Laugh pt 1.

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Niall's pov

Non riuscivo proprio a vedere Harry in quello stato.
Già da mesi continuava a ripetere di stare bene e che tutto sarebbe andato per il meglio, ovvio, se ci fosse stato qualcosa che lo tormentasse.
Però ero sicuro al cento per cento che il riccio non volesse ammettere il dolore immenso che provava ogni volta che vedeva Louis cercare di essere etero.
Aveva più volte ammesso di voler, senza preavviso, un giorno, rivelare davanti ad una intervistatrice che era tutto vero, che i fan avevano azzeccato e che non ci sarebbero stati modi per distruggere il legame indissolubile che li teneva stretti l'uno all'altro.
Avevo sempre creduto che Harry avesse prima o poi rinuciato e provato in un qualche modo a trovarsi un altro ragazzo fuori dalla band, ma quando gliel'avevo chiesto lui aveva solo risposto che Simon non permetteva neanche quello.
Vaffanculo Simon e tutti gli altri.
Volevo davvero il bene per Harry, forse un po' troppo.
Rimanevo sempre folgorato dal modo in cui si atteggiava e non vedevo altro che bellezza e semplicità in lui.
Pensavo a Harry molto spesso: sempre mi tormentavo con pensieri riguardanti la sua vita, infatti mi chiedevo se fosse felice o no.
«Non ne voglio parlare» disse Harry serio, il che mi fece un po' sobbalzare perché era sempre stato sensibile, si scioglieva quando era con me e non provava vergogna nel scoppiare in un pianto infinito.
Quanto soffrivo per lui, per tutto quello che aveva passato. Avrei dato un mio braccio per rimettere a posto le cose, anzi avrei preferito che dal principio nulla fosse mai iniziato.
Dovevo essere io a chiamare Harry nel bagno la prima volta, ma lasciai fare a Louis, perché avevo in mente solo una ragazza, che poi si era rivelata un'emerita stronza.
«Okay» sbuffai, dando un pizzicotto ad Harry, che inizialmente non prese bene il mio giochetto, ma poi spuntò sul suo viso un sorriso disperato, che tramutai, come sempre riuscivo, in uno vero.
Gli feci il solletico e quando sentii la sua risata non riuscii a non ridere anche io, tanto contento di avergli fatto dimenticare per un momento il biondo. Era stato un gesto un po' azzardato, ma valeva la pena tentare.
Appena mossi velocemente le dita sul suo fianco lui non fece altro che contorcersi inizialmente e trattenere a stento una risata. Alla fine scoppiò e potei vedere i suoi denti bianchi, che lui cercava di nascondere girando il capo verso la finestra, dalla parte opposta a dove mi trovavo io.
«Eddai Harry» dissi con la faccina più dolce e triste che in quel momento potevo permettermi, prima di vedere il suo volto girarsi verso il mio, scoppiai in un riso che fece sobbalzare sia Harry che me, nello stesso preciso istante.
Mi sorrise e mise in mostra la fila perfetta di denti e a quel punto non riuscii a non trattenere lo sguardo sui suoi occhi, prima, e poi sulle sue labbra. Il mio sguardo si alternava su quelle due bellissime viste. Non avrei fatto altro che ammirarlo tutto il giorno se non se ne fosse accorto e mi avesse messo la sua mano completamente sulla faccia, per aumentare la distanza che ci divideva: mi ero avvicinato troppo senza pensarci due volte e avevo colto l'occasione per la prima volta. Il mio viso andò in fiamme in un batter d'occhio e sentii il risolino di Harry che mi aveva preceduto.
«Guardati, sei tutto rosso» disse senza ritegno e gli diedi subito una gomitata, seguita da uno schiaffo sul braccio.
Mi voltai dalla parte opposta per non far vedere che ero diventato quasi come un peperone e mi vergognavo tanto.
Non ero sicuro che Harry fosse a conoscenza della mia cotta, ma avevo notato che si divertiva nel ricordarmi quanto reagissi ai suoi tocchi. Anche se in un certo senso lo aveva probabilmente capito, non ci aveva provato con me. Neanche una volta.
Ed era proprio quello che me lo faceva piacere ancora di più.
Volevo bene a Louis, ma molte volte sembrava che proprio non si capacitasse del fatto che avesse uno dei più dolci e buoni ragazzi al suo fianco. Quanto lo invidiavo.
Harry dimenticò subito il mio volto arrossato e, anche con il sorriso che andava piano a scemare sul suo volto, cercò di rendere la situazione meno imbarazzante, cominciando un discorso.
«Liam non era con noi?» chiese aggrottando le sopracciglia, ma sempre guardando al di fuori del finestrino, con il gomito appoggiato sul porta-oggetti.
«Come mai ora t'importa di Liam?» ero confuso. Sopportava appena il comportamento poco gentile di Liam e non gli aveva rivolto la parola per tempo.
Continuai ad osservarlo con la bocca semichiusa, ma con in mente la risposta che il riccio avrebbe potuto rifilarmi. Sapevo che aveva attaccato conversazione solo per dare poco peso alla mia reazione. Ero completamente d'accordo con la sua trovata, ma sentivo come se lui stesse cercando di non provare qualcosa di nuovo, che lo avrebbe di sicuro cambiato e, magari, sollevato. Ero pur sempre un membro della band e i problemi sarebbero sempre risultati gli stessi, ma avevo una concezione diversa: Louis aveva cercato in tutti i modi di non far capire che cosa ci fosse tra lui e Harry, quando invece io avrei preferito mostrarmi come quello che davvero ero.
Non avevo una vera e propria preferenza, ma con Harry era diverso, eravamo legati da un qualcosa che mi è difficile descrivere in poche righe, ma non potevamo catalogarci più che migliori amici nella piramide sociale.
«Solo per sapere se mi fosse stato tra i piedi stasera. Calma, biondo» rispose, ma già non mi serviva ascoltare quello che aveva da dire. Mi concentrai solo sulla sua voce e gli alti e i bassi che pronunciava. Era così suadente e profonda.

