Highway to hell

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Dopo l'episodio della palestra con Álvaro avevo cercato di mettere meno piede possibile a Vinovo. Non sapevo perché ma ne ero uscita turbata, non per lui e nemmeno per la sua presenza. Mi era quasi sembrato di fare uno sgarbo alla memoria dei miei genitori, di mio fratello. Quel contatto appena accennato con i calciatori di quella squadra, proprio quella squadra che aveva fatto nascere in me la passione per il calcio, ma che indirettamente aveva pure distrutto la mia vita e quella della mia famiglia, mi rendeva irrequieta.
Così, per scacciare quell'inquietudine dal mio cuore, avevo evitato in tutto e per tutto di andare a Vinovo, se non quando era strettamente necessario. Lavoravo come una matta, tenendomi impegnata in qualsiasi modo, ma ciò non bastava perché vi era sempre quel qualcuno che veniva a disturbarmi ogni qual volta ne aveva tempo.
Erano passate tre settimane da quando Morata mi aveva rivolto la parola per la prima volta e, nonostante la mia poca disponibilità, non si era dato per vinto e aveva continuato ad "importunarmi".
Anche quel giorno, ripresosi ormai dall'infortunio, nella pausa allenamento si era seduto di fronte a me, solito sorriso sornione dipinto sulle labbra e braccia conserte, intento ad osservarmi. Ormai non parlava nemmeno più subito, ma lasciava che fossi io, esasperata dalla sua muta presenza, a rivolgermi a lui.
-Hai intenzione di interloquire o di stare in silenzio come le ultime due volte? -
Domandai seccata, mentre continuavo a lavorare ai memorandum che avevo da svolgere. Non alzai nemmeno lo sguardo, tanto sapevo che non desiderava altro che chiacchierare.
-Posso anche stare in silenzio, mi piace guardarti lavorare. Cambi espressione spesso. - Scrollò le spalle, appoggiando i gomiti al tavolo e allungandosi verso di me.
Tali parole mi sorpresero, come poteva accorgersi del mio cambio mimico facciale? Era così un bravo osservatore?
-Mi prendi in giro? -
Domandai sorridendo, posando la penna al tavolo e lasciandomi andare contro lo schienale della scomoda sedia. Le braccia erano conserte al petto ed io lo guardavo con perplessa, ma al tempo stesso incuriosita. 
-Beh, quando leggi e capisci sei rilassata, il che capita spesso, ma quando trovi qualche intoppo nei documenti corrughi la fronte e le tue labbra diventano a forma di cuore, increspate. La mano destra tocca convulsamente questa ciocca di capelli. -
Disse sfiorandomi un ricciolo, esattamente quello che mi toccavo mentre ero pensierosa.
-Mentre la sinistra stringe la penna o la matita che sia, come se quel tocco ti inducesse a capire. -
Lo guardavo esterrefatta, anche perché c'erano gesti che nemmeno mi accorgevo di fare, tipo quello di increspare le labbra.
-Quando ti annoi, perché quello che stai facendo è scontato o perché semplicemente non ti piace, tendi a giocare con la penna, mordicchiandola anche leggermente tal volta. -
Un enorme sorriso si era andato lentamente a delineare sulle mie labbra, stendendole e mostrando lo smalto bianco dei miei denti.
Era un mostro quello che avevo davanti?
-Dio mio, la prossima volta ricordami di farti parlare, se stando zitta mi hai catalogata in questo modo è meglio che tu sia distratto! - Esclamai in modo scherzoso, alzando le mani in segno di resa.
-In che modo vorresti distrarmi? -
Chiese malizioso, sporgendosi ulteriormente verso di me. Feci altrettanto, sorridendo a mia volta in modo malizioso. Giunsi a pochi centimetri dal suo viso e con la mano sinistra sfiorai il suo mento barbuto. I suoi occhi castani erano fissi nei miei verdi, finsi di non essere in grado di reggere il suo sguardo, abbassandolo timidamente. Il calciatore, preso dalla agitazione del momento, mi afferrò una mano, attirandomi di più a lui. Grazie al cielo c'era il tavolino in mezzo, altrimenti sarei finita direttamente in braccio a lui.
-Vuoi sapere come potrei distrarti? - Mormorai a pochi centimetri dalle sue labbra, mentre lui chiudeva gli occhi bramoso probabilmente di un bacio che non sarebbe mai arrivato. Non rispose nemmeno, si limitò ad annuire.
-Dandomi lezioni di spagnolo! - Esclamai, prendendogli la guancia destra tra le dita, come fanno le nonne quando vedono i nipoti.
Scoppiai a ridere, mentre lui spalancava gli occhi per la sorpresa e delusione.
Cosa credeva che mi sarei lasciata andare in un bacio? Non lo conoscevo nemmeno. Era lui che aveva passato le ultime tre settimane a sedersi al mio stesso tavolino senza nemmeno parlarmi. Mi alzai, chiudendo i documenti e prendendoli tra le braccia, come a volervi proteggere a costo della vita.
Sorrisi ad un Álvaro imbambolato e, dandogli un buffetto sulla guancia, lo salutai, allontanandomi per tornarmene a casa.

