minacciava di uscire da un momento all'altro.
Avrei dovuto dire almeno qualcosa sennò si sarebbe subito accorto che ero troppo concentrato nel tenere a bada un qualcosa che avrebbe reso la situazione peggiore di quanto già non fosse.
Harry era venuto con me per stare lontano da Louis, perché ci provava? Non mi sarei mai aspettato che avesse reagito in una maniera così superficiale alla loro litigata. Probabilmente si era stufato di avere dei problemi con il biondo e si era deciso a staccarsi un po', per poi riconcigliare. Non sapevo davvero cosa stesse tramando il riccio in quella piccola testolina, che tanto non riuscivo a capire, ma potevo immaginare che quello che voleva far parere all'esterno non era compatibile con quello che invece stava provando dentro di se. Stava soffrendo e se non fossi stato per così tanto tempo accanto a lui, probabilmente gli sarei saltato addosso senza pensarci e avrei tradotto il suo comportamento come attrazione sfrenata, dopo una realzione che durava da quasi cinque anni.
«Bene» risposi solo ai suoi complimenti e mi spostai dal punto in cui mi aveva fermato, afferrandomi il braccio. Tolsi la mano con più fermezza che potevo, ma era ormai inutile: aveva troppe prove per definire quello che provavo per lui non solo amicizia. Perché non so mai controllarmi?
Mi sedetti sul letto, ignorando il suo sguardo, che ancora mi scrutava, perché aspettava che mi togliessi quel poco che mi rimaneva per stare in piedi davanti a lui, completamente svestito.
Aveva dimenticato così in fretta Louis?
«Te ne vai?» chiesi quando mi accorsi che si era avvicinato troppo a dove ero seduto e, davanti a me, si era messo ad osservarmi intensamente.
«Non vuoi venire?» rispose con un'altra domanda, alzando un poco il sopracciglio. Odiavo quando lo faceva. Sì, qual giochetto con le sopracciglia, mi facevano diventare matto e perdevo ogni volta il lume della ragione. Persi per un attimo il controllo sul mio corpo e feci in modo che l'inguine di riscaldasse ancora di più, con più intensità. Mi abbandonai per qualche secondo a quella sensazione, tanto calda da farmi sentire bene.
Non lo guardavo direttamente negli occhi, ma potevo scrutare dalle ciglia il suo viso contratto da una smorfia di divertimento. Mi prendeva per il culo?
Probabilmente divenni di una tonalità per cui non sembravo più un nordico, ma proveniente dal Sahara. Mi appoggiai con i gomiti sulle ginocchia ed accavallai le gambe, per rimanere ancora per poco calmo.
«Dio, come mi piace» disse lui, prima di alzarsi e avviarsi alla porta del bagno, per poi chiuderla con un tonfo, seguito da un risolino ironico.
Che figura.
Mi morsi il labbro inferiore fino a quando mi si formò un grumo di sangue dentro la bocca.
Mi vestii più veloce che potevo e spinsi verso il basso il pacco che si era rigonfiato.
Perché mi facevo prendere in giro così facilmente?
Harry aveva solo un cuore e questo apparteneva a Louis, si sapeva.
Mi ricordai di aver portato i vestiti di ricambio in bagno, ma lasciai perdere per non subirmi un'altra burla e rovistai di nuovo nel borsone, dove trovai un'ultimo paio di pantaloni e una maglietta smanicata.
Decisi di mettermi subito il pigiama, vestendomi con un rapidità che mai avrei pensato sarei riuscito ad arrivare e mi coprii completamente, dopo essermi buttato sul letto, con ancora il piccolo fremito che mi aveva fatto tremare in continuazione le mani mentre mi allacciavo la camicia, con le coperte, fino ai capelli.
Decisi di chiudere gli occhi e non badare all'acqua che scrosciava dalla parte opposta della stanza, dove per me si trovava un sentimento indescrivibilmente piacevole.