«Possiamo vederci un film, se ti va» pronunciai dandogli uno spintone, che gli fece perdere per qualche secondo l'equilibrio, ma poi rispose al mio gesto affettuoso con un copino sul collo. Intanto portavo le borse e le valige e percorrevo con Harry la strada per arrivare all'hotel, con ancora il sorriso.
Non volevo lasciarlo respirare neanche un secondo, sapevo che se lo avessi fatto, si sarebbe incupito e la serata sarebbe finita male. Odiava quando lo facevo, ma non appena lo vedevo leggero e senza pensieri, intensificavo il progetto: "Niall la cozza".
Arrivammo alla stanza dell'hotel e la prima cosa che facemmo fu buttarci sul letto, stanchi dal concerto.
Avevo la stanza un po' incasinata, ma feci finta di nulla, lasciando posto a Harry sul secondo letto.
«Puoi dormire qui» ammisi, intenzionato ad andarmene in bagno: non riuscivo a non arrossire di nuovo. Che mi prendeva?
Ero davvero contento di avere qualcuno con me, soprattutto se quel qualcuno era Harry: non passavamo una serata insieme dalla notte in cui eravamo usciti al club.
«Se Zayn fosse qui sarebbe soddisfatto: mi faccio una doccia» ammisi, lasciandomi scappare una risata, prendendo al contempo i vestiti di ricambio, scaraventando di tutto sul pavimento.
Harry fece finta di nulla, ma gli venne da ridere, cosa per cui non lo avrei basimato: ero un totale casinista.
«Al solito tutto sotto controllo, eh?» chiese scherzoso, guardando dall'altra parte.
«Come sempre, ovvio» risposi a Harry alzando gli occhi al cielo.
«Dopo tocca a me. Ho sudato come un porco» mi informò, stiracchiandosi sul letto e prendendo il telefono.
Non ci misi molto a insaponarmi completamente e far scivolare le bolle di sapone dal mio corpo. Immaginavo sempre che le mani che portavano verso il basso la schiuma della doccia fossero proprio quelle di Harry. Me lo figurai anche il quel momento e mi rilassai completamente sotto il getto.

***

Hotel Ambrogia~ 21 Dicembre 2010

Louis' pov

Mi alzai dal letto dopo aver sentito un rumore acuto, ma duraturo. Stavo per urlare di paura, ma mi trattenni.
Cercavo a stento il tasto per accendere la luce, ma caddi nel bel mezzo della stanza, provocando un fracasso che spezzò il silenzio della notte.
Rimasi zitto per più di un minuto, ma poi raggiunsi a tentoni la porta e premetti il bottone maledetto.
Sentii la porta aprirsi velocemente e richiudersi il momento successivo. Con ancora gli occhi assonnati, ma svegli per la paura improvvisa, vidi stagliarsi da lontano una figura alta e slanciata.
Era proprio davanti a me, con un ghigno stampato in faccia. Stavo per mettermi a urlare dallo spavento, ma lui subito mi tappò la bocca con la mano e mi spinse contro il muro. Sentii il calore della sua pelle contro la mia ed ebbi subito un brivido. Il suo viso così vicino non mi dava la forza di smettere di tremare e non riuscivo a pensare ad altro che ai suo occhi verdi puntati sui miei. In osservazione continua.
«Non parlare» disse piano, ma notai un filo di durezza nella sua voce. Si accertò che non aprissi bocca per qualche minuto, continuando a scrutarmi, ma poi ritrasse piano la mano, facendo scivolare il mio labbro inferiore verso il mento.
Con un colpo secco mi serrò al muro e mi scossi spaventato.
«E non muoverti» aggiunse.

To be continued...

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