Il giorno seguente...

Stesso tavolino, stessa ora, ossia la pausa che avevo sia io che i calciatori. I documenti erano ancora davanti a me, solo che questa volta erano nuovi e totalmente sconosciuti. Avrei dovuto farci un bel lavoro, ma non ne ebbi il tempo perché, proprio mentre nelle mie orecchie pompava prepotentemente highway to hell degli AC/DC, qualcosa cadde con un tonfo sul mio tavolino. Mi spaventai e, alzando immediatamente lo sguardo, constatai che si trattava di Morata, il quale aveva lasciato andare dalle sue mani un librone di spagnolo. Mi aveva preso alla lettera?
Lo guardai interrogativa, togliendo le cuffie.
-D'ora in poi solo musica spagnola! Per quanto non possa che apprezzare i tuoi gusti musicali, da oggi ti ascolterai solo musica in lingua spagnola, intesi? -
Fu duro, deciso e così mi ritrovai ad annuire sorpresa, mettendo via il telefono e osservandolo accomodarsi di fianco a me. Faceva sul serio?
Aprì il libro per principianti e mi chiese se fossi pronta. Annuii e basta.
-Sono forse riuscito a zittirti? - Mi domandò con un sorriso soddisfatto.
-Mi hai sorpreso, ebbene sì! -
Ero davvero stupefatta. Mai e poi mai avrei pensato potesse arrivarmi con un libro di spagnolo pronto a mettersi in gioco per istruirmi.
Iniziammo la lezione. Ero un disastro. Non sapevo assolutamente nulla, niente di niente, se non qualche parola a casa e per di più pronunciata pure malamente. Capra, non avrei saputo definirmi in altro modo. Mi vergognai tantissimo per quella mia ignoranza, sebbene sentirlo parlare fosse bello.
Tutto sommato era un bravo maestro, paziente e disponibile, mentre io ero una pessima allieva, ma proprio pessima.
-Scommetto che domani non ti farai vedere, ma anzi ti nasconderai dalla qui presente ignorante. - Borbottai a fine lezione, per nulla soddisfatta della mia incapacità. Penso che se mi fossi registrata mi sarei fatta grasse risate nello riascoltarmi. 
-È normale avere difficoltà, era la prima volta che ti cimentavi con lo spagnolo. Io sbaglio tuttora con l'italiano! -
Non ero molto convinta delle sue parole, ma annuii, mentre lui se ne scappava ad allenamento. Prima di sfuggire dalle mie grinfie si permise persino di schioccarmi un bacio sulla guancia.
Non potei dire nulla di tale gesto, non ne ebbi il tempo e mentre realizzavo ciò che si era permesso di fare quel mascalzone, un sorriso da ebete aveva allargato le mie labbra. Sarebbe stato epico se qualcuno mi avesse fotografata in quell'istante, mentre ero da sola, al solito tavolo, con un idiota sorriso stampato sul viso.
Scossi immediatamente il capo, sbuffando e alzando gli occhi al cielo. Tornai alle mie faccende, senza però riuscire realmente a concentrarmi.

NOTE AUTRICE: È un po' più corto questo capitolo, mi scuso per questo, ma mi pareva giusto terminalo con la faccia da ebete della sfigata stagista 😂
Spero abbiate apprezzato! Se volete lasciatemi una stellina o un commento, i consigli sono sempre ben voluti!
Baci
A. (Ok così mi sento tanto quel pazzo psicopatico di A di Pretty Little Liars per chi seguisse la serie TV 😂. Non sono psicopatica, forse un po' fuori di testa e basta 🙈)

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