***

Studio di XFactor~ 21 Dicembre 2010

Louis' pov

«Ma tu sei perennemente in prova?» sentii una voce familiare, mentre mettevo al suo posto il microfono che avevo preso in prestito per qualche minuto, per mettermi a canticchiare un pochino, visto che secondo quel vecchio giudice, che non sapeva farsi per nulla gli affari propri, avevo avuto una grande fortuna allo smistamento ed ero finito con il miglior musicologo che si potesse avere: Simon, lui stesso, ovviamente.
Grazie alla fortuna, appunto.
Provavo per ore ed ore, ma sembrava che la mia voce non migliorasse, anzi peggiorasse e Simon sempre me lo faceva notare, sostenendo che non c'entrassi niente con gli altri quattro.
Io lo volevo davvero, e ce l'avrei fatta, con o senza Harry.
Lo sapevo, i commenti di Simon erano tutti dettati dalla sua omofobia e non avevo altro in testa che la forza di cui avrei potuto usufruire un giorno per dimenticarmi di quella bella faccina.
Dovevo pensare a Bethany e basta. Come facevo a ficcarmelo da qualche parte, che non fossero le mie tasche o le mie scarpe?
«Lei è perfetta» diceva e ripeteva mia madre, ma giá a 'lei' avevo perso il filo del discorso, troppo concentrato sul nuovo soggetto dei miei pensieri.
Però dovevo solo pensare per il momento alla carriera e lasciar perdere per un po' la questione "amore", che come sapevo, mi avrebbe tormentato ancora per un po'.
«Non hai sentito Simon?» chiesi a Zayn, che giocherellava con la punta delle stringhe delle sue scarpe, prima di decidersi ad allacciarle e alzarsi, per venire verso di me.
«Non prendere tutto alla lettera, Lou. Vieni con me stasera, andiamo un po' fuori e accantoniamo questo posto dimenticato da Dio» disse muovendo le mani a mo' di gioco. Non capii subito quello che intendesse, ma risposi prontamente, visto che non ero un gran frequentatore di locali notturni, poiché avevo avuto delle esperienze spiacevoli a riguardo tempo prima.
A Zayn però sembrava non importare di tutta quella "fortuna" che gli era caduta dal cielo.
Certo, era molto bravo ad intonare una canzone senza aver provato a dismisura, ma riusciva in un modo quasi disumano a sostenere uno sguardo strafottente, anche se alcune volte malinconico ed era quello che faceva più paura ai giudici.
«No, grazie, ma stasera vorrei andare a dormire presto. Sai, domani ci sono le natalizie» dissi quasi come se fossi sul punto di piangere e scaraventare sulla platea tutti gli aggeggi elettronici, così da impedire la gara della sera successiva. Odiavo essere osservato attraverso uno schermo da più persone, che oltretutto non conoscevo, ma proprio non mi andavano giù i commenti di altri, che anche se sconosciuti, si permettevano di giudicarmi senza ritegno.
Sbuffai rumorosamente, mentre seguivo con lo sguardo la figura flessuosa di Zayn sedersi su una sedia vicino alla mia. Sentii il suo profumo al muschio invadermi completamente le narici e, concentrato su di esso, mi lasciai trasportare dal sapore di montagna che tanto mi mancava. Mi mancava casa, la mia famiglia, mia madre, Bethany. Perché ero venuto in quel posto per intraprendere una strada per cui non ero fatto neanche apposta?
«Non devi andare in ansia» mi toccò il braccio e quasi lo vidi sorridere. «Se vuoi parlare, ci sono» aggiunse, facendomi sobbalzare dallo stupore. Lui, ragazzo intoverso e intoccabile, chiedeva, a me, di confessarmi? Non avrei di sicuro risposto di sì, ma apprezzai, anche se in un modo tutto mio, l'interesse improvviso del moro.
Avevo una speranza, forse.

***

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 23, 2018 ⏰

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