Le lezioni di spagnolo proseguivano, diventavano sempre più numerose, tal volta con la scusa del dover finire un argomento ci trovavamo la sera. Non accadeva nulla, ma sembrava quasi che anche solo stare assieme ad imparare qualcosa rendesse meno pesante la vita in quel periodo.
Dallo spagnolo eravamo passati a qualcosa sulla nostra vita passata e così avevo scoperto il motivo di turbamento del numero nove, ossia Maria. Era la sua ex fidanzata, la quale l'aveva dimenticato conoscendo un modello. Non si era preoccupata nemmeno di scaricarlo faccia a faccia, ma era stato sufficiente un ridicolo messaggio. Mi era parsa la storia inversa che avevo vissuto io.
Ero stata mollata perché lui era stanco dei miei piagnistei per la morte della mia famiglia. Ovviamente il tutto era avvenuto tramite un messaggio su whatsapp. Non l'avevo più visto di persona.Molte lezioni di spagnolo più avanti...
Non sapevo nemmeno io perché avessi accettato il suo invito a cena. Ok, eravamo diventati amici, ma non volevo nulla di più, sia perché di lì a pochi mesi me ne sarei andata, lasciando quel posto di stagista a qualcun altro, sia perché non desideravo alcuna complicazione nella mia vita. Non volevo renderlo partecipe di una vita travagliata, composta da un passato travagliato che ancora non mi aveva ancora abbandonata. Perché trascinarlo in una vita vuota come la mia? Ove non esisteva nient'altro che il lavoro e lo studio. Ero sola al mondo, avevo solo mio zio Eustace, il quale era sempre in giro per il mondo per lavoro. Ed io? Io dovevo bastare a me stessa. Non c'era bisogno di trascinarlo in quel buio immenso ed eterno. Aveva già sofferto abbastanza per la sua Maria, che senso aveva prendersi un giocattolo rotto come Antea? Meritava qualcuno che potesse donargli serenità e non caos.
Eppure, egoisticamente, avevo accettato di uscire a cena con lui. Mi ero fatta bella, come se effettivamente ci tenessi ad apparire splendida ai suoi occhi, come se le sue iridi ambrate dovessero posarsi solo su me stessa e basta. Sì, desideravo tutto ciò, ma non avrei dovuto. Si trattava di incoerenza bella e buona quella che mi attanagliava un cuore già pesante di suo. Eppure una parte di me, quella che cercavo di sopprimere in ogni modo possibile, cercava disperatamente amore, aiuto e dolcezza. Non meritavo forse anche io un po' di pace? Un po' di amore?
No, io ero stata la causa della morte dei miei genitori e di mio fratello, io li avevo uccisi. Ero stata io a togliere loro la vita per un mio stupido capriccio, per una stupida passione. Ed ora pretendevo pure di essere perdonata?
Mi risvegliai da quei nefasti pensieri, imbambolata di fronte allo specchio, quando il cellulare squillò, segno che Álvaro era sotto casa mia. Mi riscossi, scuotendo il capo ed imponendo a me stessa che non lo avrei trascinato nel baratro con me. Lanciai un'ultima volta lo sguardo alla mia immagine riflessa, chiedendomi se quella me difettosa un giorno o l'altro fosse stata mai in grado di perdonarsi. Probabilmente quel giorno era ancora lontano.
Agguantai la pochette nera e mi catapultai giù per le scale, correndo per non farlo attendere troppo.
Salii sulla sua Lamborghini Huracán gialla.
-Poco appariscente eh? - Commentai sorridendo, mentre mi sedevo ed allacciavo la cintura di sicurezza.
-Ma dove lo mettiamo Simone? Non dirmi che dovrò tenermelo in braccio? - Aveva sbolognato a qualcuno quel povero cristo.
Oltretutto eravamo già in ritardo e non si azzardava a partire. Che gli prendeva?
-Non si saluta?-
Mi rinfacciò, mentre lo guardavo scioccata.
-Ciao Álvaro! Possiamo andare ora? Avrei una certa fame visto che sono le nove di sera e non sono spagnola. - Gli spagnoli avevano orari diversi da noi, mangiavano molto più tardi e, a quanto pareva, l'attaccante juventino non aveva cambiato abitudini.
-Manca ancora una cosa. - S'indicò la guancia barbuta con l'indice. Capii all'istante e rivoltai gli occhi al cielo. Così facendo mi rendeva più difficile il mio compito, stupido spagnolo!
Mi sporsi verso di lui e schioccai un sonoro bacio sulla guancia pelosa. Non feci però in tempo ad allontanarmi che mi ritrovai il viso bloccato tra le sue mani. M'irrigidii all'istante e, probabilmente, a quel mio reagire non continuò ciò che aveva in mente. Si limitò a sfiorarmi la guancia con estrema delicatezza, sorridendo dolcemente.
-Sei splendida questa sera. - Mormorò, forse più tra se e se, piuttosto che rendermi partecipe tale pensiero.
Sorrisi silenziosamente di quel complimento, senza rispondergli.
Il mio cuore fece un sobbalzo e dentro di me sentii un lieve crack, come se una piccola parte avesse iniziato il processo di decongelamento. Che si stesse sciogliendo lo strato di ghiaccio che avvolgeva il mio cuore?
Male male, anzi malissimo! Non poteva e non doveva succedere.
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Il calcio non ha nessuna verità, nessuna legge.
FanfictionFan fiction su Álvaro Morata